↬49.

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La situazione stava iniziando a precipitate. Luhan non se ne rendeva conto, ma si stava ammalando gravemente. Già da un po' la vista gli era calata gravemente e come risultato adesso portava gli occhiali. I genitori non sembravano allarmati, anzi, a chi gli chiedesse perché il figlio fosse così "sciupato" rispondevano che era solo per il troppo studio. Solo per quello, ovviamente. Nessuno sarebbe andato a pensare cosa c'era sotto a tutta quella storia. Luhan si sentiva debole, molto debole, ma non dava conto alla cosa. Nessuno si sarebbe accorto di nulla a scuola, comunque, dato che a nessuno importava di lui, né gli rivolgevano parola. Più di dieci chili in meno li avrebbe notati chiunque, se non fosse stato per il fatto che Luhan camuffava bene la cosa mettendo felpe larghe e che in realtà a nessuno importava. Sapeva che stava sbagliando qualcosa, ma non capiva proprio cosa. Si sentiva male anche solo a sentir parlare di cibo. Ormai quella per lui era diventata una spina nel fianco. Non si trattava più solo di una fissa passeggera, di una voglia di raggiungere una perfezione apparentemente vicina o di accontentare i propri genitori. Ormai Luhan era in una situazione ben diversa da quella che era stata due mesi prima. Quella per lui era una vera e propria tortura. Non riusciva più a mangiare, qualcosa glielo impediva, stava male solo al pensiero. Stava sempre peggio, sia fisicamente che mentalmente. Se fisicamente era ancora -si fa per dire- recuperabile, ormai, mentalmente, il fondo l'aveva quasi toccato. Ormai aveva crisi di pianto anche nel bel mezzo della giornata. Non riusciva neanche più a guardare la sua immagine nello specchio, perché era giunto ad odiarla ancora più di prima.
Lui sapeva che qualcosa non andava, che doveva rimediare, ma non riusciva neanche più a trovare un motivo per farlo. 

Quel giorno, durante l'ora di educazione fisica, però, accadde qualcosa: stava correndo, cercando di non dare a vedere quanto gli facesse male fare quei movimenti repentini, quando improvvisamente avvertì una fitta al petto, e si accasciò a terra. Pensava fosse finalmente giunta la sua ora. Eppure aveva avuto paura. Perché? Tanto, non aveva avuto nulla da perdere, no? E invece, quando aveva iniziato a vedere tutto nero, aveva avuto paura, si era reso conto che in realtà lui non aveva mai vissuto, che aveva sprecato la sua intera esistenza, e che, morire così, voleva dire non aver vissuto.

Nessuno era andato intorno a lui, nessuno si era accorto del suo malore, nessuno tranne lui...

Skin and Bones [HunHan.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora