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Un'altra settimana passata, un altro kilo perso, e, secondo Luhan, un altro passo verso la perfezione tanto agognata. La scuola in cui andava era bellissima, veramente grande. La trovava quasi migliore di quella che frequentava a Pechino. Luhan ce la stava mettendo tutta per riuscire nel suo obiettivo, che in realtà non era suo, ma dei suoi genitori. Improvvisamente però qualcosa cambiò, senza che Luhan avesse il tempo di rendersene conto: fu abbastanza graduale come cosa, ma lui pensava fosse una cosa passeggera, non immaginava che sarebbe diventata un'ossessione. Un giorno andò in mensa, prese il cibo e si sedette ma appena ne sentì il profumo, gli venne una sensazione di disgusto. Decise di non mangiare quel giorno. Quando poi tornò a casa in pomeriggio, restò quasi una mezz'ora a guardarsi allo specchio. Si odiava. Era così brutto. Non si piaceva per niente. Non era ancora perfetto. Si sentiva disgustato da quella visione allo specchio. Era così grasso, perché? Non capiva dove stesse sbagliando. Si odiava profondamente. Non riusciva a far nulla per non fallire. Da quel giorno iniziò a saltare alcuni pasti. Aveva deciso che non avrebbe toccato cibo da un certo orario a un certo orario. Due pasti al giorno, ecco, potevano bastare. Doveva diventare perfetto, e in fretta. Da lì a poco i suoi avrebbero tenuto un pranzo importante con il dirigente della sede Coreana e lui doveva essere perfetto agli occhi di tutti. Doveva diventare impeccabile, non poteva permettersi di deluderli. Si impegnò ulteriormente a scuola e nei club pomeridiani. Perfezionò la dieta che stava seguendo, aumentò le ore in palestra, nella speranza di diventare ciò che voleva essere davvero.
Forse in questo modo non sarebbe più stato una delusione, pensava. Eppure se pensava a quella cena, gli veniva il panico. Cosa avrebbe mangiato? Cosa avrebbero cucinato? Non poteva pesare nulla, quindi come tener d'occhio le calorie? E i grammi? E se fosse stato tutto grasso? E se avesse trovato cibi che lo facevano sentire male? Tutti quei pensieri gli invasero la mente, seguiti dalla voce che gli ripeteva assordantemente di essere un fallimento e di aver sbagliato. Corse in bagno, nel cuore della notte, e vomitò quel poco che aveva ingerito. Era la terza volta che succedeva quella settimana. Si sentiva meglio però, subito dopo. Era liberatorio, si sentiva più vuoto, più leggero. Allora anche più bello? No, assolutamente no. Era sempre il solito fallimento. Ma una soluzione l'avrebbe trovata, ne era certo.

Skin and Bones [HunHan.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora