Capitolo 5

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Era passato un mese, ormai, da quel giorno, dal giorno in cui Jason si era aperto per la prima volta con Sienna. Da allora le cose avevano preso una piega inaspettata, ma tutto sommato, piacevole; seduta dopo seduta la giovane psicologa scopriva nuovi tasselli da mettere insieme per assemblare quel puzzle estremamente complicato che per lei rappresentava Jason McCann.

Non facevano nulla di particolare in quelle ore, se non parlare. Parlavano di qualsiasi cosa, anche la più futile, e attraverso quelle semplici conversazioni, i due avevano instaurato una sorta di complicità tale da far dimenticare a Sienna, in quel breve lasso di tempo a loro concesso, che lui fosse un criminale incarcerato per l'omicidio del padre o che avesse tentato di ucciderla per evadere, cosa di cui, tra l'altro, il ragazzo si era scusato più volte.

Le aveva detto che il suo colore preferito era il blu, che al football o al basket preferiva il baseball, che quella che aveva per i tatuaggi era una vera e propria ossessione –e questo era evidente, vista la quantità impressionante di inchiostro presente sulla sua pelle- e ancora, che andava pazzo per gli spaghetti e a quel punto aveva aggiunto, testuali parole: "nessuno sa farli come li faccio io"; allora lei gli aveva proposto "magari un giorno potresti farmeli assaggiare" e lui le aveva fatto un sorriso, non uno dei suoi soliti ghigni sfacciati, ma un sorriso vero; lei aveva pensato che fosse il sorriso più bello che avesse mai visto.

Una cosa di Jason Sienna l'aveva capita: dietro i suoi modi rudi si nascondeva tanta malinconia.

Faceva fatica, comunque, a parlare di determinati argomenti: un giorno, Sienna gli aveva chiesto quali fossero le sue aspirazioni nella vita, ma lui non le aveva risposto; si era messo a fissare il vuoto davanti a sé senza dire una parola.

Aveva provato più volte anche a tornare al motivo per il quale stava scontando quella pena, l'assassinio di suo padre, ma continuava a chiudersi in se stesso e a tenersi tutto dentro; serrava i pugni e la mascella, incupendosi, e alla domanda che lei gli poneva ogni volta rispondeva sempre con "se lo è meritato"; non mostrava il benché minimo pentimento.

Nel vedere reazioni simili Sienna si sentiva sempre come se non facesse mai abbastanza, si chiedeva se sbagliasse qualcosa nel suo approccio, forse era fin troppo amichevole con lui e avrebbe dovuto essere più professionale, ma non voleva farsi scoraggiare. Aveva ancora un mese di tirocinio davanti, un mese per scavare più a fondo nella mente di Jason, un mese per renderlo migliore, un mese per trovare la sua redenzione.

«Mi hai sentito, rossa?» la voce di Alan arrivò forte e chiara alla ragazza che solo allora si accorse fosse poggiata al bancone guardando un punto indefinito della sala; si era immersa nei suoi pensieri senza rendersene conto.

«Cosa, scusa?» domandò come se si fosse appena destata dal suo torpore.

Quella domanda le fece guadagnare un'occhiata cagnesca dal capo, «Il tavolo cinque ha bisogno di una pulita. Ora», esigette marcando con enfasi quell'ultima parola. Sienna sbuffò senza farsi vedere e si diresse, senza indugiare ulteriormente, verso il tavolo da lui segnalatole.

«Animali...», bofonchiò tra sé e sé alla vista di tutta la sporcizia che si riversava sopra la superficie di legno. Prese una sacca dell'immondizia, legò i lunghi capelli ramati in una coda, in modo tale che non le potessero dare fastidio e, armata di pazienza, iniziò a sbrigare le sue mansioni, fino a quando una figura alta e slanciata non si piazzò accanto a lei. «Sembri distratta oggi», osservò il ragazzo.

Non avrebbe potuto controbattere a quella affermazione, non con lui almeno, «Sono solo stanca», disse, invece, «Tra il lavoro in carcere e quello qui al Delirium non so quale sia più stressante», spiegò abbozzando un sorriso. Chase, prontamente, si mise ad aiutarla con tutto quel casino, difatti, prese lui il sacco della spazzatura, «A proposito di questo, come stanno andando le sedute?» domandò curioso.

Redemption | Jason McCannDove le storie prendono vita. Scoprilo ora