Capitolo 39

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Mi aveva seguita dappertutto.
Mi aveva ascoltata e si era lasciato montare da me.
Perché era successo tutto questo?
Bé, me lo chiedevo anche io.
Ero ancora ferma nella radura e stavo ripensando a ciò che era successo lì.
Da quando mi ero seduta aspettando che venisse lui da me a quando eravamo sulla spiaggia ed ero riuscita ad accarezzarlo.
Ma ben presto mi mossi da lì e me ne andai verso la spiaggia.
Stavano iniziando a trasmettermi angoscia i ricordi.

Non mi fermai più durante il tragitto e riuscii ad attivare al maneggio di Victoria prima dell'alba.
Appena arrivata mi ritrovai il solito cancello imponente davanti.
《E ora?》, chiesi ad alta voce.
Mi avvicinai ancora e cercai di guardare all'interno, anche se non si vedeva molto bene.
Sembrava non esserci nessuno, cosa normale visto che era ancora presto.
Appoggiai le mani sulle sbarre di ferro.
Tirai un enorme respiro e riempii i miei polmoni d'aria.
L'avrei scalato, era la mia unica opportunità e non l'avrei mai sprecata per uno stupido cancello.
Misi il primo piede nel primo ferro e poi mi arrampicai con l'altro.
Proseguii così fino in cima, guardando anche in basso.
Non avevo paura del vuoto.
Quando fui in cima, guardai bene la visuale del maneggio.
Riuscivo a vedere i vari campi d'addestramento e in quello che sembrava un paddock, circondato dalla staccionata, vidi una figura nera.
Molto probabilmente era lui e stava impalato sotto ad un albero.
Mi rallegrai alla sua vista.
Ora il mio cuore stava cominciando a battere di nuovo.
Scesi pian piano dal cancello facendo lo stesso percorso a ritroso.
Corsi il più velocemente possibile verso il paddock che avevo visto superando l'enorme piazzale.
Non prestai molta attenzione a ciò che c'era intorno.
Mi lanciai tra gli enormi campi che sembravano molto più piccoli.
Feci un'enorme fatica solo ad attraversarli.
Mentre correvo intravidi la figura nera che sembrava non essersi spostata nemmeno di un millimetro.
Questo era strano, perché conoscendolo lui non avrebbe dovuto fare così.
Ma poco importava, ora non c'era tempo per riflettere.
Scavalcai la staccionata al volo e finalmente arrivai dal morello.
Appena gli fui vicina capii il perché della sua immobilità.
Era legato da una massiccia corda bianca ad un albero.
《Povero》, sussurrai.
Lo accarezzai e lui tese il muso verso di me.
《Se vuoi, puoi. Avanti Power, dai, tira!》, urlai tirando la corda.
Ma il cavallo sembrava non volersi muovere.
Allora mi venne un'idea.
Comincia a correre intorno all'albero e anche lontana da lui.
Power s'immpennò e cominciò ad agitarsi.
A sua volta cominciò a tirare e a dare di matto finché la corda non si spezzò.
Allora prese a correre verso di me, che ero distante da lui.
Anche io mi diedi alla corsa.
《Bravo, bello! Sii libero!》, urlai.
Quando ci raggiungemmo lo abbracciai forte.
Quanto mi era mancato quel pelo nero ed ispido.
Riuscivo a sentire il battito del suo cuore e i suoi respiri affannosi per la corsa.
《Ora noi due andiamo via, eh?》
Sollevai la testa per guardare i suoi occhi color smeraldo.
Poi mi allontanai un secondo per guardarlo meglio.
Non sarei potuta fuggire a pelo.
Lo portai indietro alle stalle velocemente.
Lo sellai ricordandomi tutti i consigli di Elena di quel pomeriggio.
La ringraziai mentalmente.
Lanciai un rapido sguardo al cielo.
Ora oltre alle striature rosa c'era anche una strana luce gialla: i raggi del sole.
《Ora dobbiamo proprio andare via》, dissi al morello.
Lo condussi verso un muretto e montai su.
Com'era strano con la sella, preferivo di più andare a pelo, ma per una questione di comodità era meglio.
Sfiorai il costato del cavallo con i piedi e ci incamminammo verso il paddock al passo.
Una volta arrivati, vidi il secondo ostacolo: la staccionata.
Io non sapevo saltare, né galoppare.
Ma, forse, non avrei dovuto preoccuparmi troppo se c'era Power.
Elena mi aveva detto che al galoppo bisogna restare morbidi nelle staffe e centrare bene il peso.
Accorciai le redini e posizionai il cavallo lontano dalla staccionata.
Chiusi gli occhi per un istante e poi li riaprii guardando oltre la staccionata tra le orecchie di Power, che erano dritte.
《Bene, portaci via da qui》, lo incitai.
Premetti le gambe e cercai di stare calma per prepararmi all'impatto con la velocità.
Power non ebbe bisogno nemmeno di quella stretta di gambe per capire di dover partire al galoppo.
Era come se mi avesse letto nella mente.
Io iniziai a rimbalzare su e giù sulla sella ma non caddi.
Il peso dei miei piedi era sulle staffe e cercavo di stare il più morbida possibile.
Quel movimento, quella velocità, il vento che mi faceva svolazzare i capelli erano la cosa più bella che potesse esistere.
Tenevo le mani basse e seguivo il movimento del collo del morello.
Sembrava davvero un sogno.
Sulle mie labbra si dipinse un sorriso.
Poi, però, mi ricordai dell'ostacolo e mi concentrai.
Cercai di ricordare tutte le volte in cui Elena aveva saltato nelle lezioni: piegava il busto e si alzava sulla sella, come avesse voluto unirsi con tutto il corpo al cavallo.
Speravo solo che Power non scartasse.
Ed ecco che arrivammo davanti alla staccionata.
Strinsi le redini e presi un ciuffetto di criniera del cavallo.
Premetti nelle staffe e sentii il cavallo staccare come avesse voluto decollare.
Io mi alzai con lui, anche se mi risultò difficile visto che accadde tutto in una frazione di secondo.
In quel secondo, però, provai la sensazione più bella del mondo.
Il tempo sembrava essersi fermato.
E io e Power con lui.
Quando Power appoggiò gli anteriori a terra io rimbalzai su di lui ma riuscii a tenermi.
Ero ancora tutta intera fortunatamente.
《Vai!》, urlai.
Ci diriggemmo sulla spiaggia dove tirai le redini per farlo passeggiare.
Subito gli gettai le braccia al collo felicissima.
Ascoltavo i suoi respiri affannosi e disegnavo dei cerchi immaginari sul suo collo.
《Grazie, amore mio》, gli dissi dolcemente.

PowerWhere stories live. Discover now