Epilogo ~ 7 years later

402 47 13
                                    

Fate partire la canzone solo quando ve lo dico io, mi raccomando ;))
Il capitolo ha quasi 2000 parole, spero di non aver esagerato, ma, in fondo... ci vuole un gran finale, no?
Godetevi la lettura.

«Leggi le lettere.»
«F G K O L M N P Q R»
«Bene, Reina.»
Armin premette un pulsante del telecomando e sul muro venne proiettata un'altra sequenza di lettere di dimensione più piccola alla precedente.
«L M O R... uhm... A? O F?»
«Mmh...» Armin inserì una lente nell'occhiale di plastica rotondo da prova, «Come va adesso?»
«Molto meglio. L M O R F D E S G, giusto?»
Il telefono di Armin squillò, facendolo sussultare.
«Scusami un attimo, è Eren...»
Il biondo prese il cellulare dalla scrivania e uscì dalla stanza, rispondendo alla chiamata del compagno.
«Eren, quante volte ti devo dire di non chiamarmi quando ho un paziente?»
«Scusami Ar, volevo solo dirti che sono agli allenamenti quindi probabilmente quando tornerai a casa non ci sarò.»
«Oh, tranquillo. Mangi fuori o ti preparo qualcosa?»
«Appena finisco ti porto fuori a cena.»
«Oh. Come mai? Occasione speciale?»
«Ti riservo la sorpresa a dopo. Ci vediamo stasera.»
Armin si passò una mano trai capelli ordinatamente pettinati e legati in un codino e rientrò nel suo studio.

«Non andremo anche oggi da Burger King, vero?»
Eren rise, «No no, tranquillo.»
Il viaggio in auto durò un quarto d'ora.
Il castano parcheggiò all'interno di un garage, accanto al quale vi erano numerosi ristornati e osterie.
«Devo ammettere che hai scelto un bel quartiere e sei anche vestito tanto elegante.»
«Non sono sempre rozzo come credono tutti.»
«Oh, lo so.»
Eren si fermò davanti a un locale molto raffinato e aprì la porta, facendo entrare prima il più basso.
Un cameriere in smoking, con un tovagliolo color panna appoggiato al braccio, si avvicinò alla coppia.
«Abbiamo prenotato un tavolo per due a nome Jaeger.»
Il cameriere chinò il capo e li condusse silenziosamente al tavolo numero 15.
I due si sedettero dopo aver appoggiato le giacche sugli schienali delle rispettive sedie.
«Eren?» chiese Armin, «Sei proprio sicuro? Questo posto costerà un occhio della testa.»
«Tranquillo.» rispose il castano, «Il proprietario è un caro amico di famiglia. Sentiti libero di scegliere quello che vuoi.»
Una decina di minuti dopo, i due avevano ordinato le portate e passarono il tempo d'attesa conversando e ascoltando la musica suonata dal vivo al piano su un palco poco distante.
«Allora...» cominciò Armin, «perché dovrebbe essere un'occasione speciale?»
Eren sorrise.
«Sono nella squadra di atletica delle prossime paraolimpiadi.»
Le labbra di Armin si schiusero: era piacevolmente sorpreso.
«Da quanto lo sai?»
«Da un paio di settimane, in realtà.»
Il biondo aggrottò le sopracciglia, contrariato.
«E perché non me l'hai detto prima?»
«Aspettiamo il dolce.»
Armin era sempre stato un ragazzo paziente, era uno dei suoi tanti pregi. Inoltre, la cosa che odiava di più era proprio contraddire il suo ragazzo, decise, quindi, di assecondarlo.
Arrivarono gli antipasti, poi il primo e poi il secondo, e Armin non sfiorò più quell'argomento. Fu proprio Eren a chiedergli del suo lavoro, del quale il più basso era entusiasta di parlare.
Amava da pazzi il suo mestiere; poteva contribuire al miglioramento della vista di gente che non era cieca, e che quindi non aveva mai sperimentato una situazione così estrema, ma che soffriva comunque di qualche anomalia agli occhi.
Armin sapeva bene che una miopia oltre i nove gradi poteva portare alla cecità e non avrebbe mai permesso che ciò accadesse a uno dei suoi pazienti, magari per un suo errore di valutazione.
Quando finalmente arrivò il momento di ordinare il dolce, Armin scelse un tortino al cioccolato bianco, mentre Eren ordinò una torta Sacher.
«Ma è pesantissima!» commentò Armin.
Il castano sorrise.
«Ti pare che mi sia mai importato delle calorie?»
Il biondo scosse la testa, ridacchiando.
«Poi non ti lamentare dei due chili in più sulla bilancia. E di dover quindi raddoppiare gli allenamenti.»
«Piuttosto... devo fare una cosa.»
L'espressione sul volto di Eren era completamente mutata.
Il sorriso era diventato una linea retta e sottile, la mascella era serrata così tanto da far male e probabilmente perfino i denti erano stretti tra loro.
Il castano si alzò e si avvicinò al pianista, di cui Armin non riusciva a vedere il viso, dato che gli rivolgeva le spalle e indossava un cappello di veltro nero.
Eren sussurrò qualcosa all'uomo, che gli rispose con un cenno del capo, per poi mettersi in piedi e prendere una custodia nera appoggiata alla parete.
Quella custodia, chiunque l'avrebbe capito, aveva la forma di una chitarra.
Intanto arrivarono i dolci e Armin si sentiva un maleducato nel chiamare ad alta voce il compagno. Non ce ne fu bisogno, infatti Eren tornò dopo pochi istanti, sempre con la stessa espressione nervosa e un tantino corrucciata, che fece preoccupare non poco Armin.
«C'è qualcosa che non va?» gli chiese.
Eren scosse la testa e gli rivolse un sorriso rassicurante, cominciando a mangiare il suo enorme pezzo di torta al cioccolato, mentre Armin gustava il suo soufflé.
«Perché sei andato da quel tipo? Lo conosci?»
Eren alzò le spalle.
«Volevo solo fare una richiesta. Per una canzone, intendo.» 
«Oh. E quale hai chiesto?»
Il lieve sorriso del castano si fece enigmatico.
«Lo scoprirai.»
Appena Eren ebbe finito il suo dessert, non chiese il conto, ma sfiorò la mano di Armin con la sua e gli chiese di chiudere gli occhi.
Il più piccolo esitò un po', indeciso, ma alla fine si convinse, combattendo contro la tentazione di alzare le palpebre. Eren, però, fu previdente e decise di bendarlo, per poi guidarlo lui stesso mano nella mano.
«Ti dirò io quando aprire gli occhi, okay?» gli sussurrò.
Armin si limitò ad annuire.
«Siediti, c'è una sedia dietro di te.»
Armin ubbidì e quasi ci rimase male quando il contatto delle loro mani si interruppe.
Nel periodo in cui era stato senza vista aveva affinato, come sappiamo, gli altri sensi, come il tatto, l'olfatto e l'udito.
Davanti a lui c'era un casino bestiale. Nonostante stessero evidentemente cercando di fare meno rumore possibile, quelle persone non se la stavano cavando fin troppo bene.
Armin si ritrovò ancora più incuriosito quando sentì passargli accanto qualcuno accompagnato da una scia di aria profumata, un profumo che lui aveva già sentito, anche se non ricordava né a chi appartenesse, né dove l'avesse fiutato la prima volta.
Passarono più o meno cinque minuti prima che Eren si avvicinasse nuovamente ad Armin e gli togliesse la benda.
Quando il biondo aprì gli occhi, si rese conto che non era stato il suo ragazzo a sciogliere il nodo. Non avrebbe potuto.
Armin era seduto di fronte al palco e proprio lì, in piedi, bello come il sole, splendeva il suo Eren, con chitarra alla mano e il sudore che gli imperlava la forte.

I'll show you the world [EreMin] IN REVISIONEWhere stories live. Discover now