57-Ti odio-

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"Hey, hey insetto, svegliati" sento un roca e bassa voce, sicuramente causa del lieve sospiro caldo che si è appena schiantato contro la mia pelle, creandomi un leggero fastidio.

"Andiamo... ti devi svegliare" continua, e nella mia testa smetto di pestare quel dinosauro e sbuffo, girandomi e rigirandomi. "Dai Iri..".
"Che palle!" sbotto alzandomi di scatto, sbattendo il capo contro il tettuccio dell'auto.

"Ahia che male!" esclamo portandomi le mani sulla testa, massaggiandola piano piano. Una risata forte e incontrollabile si propaga verso le mie orecchie, causandomi oltre che al dolore, anche il fastidio.

Sbuffo violentemente e spingo Roman per uscire dall'auto, per poi dirigermi come una furia verso il mio attico. Entro e mi precipito nell'ascensore, cliccando più e più volte il nono piano fin che le ante non si chiudono.

Inizio a sbattere insistentemente i piedi contro il pavimento-moquette, mi volto e rivolto un sacco di volte evitando spontaneamente lo specchio, mi guardo le unghie, le converse, i bracciali, mi sistemo meglio il reggiseno e cerco di snodare i capelli ma cazzo, quest'attesa è snervante!

Non appena finalmente le ante si riaprono, per poco non mi prende un colpo. "Porca puttana!" grido spaventata andando all'indietro, ma qualcosa va come non doveva andare e inciampo contro il leggero rialzo dell'ascensore, per poi sbattere in entrambi i lati e infine cadere, come un deficiente sacco di patate.

Si può essere così sfigati?

"Ahia..." mi lamento, portandomi le mani sul culo, la zona più infortunata in questo momento.

Ed ecco che, la seconda risata si propaga nuovamente nell'aria, una risata ricchissima di divertimento e di derido, ed io, stanca dell'ennesimo sfotto e malocchio della giornata, sbatto la testa contro le mattonelle fredde che odorano di disinfettante, segno che l'indiana che di solito pulisce l'edificio è stata qui poco tempo fa.

"Andiamo, ti aiuto" cerca di parlare Einar tra le risate, avvicinandomisi per poi pormi la mano, che, se non fossi una signorina, avrei già sputato da molto tempo.

Rifiuto il suo aiuto e mi alzo da sola, mandandogli solo una misera occhiataccia velenosa per poi avvicinarmi alla mia porta ma ancora una volta, la sfiga mi bacia anzi, proprio mi scopa, visto che non trovo le chiavi.

Probabilmente sono nell'auto di Roman, cazzo.

Tiro un pugno verso la mia porta, ed ora che cazzo faccio?

Inizio a palparmi alla ricerca di qualcosa di utile, per utile intendo quella carta magnetizzata di solito piena di soldi ma, avendo con me solo il cellulare, mi dirigo verso l'abitazione dei mei 'vicini', sempre se l'attico al mio fianco è abitato, ed inizio a bussare incessantemente, come una dannata.

Ad aprirmi è una donna, col sorriso stampato sul quel suo viso curato, che guarda prima me, poi Einar alle mie spalle per poi ritornare su di me, spalancando gli occhi e portandosi le mani alla bocca. "Oh mio Dio! Roger! Vieni qua!" esclama la donna, e posso giurare di veder lacrime accumulatesi nei suoi occhi. "Che c'è cara... oh Dio!" eccosi aggiunto un altro, che come la moglie, credo, si porta le mani alla bocca, lasciandomi li, sulla loro soglia, confusa, ferita, stufa e spossata.

Non male come prima impressione.

"È stato lui... non è così?" chiede la donna indicando Einar quasi con ribrezzo, così mi volto guardandolo a mia volta, trovandolo in alto mare propio come me. "A fare cosa?" le chiedo, non capendo. "Questo!" esclama facendomi sobbalzare, per poi portare il suo polpastrello verso la mia fronte e appoggiarlo delicatamente in una determinata zona, provocandomi un leggero fastidio. Quando mi mostra il polpastrello è leggermente sporco di sangue, cosa che non mi meraviglia affatto, visto la caduta.

Soy el diablo, pero soy graciosa ( fase di revisione )Where stories live. Discover now