26 ~ Justice done

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Armin dormì a casa di Eren quella sera.

Grisha tornò a tarda notte dalla clinica dove lavorava: si era tenuta un'operazione complessa, un intervento che avrebbe lasciato vivere o morire una persona.

Entrato nella camera del figlio per il bacio sulla fronte che era solito dargli per augurargli la buonanotte, trovò i due ragazzi abbracciati sotto le coperte, la testa del castano poggiata sul petto del biondo, che lo stringeva affettuosamente a sé.

Grisha sorrise e chiuse la porta. Da genitore avrebbe dovuto sentirsi in soggezione nel vedere Eren tra le braccia di una persona, un altro ragazzo, col quale aveva per giunta sicuramente appena fatto l'amore.

Ma al momento non gli importava di questo, non gli importava nemmeno delle coperte sporche che avrebbe dovuto lavare. Gli importava solo del sorriso che vedeva dipinto sulle labbra del figlio, un sorriso che non vedeva da tanto, troppo tempo.

La mattina seguente Armin si svegliò verso le sei e rifletté sul da farsi. Era palese che Zeke aveva compiuto un'azione terribile e doveva essere punito.

Svegliò Eren dopo un'oretta e per un po' ragionarono insieme, giungendo infine alla conclusione che la soluzione giusta era quella di denunciare Zeke e ottenere minimo un'ordinanza restrittiva.

«Ne parliamo con tuo padre a colazione, ok?»

Armin accarezzò la guancia destra del castano steso accanto a lui e chiuse nuovamente gli occhi, per dormire un altro po' prima di intraprendere quella importante conversazione: meglio essere riposati!

Per lo stesso motivo Eren invece non riuscì più a chiudere occhio. Grisha avrebbe davvero avviato un processo contro il suo stesso figlio?

La risposta la ebbero dopo qualche ora.

Gli occhi smeraldo di Eren erano fissi in quelli cervoni del padre, la sua mascella era serrata e la sua mano destra era stretta in quella di Armin.

«Zeke mi ha stuprato.»

Grisha parve imperturbabile, ma Eren si accorse che nei suoi occhi era comparsa una scintilla e, per un brevissimo istante, la sua fronte ebbe un tremore e si corrugò.

Rimasero in silenzio per cinque minuti interi, che ad Armin parvero un'eternità. Cosa significava quel silenzio?

Tutto a un tratto Grisha si alzò, strisciando rumorosamente la sedia sul parquet, e si avvicinò a passi rapidi alla porta. Indossò la giacca appesa e il capello in feltro, passandosi una mano trai lunghi capelli castani che non si era legato.

«P-Papà...?»

Eren non capiva. Gli aveva creduto? E cosa significava quella scintilla che aveva intravisto nelle sue iridi? E quel tremore?

«Vado dal mio avvocato, ragazzo.»

Detto ciò, aprì la porta e attraversò l'uscio.

«Tuo fratello la pagherà per quello che ha fatto.»

Dopodiché si chiuse la porta alle spalle, lasciando i due ragazzi soli e a bocca aperta.

Armin saltò in piedi, dopo aver passato un paio di minuti a rimuginare, e si diresse verso le scale, che l'avrebbero condotto al piano di sopra.

Eren alzò un sopracciglio, perplesso, e distorse la schiena per seguire con lo sguardo il biondo.

«Dove stai andando?»

Armin continuò a camminare e cominciò a salire i gradini.

«Mi sembra di aver visto un portatile sulla scrivania vicino alla finestra in camera tua.»

I'll show you the world [EreMin] IN REVISIONEOù les histoires vivent. Découvrez maintenant