Capitolo 7

1.8K 136 39
                                    

L'estate era ormai giunta al suo termine. Il calore dei mesi estivi era svanito lasciando il posto al vento pungente dell'autunno, le foglie iniziavano ad ingiallirsi e a cadere per le strade della città, ed insieme alle stagioni scorreva, inesorabilmente, il tempo.

Ed il tempo per Sienna e Jason, proprio come l'estate, si era ormai concluso.

La giovane laureanda aveva fatto tesoro di quei due mesi passati ad effettuare sedute nel penitenziario, fornendole l'esperienza necessaria per farle ottenere quella laurea per la quale aveva lavorato duramente in quei tre anni. Si sentiva soddisfatta; era solo grazie a lei e alla sua tenacia se adesso era ad un passo dal realizzare il suo obbiettivo.

Lasciare la sua casa nativa a diciotto anni, trovare un appartamento ed, infine, un impiego che potesse permetterle di mantenere lei e i suoi studi non era stata una passeggiata, ma Sienna ce l'aveva fatta; era diventata la donna libera ed indipendente che aveva sempre desiderato essere. Libera da qualsiasi costrizione, libera da ogni ferrea e bizzarra regola che la sua famiglia le aveva sempre imposto di seguire.

Già, come poteva dimenticare i suoi genitori? Coloro che le avevano fatto il dono della vita ma che, allo stesso tempo, le avevano impedito di viverla, di viverla come voleva lei e non secondo le loro convenzioni. Gli voleva bene, infondo, e sapeva che anche loro ne volevano a lei, ma la
situazione era diventata così invivibile che Sienna faceva fatica ad esprimere se stessa. Si sentiva un uccello in gabbia, così aveva ritenuto necessario andare via, per poter spiccare finalmente il volo.

Ma la soddisfazione lavorativa, adesso, era niente se paragonata a quella personale: giorno dopo giorno aveva visto come Jason si fosse aperto con lei, prendendo sempre più consapevolezza di se stesso e della vita che, fuori da quelle quattro mura, un giorno, avrebbe potuto costruire.
E Sienna era felice di questo, era felice di aver potuto contribuire, anche solo in piccola parte, a rendere il ragazzo
migliore, a dargli quella speranza che aveva perso, e di certo la rossa non avrebbe mai creduto di prendere tanto a cuore un paziente e, per quanto suonasse sbagliato, molte volte si era ritrovata a desiderare che il tempo a loro disposizione non fosse così poco, che quel tirocinio non fosse finito così presto.

Però i desideri della ragazza non furono ascoltati.

Ora, erano trascorsi già tre mesi da quell'ultimo incontro in cui lui le aveva promesso di non combinare più casini per il resto della sua permanenza in carcere e lei, in cambio, gli aveva promesso che sarebbe andata a trovarlo.

Ma non lo fece.

Avrebbe voluto potergli fare visita, ma per qualche strano motivo non lo aveva fatto: forse perché riteneva fosse una cosa inappropriata presentarsi adesso come un'amica
quando era stata per mesi la sua psicologa o forse, semplicemente, aveva paura, paura di perdersi in quegli occhi ambrati e sempre attraversati da un velo di malinconia, paura di quelle sensazioni che, contro ogni sua volontà, si ritrovava a provare quando stava insieme a lui in quella squallida stanzetta in cui si
tenevano le loro sedute. Qualsiasi fosse la motivazione che le impediva di tornare, col passare delle settimane si era sempre più convinta che non
fosse il caso, che Jason se la sarebbe cavata anche senza i consigli che gli dava e che, più volte, il biondo non aveva ascoltato.

Tuttavia le capitava spesso, durante la giornata, di chiedersi cosa stesse facendo lui in quel momento, come se la stesse passando e quanto ancora gli restasse da scontare.

«Sei in ritardo!» la voce di Alan tuonò in tutto il locale interrompendo, anche quella volta, il
flusso dei pensieri della rossa che, in un certo senso, ne fu sollevata; non le andava di pensare.

Si voltò curiosa e vide Chase fare il suo ingresso nel locale, «Di solo due minuti, Alan», borbottò, «Rilassati o quella vena che hai sulla fronte esploderà».

Redemption | Jason McCannDove le storie prendono vita. Scoprilo ora