Capitolo 1

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- Quattro anni dopo -

Stava percorrendo il lungo e buio corridoio a piccoli passi, guardandosi intorno con la stessa curiosità di una bambina, soffermandosi sui dettagli della struttura che da quel    giorno in poi avrebbe visitato spesso. Le pareti, di un grigio antracite erano spoglie e    fredde e l'intero ambiente circostante umido, probabilmente a causa di qualche spiraglio lasciato aperto.

L'unico rumore che l'accompagnava lungo il tragitto era il tintinnare delle chiavi che, di tanto in tanto, l'uomo sulla quarantina accanto a lei faceva girare intorno al suo dito    indice, unito ad un allegro motivetto fischiettato.
Era evidente che lavorasse in quel luogo da ormai molto tempo, vista l'aria piuttosto    rilassata che attraversava il suo volto spigoloso contornato da una leggera barbetta    incolta. «Prima volta in un carcere?» le domandò ad un tratto.

«Si  vede così tanto?», chiese lei di rimando rallentando i suoi passi. Non era una di    quelle persone che si impressionavano o si facevano intimorire facilmente, altrimenti non si sarebbe trovata lì.  Lei era forte, dura e a tratti scontrosa, almeno questa era l'immagine che voleva dare di sé; ma in quel momento non potè non sentire l'agitazione scorrerle nelle vene, come dimostrava il suo continuo torturarsi e grattarsi le mani.

Non era l'idea di stare in mezzo a detenuti di ogni tipo, dai ladri agli assassini più spietati, ma quella di non essere all'altezza del suo compito a preoccuparla.

La guardia, che aveva capito si chiamasse Dan, si limitò a scuotere il  capo prima di proseguire il loro giro in direzione della mensa, così come le aveva accennato in precedenza; ma qualche istante dopo l'uomo riprese la parola, e la giovane ritenne che il    tizio fosse un tantino curioso. In  ogni caso, un  po' di conversazione le avrebbe fatto    bene e l'avrebbe aiutata a sbollire la tensione che la stava consumando dentro.
«E mi    dica, signorina...», la guardia lasciò la frase in sospeso, imbarazzata, probabilmente dal fatto che non ricordasse il nome che solo cinque minuti prima lei gli    aveva riferito. La rossa pensò che non avesse una buona memoria, tuttavia non si sentì affatto offesa da quella disattenzione.
«Cooper» ripeté, «Sienna Cooper».

«Mi dica, signorina Cooper: perché ha scelto proprio psicologia criminale?»
Quella domanda per la ragazza fu come un invito a nozze: avrebbe potuto parlare per ore della sua scelta professionale, sebbene fosse ancora solo una tirocinante. Ne aveva    discusso a lungo anche coi suoi genitori, dopo il diploma, i quali tuttavia non seppero comprendere quella che definivano solo "una inutile perdita di tempo".
Per  Sienna, però, quella non era affatto una perdita di tempo; lei ci credeva, credeva    davvero che le persone potessero essere salvate da loro stesse.

Si schiarì la gola e parlò.  «Beh, sono sempre stata attratta dalla mente umana, i suoi    segreti, le sue insidie...», avrebbe divagato molto più a lungo se non si fosse accorta dello sguardo confuso e disorientato che le rivolse l'uomo. «È interessante capire cosa spinge una persona a comportarsi in una determinata maniera», continuò cercando di essere più chiara e sintetica possibile. «Tutti hanno una storia ed io sono qui per ascoltarne almeno una».

«Sa di avere a che fare con dei criminali, vero?»  le chiese Dan con un mezzo sorriso. «Ma certo», rispose accigliata;    quella domanda retorica e velata di sarcasmo non le piacque per niente.
«Bene», bofonchiò lui  spingendo il  maniglione  antipanico e  invitandola ad entrare per prima, come un vero cavaliere.  «Questa è la mensa» spiegò.
Sienna scrutò quell'enorme sala gremita di persone, tutte rigorosamente con la divisa arancione, ma non fece in tempo a voltarsi verso la sua destra che vide una sagoma gettarsi con violenza su un'altra la quale, da seduta, cadde a terra, dando così inizio ad una rissa in piena regola.

Redemption | Jason McCannDove le storie prendono vita. Scoprilo ora