Capitolo 33

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《Con lui potevo essere felice, forte, libera》

《Ciao, papà》, risposi al telefono.
Erano le dodici e trenta e, come al solito, mio padre mi aveva chiamata.
《Ciao, tutto okay?》
《Sì, tutto okay》, risposi annoiata.
Tutti i giorni la stessa chiamata e la stessa domanda.
Non si scocciava di chiedermi sempre la stessa cosa?
《Cosa fai oggi pomeriggio?》
Wow, qualcosa di nuovo.
《Bé, direi nulla. Sto con Bob》, mentii.
Ovvio che Bob sarebbe rimasto a casa e io sarei andata da Power.
《Va bene. Ciao》, mi salutò.
Lo salutai anche io e riattaccai.
Era passata circa da una settimana da quando era venuta a trovarmi Bree.
Ormai era agosto e il caldo stava diminuendo, non molto, ma diminuiva.
Ero già triste al pensiero di tornare a scuola.
Non volevo tornare a studiare e a fare compiti in classe.
Volevo semplicemente stare a casa e avere una vita con Power.
E magari diventare un'addestratrice o avere un maneggio.
Sentii abbaiare all'improvviso e saltai in aria per la sorpresa.
《Bob! Lo sai che non devi farmi questi scherzi quando penso!》, gli urlai.
Lo aveva fatto apposta perché era seduto proprio di fianco a me e mi guardava con un'aria dispettosa.
《Sì, ora ti do da mangiare... sai fare solo quello》
Andai nello sgabuzzino e presi le crocchette e dell'acqua.
Gliele misi nella ciotola e cambiai l'acqua con quella appena presa.
Il cane si mise a mangiare di gusto. Gli augurai buon pranzo e poi presi il mio telefono.
Uscii di casa e chiusi la porta a chiave.
Presi la bici e pedalai fino al boschetto.
L'aria era limpida, non c'era vento.
C'era pace, non si sentiva nessun rumore, eppure sentivo una strana sensazione.
Appena arrivai al boschetto misi a terra la bici e feci un sospiro.
Non sapevo perché l'avevo fatto, ma mi sentivo di doverlo fare.
Sentivo uno strano fastidio sul cuore e a un certo punto iniziò a mancarmi l'aria.
Mi sedetti a terra, forse non stavo bene.
Passai una mano sulla fronte e mi scostai i capelli dalla faccia.
Cercai di fare sospiri profondi per rilassarmi.
Cosa mi stava succedendo?
Avevo l'ansia, me lo sentivo.
Ma per cosa?
In quel momento non mi preoccupava nulla, non avevo paure.
O forse sì...
Avevo paura per lui, avevo una strana sensazione, come se fosse in pericolo.
Ma cosa ne potevo sapere, io?
Non ero nemmeno entrata nel boschetto, non l'avevo visto.
《Okay, calmati ed entra》, mi dissi ad alta voce.
Mi alzai in piedi e strinsi i pugni delle mani.
Arricciai le labbra e mi diressi all'interno del bosco.
Tenni gli occhi chiusi e una volta arrivata nel punto in cui mi mettevo sempre per ammirarlo, li aprii.
Tutti i colori della radura mi vennero agli occhi, il verde dell'erba, il marrone degli alberi, il rosa dei fiori... ma non c'era il suo nero splendente.
Il campo era vuoto.
《Power》, lo chiamai in un sussurro, già certa che non sarebbe venuto.
Lo immaginai che correva veloce verso di me, con la sua folta criniera che svolazzava nel vento.
《Power!》
Fu più un grido di disperazione.
Le lacrime cominciarono a scendere calde sul mio viso.
Anche se ormai non riuscivo più a vedere granché per via del liquido amaro negli occhi, cominciai a scendere la pendenza del terreno e una volta attraversata mi diressi alla spiaggia.
Lì c'era l'azzurro del mare con le sue mille sfumature e il dorato della sabbia, ma non c'era nessuna macchia nera, neanche il lontananza.
Sarei andata lì, in quel posto.
Sarei andata da lei, avrei visto con i miei occhi come lo trattavano.
Avrei avuto il coraggio di vedere quella serpe rossa e l'avrei affrontata.
Di nuovo, cominciai a correre.
Sta bene, sta bene, pensai.
Non vedevo nulla, ma la forza ce l'avevo e tutta la rabbia che avevo dentro sembrava uscire fuori sotto forma di energia per correre.
Stavo correndo per tutte le volte che avevo pianto perché avrei voluto almeno vedere un cavallo.
Stavo correndo per tutte le volte che mia madre mi aveva detto che i cavalli erano stupidi e che dovevo solo dimenticarli.
Stavo correndo per tutte le volte che avevo visto i miei poster e avevo ompianto e per tutte le volte che mi ero alzata con le lacrime agli occhi.
Ma cosa più importante, stavo correndo per realizzare il mio sogno, per tutte le volte che lo avevo desiderato e invece potevo solo piangere.
Stavo correndo per lui, per quell'enorme creatura nera, per Power.
Corsi il più veloce che potevo e giunsi di fronte al maneggio.
Mi sembrava ancora più grande da quando l'avevo visto l'ultima volta.
Ora c'era un solo problema: entrare.
Cercai di guardare tra le sbarre del cancello, magari avrei rivisto quel Jasper.
C'erano pochi allievi, ma ne scorsi una in particolare.
Chioma rossa, lentiggini, viso perfido: Victoria.
Mi nascosi dietro le mura, ma continuai a tenere la testa tra le sbarre.
La ragazza si stava diriggendo verso un box, ma non riuscivo a vedere quale.
《Va bene, usciamo》, gridò qualcuno, una voce maschile.
Mi tolsi immediatamente da lì e cercai di correre via nei cespugli, mentre il cancello si apriva.
Qualcosa mi diceva che ero troppo lenta.
《Ehi, tu! Ti ho già vista!》
Mi fermai, immobile.
Non sapevo cos'altro fare, mi avevano scoperto ormai.
Ma quella voce l'avevo già sentita una volta.
Mi voltai e vidi quel ragazzo, moro con gli occhi marroni, che avevo incontrato proprio qui, che mi aveva fatto uscire senza troppi problemi.
Stava facendo uscire un cavallo roano, lo teneva alla longhina.
《Ciao... Jasper》, lo salutai.
Si avvicinò insieme al cavallo.
《Mi ricordavo di te》
《Sì... Jessica. Senti, io ho un forte bisogno del tuo aiuto》
Misi le mani in modo tale da sembrare che lo stavo pregando.
Arricciò le labbra e socchiuse gli occhi.
《Che tipo di aiuto?》
《Bé, mi devi far entrare nel maneggio di nascosto, non mi vede vedere Victoria. E voglio vedere Power... per favore, ti prego》, lo implorai.
Lui accarezzò il cavallo, facendo finta di pensare.
《Perché Victoria? E chi è Power?》, chiese sospettoso.
《Ah... giusto. Power è quello che chiamate Escapee》
Alzai gli occhi al cielo quando pronunciai quel nome.
Il ragazzo fece un'espressione scioccata.
Sembrava avesse avuto paura di qualcosa, o forse era solo sorpreso. Guardai dritto nei suoi occhi, che arma letale la mia.
Ma ciò che riuscii a leggere era solo la sorpresa.
《Escapee... nessuno vuole vederlo! Perché dovresti vederlo tu? E poi ora non può... Victoria lo sta allenando》
L'ultima frase non mi suonò bene.
Era diventato triste, all'improvviso.
Ma poi... Victoria allenava Power?
In cosa? E soprattutto come?
L'ultimo sogno si fece strada tra i miei pensieri.
La frusta che schioccava, il cavallo agitato...
《Ma in cosa lo allena? E come?》, quasi urlai.
《In dressage. È meglio che tu non veda come》
Distolse lo sguardo e lo posò sul manto del cavallo, che cominciò ad accarezzare.
《Devo vedere, non mi interessa! Sono stanca di non poter fare nulla, sono stanca del verbo "non potere", sono stanca! Quindi tu mi aiuterai》, sbottai.
Non ce la facevo più, non volevo più essere quella stupida che si faceva sottonettere a tutti.
《Perché ti interessa, lui?》, chiese in un filo di voce.
Forse non avrei dovuto trattarlo così, ma non sapevo più cosa fare.
《Perché tu non lo sai, ma lui è l'unica cosa che ho. È il mio migliore amico, quando è libero nella radura. Si lascia fare tutto da me: mi segue, si fa montare, corre con me. Io ho bisogno di lui》
La mia voce scendeva di tono pian piano e finii il discorso in un pianto.
Avevo solo detto la verità.
Io avevo bisogno di lui e di nient'altro.
Con lui potevo essere felice, forte, libera.
《Ehi, non piangere. Te lo farò vedere. Però non devi fare nulla di azzardato, non devi farti vedere da lei》, mi spiegò.
《Grazie, grazie, grazie!》
Iniziai a saltare come una matta.
Il cavallo vicino a Jasper si innervosì ed io intuii di dover smettere.
Jasper entrò per primo nel maneggio, io restai dietro al cavallo.
Mi fece camminare abbassata e ogni tanto mi nascondevo dietro a un cespuglio.
Poi arrivammo in una specie di sgabuzzino, ricoperto interamente di balle di fieno e di sacchi di mangime.
《Cos'è questo?》, chiesi guardandomi in giro.
《È dove teniamo il cibo, qui ci vengo solo io, visto che sono lo stalliere》, spiegò.
Il cavallo era ancora dietro di lui, guardava tutto quel fieno con degli occhi enormi.
Chissà cosa pensava...
《Bene, ora mi devi raccontare qualcosa, però》
Gli raccontai tutto di me e di Power.
Dalla prima volta in cui lo avevo incontrato fino a ciò che era successo allora.
Gli dissi delle nostre passeggiate, delle nostre corse al mare, di quanto ci volevamo bene.
Lui sembrava esterrefatto dal mio racconto.
Ma in realtà non ci voleva molto a voler bene qualcuno.
Poi gli raccontai della prima volta in cui avevo visto Victoria e del maneggio che frequentavo.
《Bé, Victoria è la proprietaria di questo maneggio, ma quest'ultimo non ha un livello alto quanto quello di cui mi parli. Per questo ha fatto anche una gara lì》
Avevo inquadrato Victoria, ormai.
Lei era la cattiva, quella che voleva prendersi tutto e tutti.
Ma con me non ce l'avrebbe fatta.
《Ah... ecco perché è venuta. Ma Power qui come si comporta? È buono?》, chiesi.
《Bé, da terra è quasi gestibile. Quando Victoria lo monta... Forse è meglio che tu veda con i tuoi occhi》
Mi invitò a seguirlo e, passando da cespuglio a cespuglio, riuscimmo ad arrivare al campo dove Victoria stava facendo lezione.
Prima di arrivare sentii sei nitriti, forti.
Il mio cuore cominciò a sparare colpi di cannoni solo a sentirlo nitrire così.
Ci avvicinammo ancora e la voglia di vederlo se ne stava pian piano andando.
Esitai per qualche secondo e mi fermai.
《Se non vuoi...》
Non gli diedi modo di finire la frase.
《No, io voglio》, affermai decisa.
Continuammo a camminare e Jasper mi disse di mettermi dietro alla siepe che circondava il campo.
Mi fece un cenno con il capo facendomi capire che potevo guardare.
E così feci, commettendo l'errore, forse, più grande della mia vita.
Victoria era su quel cavallo, come se fosse stata su un oggetto senza vita.
Il cavallo aveva delle fasce agli stinchi e aveva una strana sella, diversa da quella che avevo visto usare da Elena.
《Passage!》, urlò.
Era da sola, non c'era nessun istruttore.
Power si muoveva facendo strani movimenti... movimenti da dressage.
《Stupido cavallo, muoviti!》
Se non ci fosse stato Jasper trattenermi le sarei andata incontro e le avrei provocato del male.
La uccido, pensai.
Ormai i miei occhi erano diventati rubinetti senza fondo, ma riuscivo ancora a vedere Power.
Quest'ultimo scalpitava e si impennava come non mai.
Non voleva stare ai comandi, e faceva bene.
Stava soffrendo incredibilmente, me lo sentivo, come se fossi stata io lì al posto suo.
Buttala giù, pensavo ogni volta che si impennava.
E invece riusciva soltanto a prendere altre frustate dalla rossa.
Non sentivo più nulla, avevo paura, volevo morire.
Sentii solo uno schianto e un dolore acuto.

《Svegliati!》, urlò qualcuno.
Non volevo svegliarmi.
Volevo solo morire, era così difficile?
Pian piano aprii le palpebre e misi velocemente una mano sul viso quando vidi i raggi del sole.
《Tutto bene?》
L'avevo riconosciuto, era Jasper.
Cercai di parlare ma dalle mie labbra non usciva altro che alcune sillabe.
《Power... come... sta?》, riuscii a chiedergli in un fil di voce.
Lui sorrise e scosse la testa.
《Power sta bene, ma è scappato dopo l'allenamento. Tu come stai piuttosto?》
Fece la domanda preoccupato.
Provai ad alzarmi e per fortuna ci riuscii.
Cercai di guardarmi intorno: eravamo nel "granaio" e Jasper teneva in mano un secchio.
Mi guardai il corpo: era bagnata fradicia.
《Come mi spieghi questo?》, chiesi irritata.
《Ehm... scusami, ma non ti svegliavi》
Mi aveva tirato un secchio d'acqua addosso perché non mi svegliavo?
Bé, forse aveva fatto bene, tanto mi ero svegliata.
《Sono svenuta?》, domandai confusa.
《Forse eri in stato di shock》
Sospirai e passai una mano nei miei capelli rossicci.
Dato che ero seduta misi le braccia sulle gambe sostenendomi la testa. 《Non può continuare così... bisogna fare qualcosa》
Non mi davo pace, Power soffriva troppo.
《E cosa vorresti fare? Lei è la proprietaria di questo posto》, disse alzando le mani in aria.
《Ci penserò e ti giuro che Power smetterà di soffrire. Credo che mi rivedrai molto presto》
Quando sentì l'ultima frase mi fece un sorriso.
《Ora devo andare》
Mi aiutò ad alzarmi e mi fece uscire dal cancello senza farmi notare da nessuno.
Lo ringraziai e tornai a casa.
Non avevo assolutamente voglia di vedere Power, mi avrebbe fatto stare male e forse sarei caduta in stato di shock ancora.
Così decisi di prendere la strada più corta dalla spiaggia al boschetto.
Dovevo oltrepassare il fitto bosco, ma sicuramente mi avrebbe impedito di piangere.
Non mi affacciai nemmeno dalla collinetta per vederlo, volevo solo scappare via.

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Okay, devo dire che questo è il capitolo più lungo che abbia mai scritto... ma anche il più triste, forse. Non so se l'avete notato, ma ormai manca poco alla fine di questa storia. Ci sono ancora altri capitoli, non so quanti esattamente, forse una decina, ma tranquilli non vi lascio di botta haha.
Allora, che ve ne pare di questo capitolo "speciale"?
Vi voglio bene❤

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