Capitolo 4

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Dopo attimi di silenzio che sembravano interminabili, Jason finalmente prese la parola.
«D'accordo, farò quello che vuoi, se è ciò che serve per farmi uscire da qui il prima possibile. Ma sia ben chiaro...», continuò puntando l'indice contro la giovane, «Io non ho bisogno di alcun aiuto».
Detto ciò, si appoggiò allo schienale della sedia e incrociò le mani, aspettando che Sienna facesse quindi la sua prima mossa.

«Molto bene», commentò lei osservando gli occhi incupiti del biondo, «Direi di riprendere da dove eravamo rimasti». Così, aprì la sua borsa, nella quale, al momento del suo arrivo poco prima, aveva infilato la cartellina con i dati di Jason che le aveva consegnato la direttrice. Afferrò anche un block notes e una penna, che avrebbe utilizzato per prendere appunti.
«Vorrei che mi raccontassi cosa ti ha spinto a fare ciò che hai fatto», disse a quel punto, sfilando il cappuccio della sua Bic nera.
Jason soffocò una risata, e si passò il pollice sulle labbra appena inumidite. La rossa si rese conto che quello era un gesto che il ragazzo faceva spesso, quasi fosse una sorta di tic nervoso.
«Non riesci nemmeno a pronunciare la parola omicidio? Che razza di psicologa criminale pensi di diventare?»

Come osava quell'impertimente? E pensare che lei aveva appositamente​ ​omesso quel termine per non metterlo a disagio.

«Bene!» esclamò piuttosto stizzita,
«Riformulo: perchè hai ammazzato tuo padre?» Questa volta calcò con forza su quel verbo così crudo e morboso, e notò gli occhi del biondo scattare su di lei più freddi che mai.

Aveva centrato il bersaglio. Ora sarebbe stato pronto a parlarne senza che le sue stupide battute interferissero?

Il ragazzo abbassò il viso, come per fare mente locale su quell'episodio, che, per quanto cercasse di nasconderlo, era evidente lo avesse segnato nel profondo.
Si arrotolò lentamente le maniche della divisa aranciata -non senza fatica, viste le manette che gli legavano i polsi- e Sienna deglutì al ricordo della sensazione fredda e metallica intorno alla sua gola solo pochi giorni prima ed, istintivamente, portò una mano sul collo per massaggiarlo.

La giovane poté notare, non senza stupore, che Jason aveva le braccia completamente ricoperte di inchiostro scuro. In un certo senso ne rimase affascinata; quei tatuaggi gli stavano davvero bene e mettevano in risalto le sue vene e la sua muscolatura; si domandò se ci fosse un significato dietro tutto quel colore.

«Picchiava mia madre», esordì, poi, lui in un sussurro, facendo tornare la rossa alla triste realtà. Sienna ci mise un po' a rendersi conto della gravità di quelle parole, e nella sua testa si immaginò una possibile scena, che volle, però, subito eliminare.
«Mi dispiace», la sua voce era un flebile sussurro, ma d'altro canto era davvero così che si sentiva: dispiaciuta.

Quel criminale per il quale, fin da subito, aveva provato un disprezzo non indifferente e che aveva provato ad ucciderla, adesso, suscitava in lei una certa compassione.

«Non sono qui per farmi compatire», ringhiò il suo interlocutore guardandola con serietà.
La giovane deglutì nuovamente; capì che, probabilmente, Jason non volesse rovinare l'immagine da duro spietato che si era creato, quindi decise di proseguire con la domanda successiva.
«Da quanto andava avanti? Te lo ricordi?»
L'espressione del ragazzo cambiò in un batter d'occhio, divenne calma, come se cercasse di riportare alla mente il giorno preciso in cui quell'incubo era cominciato, lo sguardo vuoto e pensieroso.
«Circa un anno. Non ricordo con precisione, ma non ero ancora maggiorenne», rispose scuotendo la testa.
«E cosa è successo quella sera?» Sienna si accorse di essere stata forse un po' troppo brusca e invadente con quella domanda, così cercò di modificarne la forma ma non il contenuto. «Vorrei che rielaborassi l'accaduto e mi dicessi tutto ciò che ricordi».

Redemption | Jason McCannDove le storie prendono vita. Scoprilo ora