26. Uomini lupo

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Harry stava lentamente riprendendo conoscenza. Non sentiva il suo corpo, come se fosse un fantasma scivolato in un universo immateriale, ma ricordava chiaramente di avere avuto un fisico, un fisico ferito e segnato.

Una scintilla di realtà lo attraversò, donandogli di nuovo la consapevolezza della propria corporeità.

Dunque era vivo...

...Vivo, ma indolenzito, e con le membra attraversate come da una massa di formiche che di tanto in tanto lo mordevano.

Aprì gli occhi e vide travi di legno spesso dalla sfumatura calda, linee color miele di castagno che si delineavano confuse. Il giovane trovò qualche differenza nella percezione delle forme e dei colori, ma in qualche modo anche l'olfatto e l'udito sembravano acuiti, ma distorti.

Si chiese se il corpo in cui era fosse proprio il suo invece di quello di un alieno, visto che sin da piccolo aveva sempre immaginato che le capacità sensoriali di un'altra specie fossero sempre e comunque diverse da quelle umane, o almeno dalle sue.

Pensò che forse persino un'altra persona avrebbe avuto visioni e percezioni diverse dalle sue.

Si mise a sedere e si guardò le mani, le contrasse osservando il lavoro dei tendini e dei muscoli, la pelle che si distendeva sulle nocche quando stringeva le dita a pugno.

Sentì più forza, più tono nei suoi tessuti.

Passò i polpastrelli sui suoi addominali, trovandoli robusti e persino leggermente più definiti sotto la pelle chiara, esattamente come i pettorali e i bicipiti, le gambe erano più potenti, tese, indurite. Quel corpo era diverso da quello che aveva lasciato prima di svenire, o almeno così lui credeva.

Harry si passò una mano sulla spalla: una cicatrice in rilievo aveva presto il posto dello squarcio lasciato dalle zanne dell'uomo lupo. Anche il fianco era stato guarito, quasi nessun segno degli artigli violacei della bestia maledetta che erano entrati nella carne.

Eppure era sicuro, sicuro in modo totale, che non fosse stato tutto un sogno, perché se quello fosse stato finto... era evidente che lui sarebbe stato completamente pazzo.

Si alzò, le calze grigie contro il parquet, e guardò dappertutto per stabilire dove era finito, ma nessun elemento gli era anche solo minimamente familiare. Non aveva mai visto quel posto.

Avanzò lentamente, ascoltando lo sfregare ovattato del pavimento contro i suoi piedi calzati. Proseguì appoggiando la mano alla parete e seguendola, lievemente tremante e sconvolto per l'essersi risvegliato in un posto sconosciuto quando invece avrebbe dovuto cadere morto.

Era come se uno strano lamento si levasse dal suo petto, malinconico, lugubre, basso come la voce potente di un lupo. Un vuoto bramante come di fame, si, una fame terribile che gli contorceva le viscere e lo faceva vibrare, una disperazione radicata nell'anima con solide radici di ferro che si insinuavano profonde facendogli contorcere anche la mente, eppure non così forte da apparire in superficie, da modificare l'espressione del suo volto.

All'improvviso vide venire verso di lui un uomo enorme, capelli di un rosso cupo e gli occhi verdi appena visibili sotto quegli strani occhiali da sole chiari, di un grigio sfumato come la camicia che indossava.

Harry rimase immobile, il cuore che gli batteva forte, contro la gola, i muscoli del basso ventre contratti.

Il gigante era sempre più vicino e gli tese una mano.

Harry fece un salto indietro e ringhiò, poi si portò una mano di fronte alla bocca, incredulo.

Aveva emesso un suono inumano, feroce, che non si sarebbe mai aspettato da se stesso.

Scontramondi - 1. La pietra delle fontiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora