Capitolo 16: rivali.

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Quel giorno ci sarebbe stata la partita della Raimon contro l'Alpine Jr. High, una delle squadre di punta del Quinto Settore.
Arrivammo allo stadio già colmo di tifosi, notando che mio padre fosse più preoccupato del solito. Oltre che tenermi costantemente un braccio attorno alle spalle, parlottava con Austin e anche quest'ultimo sembrava abbastanza teso.
Quando stavamo per entrare nelle tribune dove avremmo visto la partita, mio padre si avvicinó al mio orecchio:

-Vai a controllare gli spogliatoi.-lo guardai stranita.

-Come?-

-Ho paura che Zoolan abbia messo qualche trappola negli spogliatoi della Raimon, fai finta di niente e vai, corri!- mi staccai subito da lui e lentamente mi avviai verso uno dei tanti corridoi di quel freddo stadio.
Arrivai dopo infinite scale negli spogliatoi della squadra ospite e mi guardai intorno, non c'era nessuno. Vi entrai e controllai ogni cosa, sotto le panchine, dentro le doccie e persino sopra gli armadietti.
Quando setacciai quel posto ovunque, arrivai alla conclusione che Zoolan non ci avesse messo piede.
Uscii e subito sentii rumori di passi e di voci, così corsi velocemente via da quella stanza, nascondendomi dietro la parete ma continuando a spiare.
La Raimon entró negli spogliatoi ed io ero tranquilla che non vi fosse alcuna trappola, così inforcai le scale per tornare da mio padre.

-Principessina...-
Questa voce...no, lui no.
Non feci tempo a girarmi che Quentin mi fu subito addosso, stringendomi fra se e il muro. Mise una mano attorno al mio collo, ma non strinse.

-Che ci facevi in giro?- aveva quel sorriso malizioso che avrei volentieri spaccato, ma la cosa che mi preoccupava di più era l'altra mano, che era posizionata sul mio fianco.

-Adesso non posso più andare in bagno, Quentin?-

-Non dovresti andare in giro da sola.- si avvicinó per baciarmi. Non sapevo cosa fare, le mani erano strette sul suo braccio. La prima cosa che mi venne in mente fu di sputargli sulla maglietta, ma mi pentii subito.

-Devo insegnarvi le buone maniere piccolina...- negli occhi aveva un'espressione che ti metteva inquietudine. -Lascia che ti insegni qualcosa.-
La mano sul fianco passó sotto la camicia, mentre posizionava una gamba in mezzo alle mie e la sua bocca attaccó avidamente il mio collo.
Mi faceva ribrezzo, lo allontanai ma non riuscii a staccarmelo da dosso, cominciai a tremare.

-Quentin.- gli diedi uno spintone, ma la sua bocca continuava a muoversi su di me e la sua mano si faceva largo sotto la mia maglietta. -Quentin, staccati! Fermo!- ormai avevo quasi le lacrime agli occhi.

-Ha detto di staccarti, idiota.- quando Quentin si voltó, riuscii a vedere la persona che stava parlando.

-Victor...- sorrisi sollevata, ma le mani di Quentin erano ancora su di me.

-Senti traditore, vai a farti gli affari tuoi.- a quel punto Victor si avvicinó con gli occhi di una tigre e sganció un destro al rosa, che si spostó di lato tenendosi la mano sullo zigomo.

-Lei è affare mio, stronzo.- gli prese il colletto della camicia e quasi lo alzó di peso, mentre Quentin si dimenava dalla presa invano. -Tocca ancora con quelle sudicie mani la mia ragazza e giuro che la prossima volta finisci in ospedale.- lo spinse via.

-Non ve la caverete così.- mi puntó un dito contro -Principessina...finirai nei guai...- e con un sorriso maniacale scappó via.
Richiusi le mani sul mio petto e mi accovacciai a terra, con la schiena contro il muro.

-Piccola...- Victor mi mise le mani sulle spalla, sussultando a quel gesto. Mi alzai in piedi e appoggiai la testa sulla sua spalla, mentre lui mi accarezzava la testa con una mano.
Sentimmo dei passi, ma non alzai la testa dal suo corpo; sarei rimasta così per sempre.

-Ashley!- era mio padre, che seguito da Austin doveva aver sentito il fracasso.
Appena Victor lo vide sgranó gli occhi e si allontanó da me. -Che è successo?-
Non parlai, non risposi a mio padre e mi vergognavo di non essere riuscita a respingere quel ragazzo.
Austin su avvicinó e mettendomi due dita sotto al mento mi fece alzare gli occhi, che ritrovarono subito i suoi contratti in una espressione che mi tranquillizzava.

-Quentin...n-non so cosa volesse ma ha...- deglutii e mi vennero le lacrime agli occhi dallo stress. -Victor lo ha cacciato via.- quando mio padre spostó gli occhi su Victor, vidi il blu irrigidirsi impercettibilmente, ma rimase composto e con la sua classica espressione sicura.

-Grazie.- disse mio padre, non accennando ad un minimo sorriso, poi si focalizzó su di me.
Victor piano piano si allontanó, forse perchè si sentiva di troppo tra me, mio padre e Austin, ma avrei voluto che rimanesse. Avrei voluto rimanesse per sempre.

Al ritorno dalla partita, io e mio padre ci ritrovavamo nella Sala Grande come al solito seduti uno di fianco all'altro.
Ero sovrappensiero su quanto fosse accaduto poco prima, ma ritornai alla realtà quando sentii la sua mano sulla mia.

-Non permetteró che riaccada.- lo guardai, ma lui teneva lo sguardo fisso davanti a se, con un'espressione che avrebbe fatto paura al più spietato degli assassini.

-Papà...-

-No.- si voltó. -Non permetteró che ti tocchino più e ringrazia che sia arrivato Victor, altrimenti quel ragazzo sarebbe finito direttamente all'obitorio.-
Ok, papà mi fai paura.
Stavo per ribattere ma un servitore si avvicinó e sussurró qualcosa a mio padre, che rimase impassibile.
Acconsentii ad una visita imprevista e quando i due entrarono, sussultai alla loro vista.
Melanie e Mark si posizionarono davanti a noi, mentre io cercai in tutti i modi di nonincrociare gli occhi con quelli di lei.

-Mark Evans, immaginavo saresti venuto.- guardai mio padre, che nel frattempo si ricompose lasciando la mia mano.

-Allora è vero! Sei tu il Grande Imperatore! Come hai potuto farlo, Axel!-
Subito non rispose alle accuse di Mark. Vidi Melanie girarsi e strattonare la maglietta del padre, cosicchè si calmasse.

-Chiamami Alex Zabel.- in entrambi gli occhi degli ex compagni di squadra comparve un luccichio di rivalità e di odio reciproco. Sapevo che peró, mio papà non sarebbe mai riuscito a odiare una persona come Mark, che pensavo che in fondo gli mancasse giocare con lui.

-Ashley, come puoi permettere una cosa del genere?!- era stata Melanie a parlare, ma non mi colse impreparata.

-Ció che decide mio padre non sono affari vostri e perció credo che questa vostra visita sia piuttosto noiosa.- mio padre inarcó un sopracciglio, segno che avesse apprezzato le mie parole.

-E a cosa penserebbe tua madre non pensi?-

-Mia madre è morta, Melanie.- a questo punto mio padre si voltó, ma sempre rimanendo composto e senza far trapelare alcuna emozione. -Non penso che la sua opinione possa venire espressa, soprattutto da una persona come te che neanche la conosceva.-

-Qualcuno li scorti fuori.- mio padre si alzó e io lo seguii, entrando nei corridoi che portavano agli alloggi.
Non appena la porta si chiuse, cominciai a piangere.

Sii Forte. ~Inazuma Eleven Go~Where stories live. Discover now