Capitolo 13: padre e figlia.

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Mio padre mi medicó le ferite sulla tempia e sul ginocchio imbevendo un cotone di disinfettante, io stavo seduta sulla scrivania del suo ufficio mentre lui era seduto della sedia per medicarmi. Non dissi una parola e durante tutto il tempo tenni lo sguardo basso.

-Credo sarebbe meglio chiamare il nonno, hai una brutta ferita.- guardó ancora il taglio sulla tempia e ripassó il cotone per una seconda volta.
Come suo padre, aveva sempre avuto i modi di fare di un medico e se la sua carriera da giocatore non fosse continuata, sono sicura che avrebbe preso quella strada. Aveva studiato qualcosa obbligato da mio nonno, ma non si era mai specializzato e quando gli chiedevo di questo argomento declinava sempre il discorso.
Sentii una mano accarezzarmi il viso e alzai gli occhi verso mio padre.

-Stai meglio?- annuii con un lieve cenno di capo e gli sorrisi, vedendo nei suoi occhi una lieve tristezza. -Sei identica a tua madre.- quelle parole mi colpirono nel profondo e sorrisi ancora di più.

-Non avevamo più parlato di lei...- a quel punto mio padre si alzó e si avvicinó ad una cassettiera del suo ufficio. Dentro ad un cassetto vi era una chiave, dove aprii un altro cassetto seppur più piccolo e stretto. Dentro vi era una foto di mia madre, ma non da adulta, bensì da adolescente quando aveva più o meno la mia età, vicino a Nelly e le altre menager della squadra strette nella divisa della Raimon. Me la porse.

-Si vantava sempre di te e di quanto le assomigliassi.- si appoggió con le braccia conserte al mobile. -Ed è vero. Stessi capelli, stessi occhi...stesso carattere testardo.- marcó bene le ultime parole e sorrisi. Le parole di mio padre erano veritiere, in quella foto mia madre mi assomigliava tantissimo: i capelli erano lievemente mossi e biondi, gli occhi erano castani e tendenti al verde, proprio come me. Eppure, io avevo preso qualcosa anche da mio padre e mi rendeva orgogliosa essere figlia di due genitori come loro e somigliarci.

-Come mai non me l'hai mai fatta vedere?- chiesi con un tono confuso.
Mio padre deglutii, ma non distolse il suo sguardo dal mio. -Me la diede lei. Quella sera, in ospedale.-

~Flashback, (Narrato)

Axel corse per gli scalini dell'ospedale, che quella sera sembravano troppo lunghi e stranamente più scivolosi del solito.
Non appena arrivó in uno dei reparti più terribili della struttura, quella di Rianimazione, il Dott. Blaze gli si paró davanti mettendo le mani sulle spalle del figlio.
Lui cercó di dimenarsi ma l'altro lo teneva stretto, fino a quando Axel non si appoggió sulla spalla del padre con il viso e per la prima volta nella sua vita, pianse. Erano soltanto qualche lacrime silenziose, ma si abbandonó alla debolezza. Blaze fu subito riluttante ad abbracciarlo, ma poi cinse un suo braccio sulla schiena.

-Non supererà la notte.- quelle parole colpirono Axel nel petto come tanti piccoli coltelli. -Ti consiglio di andare da lei, il prima possibile.- si staccó dall'abbraccio e sempre mantenendo uno sguardo serio e severo, congedó il figlio con una pacca sulla spalla.
Quest'ultimo si diresse verso una stanza, dove una donna dai lunghissimi capelli biondi giaceva su un letto, mentre una mascherina per l'ossigeno era piazzata sul suo viso candido.
Axel si sedette di fianco alla moglie e le prese una mano, serrando la mascella per non rimettersi a lacrimare in sua presenza, quella che ormai se ne stava andando.
Sullo splendido viso di Jocelyn, vi erano molti tagli medicati, bende le copriva il naso e la testa, ma agli occhi di lui era sempre bellissima.
Lei si voltó a guardarlo, tentó di sorridere ma gli uscii una smorfia mista fra dolore e sollievo allo stesso tempo. Aprii una mano e si porse verso il marito, che si chinó a prendere ció che la moglie aveva tenuto stretto per tutto quel tempo.
Axel prese quel che somigliava ad un pezzo di carta rovinato e accartocciato, per poi notare fosse la foto di alcuni anni prima di lei e le menager della Raimon.
Non capii subito e si voltó a guardarla confuso.

-Dalla ad Ashley...- posó una mano su quella di lui che stringeva la foto, parlando con voce rauca e quasi in un sussurro. Lui continuava a non capire, si limitava a guardare senza rispondergli e forse stava soltanto mentendo a se stesso il fatto che, sua moglie, stesse dando quella foto alla figlia cosicchè avesse un ricordo: sapeva di non potercela fare a salutare sua figlia per l'ultima volta.
Quando Axel comprese la situazione accarezzó il viso della moglie e si avvicinó a lei.

-Ashley avrà questa foto, ma sarai tu a dargliela.- gliela rimise delicatamente nella mano -Tu non ci lascerà così, abbiamo bisogno di te.- posó la fronte su quella della moglie mentre le accarezzava la nuca -Io ho bisogno di te.-
Lei gli sorrise e lui la guardó con gli stessi occhi con cui la guardava quando si conobbero. Ma forse, Axel ignoró che quello sarebbe stato l'ultimo discorso con Jocelyn e che di lei sarebbero rimaste soltanto le foto e il bracciale che oggi porta al polso Ashley.

~Fine Flashback

Quando mio padre mi raccontó quella storia, sentii alcune lacrime rigarmi il viso, torturandomi il ciondolo ancora candido come la neve del braccialetto, mentre lui rimase impassibile.

-Perchè non mi hai mai dato questa foto?-

-Non ti reputavo ancora pronta per sapere quali sono state le ultime volontà di tua madre.-

-Ora lo sono?-

-No.- rimasi stupita a quella sua negazione e lo guardai con confusione e quasi arrabbiata, ma continuó il discorso. -Ma non lo saresti mai stata. Nessuno lo sarebbe stato, neppure io.- serró la mascella e capii che cosa significasse: stava trattenendo le lacrime.
Volevo dirgli qualcosa, ma qualcuno bussó alla porta e quando si aprii un servitore del Quinto Settore entró nella stanza, inchinandosi.

-Signore, Gyan Cinquedea la aspetta nel suo ufficio, dice che è molto importante.- volsi lo sguardo da lui a papà e rimasi sbigottita nel vederlo tranquillo.

-Va bene.-

Il servitore uscii accompagnato da mio padre, che quando arrivó sulla porta mi fece l'occhiolino, per poi uscire dall'ufficio.

Sii Forte. ~Inazuma Eleven Go~Where stories live. Discover now