Capitolo 25

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La strada verso casa sembrava lontana centinaia di chilometri ormai.
Percorrevo ancora la stradina sabbiosa a passi corti quando mi accorsi che la vista si stava offuscando a causa di lacrime grandi e calde.
Il nodo alla gola stava diventando sempre più grande e pungeva come se fosse stato un porcospino dai grossi aculei.
Quando mi resi conto che quel dolore, quel trattenere, era diventato impossibile feci cadere le lacrime lungo le mie guancia.
Tiravo su col naso e cercavo di trattenere i singhiozzi a stento.
Poi la rabbia ebbe il sopravvento.
《Ma cosa ho fatto per meritarmi tutto questo?!》, esplosi.
A chi mi stavo rivolgendo?
Al mare, che stava lì, quasi piatto, dalle sue sfumature blu?
Al bosco, che stava lì ad ascoltare colmo del suono degli uccelli e delle cicale?
Al sole, che stava lì a tagliare il celo esattamente in due parti?
No, non era a loro che era indirizzata quella domanda.
La domanda aveva come destinatario il mio destino.
Perché doveva essere così?
Perché una ragazza come me non poteva vivere felice con il suo amico e basta?
Invasa da un caldo incredibile e dal battere del mio cuore a ritmo dello scivolare delle mie lacrime sul viso, le mie gambe smisero di compiere il loro dovere e caddi a terra.
Forse era stato un capogiro, forse era causa del sole che non la smetteva di emanare caldo soffocante.
Rimasi lì distesa, ad ascoltare il suono basso delle onde del mare poco lontano da me.
Ma iniziava a sembrarmi tutto così lontano, tutto così strano, senza un senso.
Non riuscivo a ritrovare la forza di rialzarmi e andare via da quel posto che mi causava solo fitte allo stomaco e tachicardia.
Ora sentivo il forte bisogno di qualcuno che mi desse la carica giusta, la forza di ripartire e di non stancarmi di lottare.
Avevo bisogno di qualcuno come Elena o Miranda, forse anche Nathan... Power...
Escapee... Power... Escapee... Power...
Quei nomi stavano diventando la cosa più chiassosa nel mio cervello, l'unica cosa nel mio cervello che continuava a ossessionarmi.
Ma stavo continuando a preoccuparmi per una cosa, un animale, non mio.
Era solo colpa mia se stavo così male.
Non avrei dovuto farmi stupide illusioni, sperando di poter avere quel potente cavallo morello.
Forse non avrei mai più dovuto vederlo o pensarlo.
Ma le sensazioni che mi aveva fatto provare Power erano così forti.
Felicità, stupore, emozione, carica di forza e anche paura.
Ma forse tutto ciò che mi stava capitando non era vero, forse era stato solo un sogno.
Qualcosa di bagnato mi toccò.
Provai con tutta lo forza che avevo di alzarmi e vedere cos'era stato, ma ogni tentativo era invano.
La cosa bagnata continuava a toccarmi con un ritmo molto familiare.
Mi dava particolarmente fastidio come i vestiti che ormai erano diventati fradici da un lato.
Non sapevo cosa aspettarmi ma non provavo emozioni, non pensavo.
Avevo troppa paura di pensare cose sbagliate in grado di causarmi dolore.
L'acqua stava aumentando e d'un tratto capii che non era una "cosa" a bagnarmi ma era il mare.
Forse voleva semplicemente rosicchiarmi e salvarmi dal mondo.
Forse voleva evitare che io soffrissi.
Quindi non mi mossi anche se l'acqua stava per arrivare al naso.
Ebbi un fremito, un brivido, era forse paura?
Poi le mie orecchie catturarono un rumore, qualcosa che si muoveva nell'acqua.
Migliaia di goccioline d'acqua mi saltarono in faccia.
Poi un altro rumore, forte, familiare.
Era un verso: un nitrito.
Senza pensarci due volte aprii gli occhi.
Eccolo lì: il muso nero a trenta centimetri da me, il suo respiro che mi dava la vita, i suoi occhi verdi che mi squadravano...
Era lui... la bellezza in persona.
Il cavallo morello più bello di tutti stava aspettando che mi rialzassi.
Feci abituare i miei occhi alla luce fioca che proveniva da quel sole che non era più lucente come poco prima.
Poco prima? Quanto tempo era passato?
Minuti, credevo.
Mi passai le mani sul viso, la mano destra bagnata come tutto il lato destro del mio corpo.
I capelli non erano da meno.
Buttai un rapido sguardo al cielo.
Le poche nuvole bianche che c'erano a mezzo giorno si stavano tramutando in nuvole rosa, rosse e arancioni, soffici come zucchero filato.
Il sole si nascondeva dietro una di loro.
Sbuffai e mi appoggiai sui gomiti, sempre distesa.
Guardai I miei vestiti zuppi.
《Sono tutta zuppa... ed è tardi, ma devo asciugarmi altrimenti chi la sente mamma...》, mi lamentai.
Alzai lo sguardo e guardai il cavallo senza dargli molta importanza.
Era un sogno, lo sapevo.
Molto probabilmente stavo solo dormendo ancora distesa con l'acqua che mi stava sommergendo pian piano.
Da una parte mi augurai che fosse così, ne avevo abbastanza della vita.
Power si avvicinò, chino su di me, per annusarmi.
Il suo muso accarezzò dolcemente i miei capelli e starnutì.
Mi fece ridere; cosa strana, perché nei sogni non facevo quasi mai quello che volevo.
Provai ad accarezzarlo sul muso, sentendo quel pelo ispido e lucente.
Era impossibile, sembrava vero.
Lentamente mi alzai e mi posizionai dinanzi a lui.
Sentii l'acqua nelle scarpe e i vestiti erano ormai zuppi.
Brutta sensazione, pensai.
L'acqua mi arrivava alle caviglie e gli zoccoli di Power erano sommersi.
Mi fermai a guardare il suo mantello.
Era così nero, così lucido e su di esso c'erano tante goccioline d'acqua che sembravano diamanti che irradiavano luce dappertutto.
Mi spostai per accarezzargli la schiena.
Mi mossi nell'acqua con un pò di difficoltà (altro segno che forse non era un sogno) e poggiai la mano sul manto.
Le goccioline fresche scivolavano via dal manto a causa del passaggio della mia mano.
Power girò la testa per guardarmi e teneva le orecchie dritte.
Era tutto troppo scorrevole, troppo nitido per essere un sogno.
A quel punto non riuscii a resistere e saltai al collo del cavallo che fece un piccolo passo indietro.
《Allora è tutto vero》.
Tenevo la testa poggiata sul suo collo forte e non avevo alcuna intenzione di allontanarmi.
Poi il cavallo nitrì.
Mi voltai per ammirarlo.
《Sei scappato?》, gli chiesi senza ricevere nessuna risposta, ovviamente.
《Credo di sì... andiamo?》
Uscimmo dall'acqua e camminammo sulla spiaggia.
Gli tenni una mano sulla spalla per tutto il tempo.
Però, il fastidio degli abiti bagnati mi fece ricordare di dover tornare a casa.
《Io ho ancora i vestiti bagnati... non posso tornare a casa così》, lo informai.
Lui guardava verso il mare come se non se avesse sentito la mia affermazione.
Ma certo, era un cavallo!
Poi appoggiò il muso sulla mia schiena come per annusarmi.
Ma, invece, fece una pressione e mi buttò in avanti.
Mi voltai e vidi quel muso irresistibile puntare verso di me.
《Piccolino... che ne dici se facciamo una passeggiata?》, gli chiesi accarezzandolo.
Teneva la testa verso di me con le orecchie dritte e di tanto in tanto socchiudeva gli occhi.
Lasciai andare la mano e mi posizionai dinanzi a lui per condurlo verso il masso che avrebbe fatto da scalino.
Ancora non riuscivo a capire come avevo fatto ad insegnargli a farmi seguire, visto che non lo avevo fatto.
Una volta giunti al masso, salii su e poi saltai in groppa a Power che cominciò a camminare.
In quel modo mi sembrava di poter toccare il cielo e il vento.
Mi sembrava addirittura che i miei vestiti si stessero asciugando.
Mentre camminava mi sporsi sul suo collo e unii le mie mani in un cerchio abbracciandolo.
《Non andartene, non lasciarmi sola》, lo implorai.
Lui sembrava non essersi accorto di nulla e continuava a camminare a passo sostenuto.
Dopo un pò decisi di scendere.
Ormai era diventato troppo tardi e l'arancione del cielo stava quasi per essere risucchiato dal celeste.
Quando scesi dal cavallo mi passai una mano sui vestiti, specialmente sul lato destro del corpo.
Mi accorsi immediatamente che erano di nuovo asciutti.
《Grazie cucciolo》, gli dissi lasciandogli un bacio sul muso.
Salii la piccola collinetta che mi portava alla bici e da lontano salutai Power con la mano.
Corsi alla bici e tornai a casa cercando di correre il più veloce possibile.

Quando entrai in casa mia madre era ai fornelli e stava cucinando qualcosa di buono a giudicare dall'odore.
《Ciao mamma》, la salutai sperando che non mi facesse troppe domande.
《Ciao, dove sei stata?》, m'interrogò.
Il suo tono di voce non era nè arrabbiato nè esigente.
Quindi potevo mantenere la calma... no?
《A fare un giro con la bici》, risposi rilassata.
《Ma... cosa è questa puzza tremenda di...》.
Chiese scrutandomi con il naso arricciato e una smorfia di disgusto.
Bella domanda mi aveva fatto.
《Ehm... bè... sono caduta in una pozzanghera》, balbettai.
《Ci sono pozzanghere anche se non piove?》, disse alzando un sopracciglio.
《Non lo so da dove veniva l'acqua, ma era infangata》.
《Va bene, allora vai a farti una doccia e corri a mangiare》, ordinò.
《Okay》, mi limitai.
Corsi su per le scale e mi preparai a una bella cascata di domande.


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