Il tono che aveva usato era tranquillo e in un certo senso incoraggiante, tuttavia il biondo non aveva la minima voglia di tornare con la mente a quei ricordi infernali. Ma doveva farlo, non aveva altra scelta; era stanco di essere chiuso tra le quattro mura di quel penitenziario, era stanco di esistere e di non vivere.

Gli mancava poter girare per le strade della città insieme ai suoi amici, gli mancava poter interagire con una donna che non fosse una di quelle che lavoravano nel carcere, gli mancavano anche le cose più semplici, come il poter osservare un bel paesaggio.

Gli mancava la vita, quella vera.

Perciò, doveva riuscire a farsi ridurre la pena, anche se il prezzo da pagare era dover ricordare quella notte che per quattro anni si era sforzato di dimenticare.

Quindi prese un bel respiro e iniziò il suo racconto: «Erano circa le tre di notte quando venni svegliato dalle voci dei miei genitori che discutevano animatamente. Non riuscii a capire cosa si stessero dicendo, ma speravo con tutto il cuore che mia madre si fosse finalmente decisa a lasciarlo. Non ne potevo più di vederli litigare, era diventato un vero inferno. Come ti ho detto, aveva più volte alzato le mani su di lei, ed io non potevo più stare lì, sentirla urlare senza poter fare nulla». Parlava piano, e i suoi occhi divennero leggermente lucidi; chinò il capo, probabilmente per non dare a vedere alla rossa le emozioni che, in quel momento, attraversavano il suo volto.
«Così, stanco di tutto quel casino, mi alzai dal letto e scesi in cucina rimanendo, però, nascosto dietro la porta. Sentii mia madre accusare l'uomo di puzzare d'alcool in una maniera schifosa e gli disse che se non avesse smesso di alzare il gomito se ne sarebbe andata di casa, con me al seguito, quando meno se l'aspettava. Ma tutto quello che fece mio padre, fu scoppiare a ridere, e, in un nanosecondo, le sue mani erano già sul viso di mia madre riempiendola di schiaffi e cazzotti». Jason, a quel punto del racconto, si morse il labbro con una tale forza, che Sienna poté notare un piccolo rivolo di sangue fuoriuscire da lì, e pensò che, forse, sarebbe stato meglio continuare la seduta un'altra volta.
Stava per intervenire e mettere in atto il suo pensiero, ma la voce del giovane le tornò alle orecchie più decisa che mai.
«Non ci vidi più. Ormai aveva ridotto mia madre ad una pozza di sangue. L'avrebbe sicuramente uccisa se non fossi intervenuto subito».
«Quindi che cosa hai fatto?»
Il suo sguardo era fisso nel vuoto davanti a lui, ma non ci mise molto a rispondere.
«Sono entrato in cucina urlando di smetterla. Ma ovviamente quella testa di cazzo non mi ha dato ascolto e ha riso, venendo questa volta nella mia direzione», una risata amara e piena di disprezzò uscì dalla sua bocca.
«Continua», lo intimò lei.

Jason osservò la rossa prendere appunti ad ogni parola che proferiva e solo allora realizzò essere quella la prima volta in vita sua che si apriva così con qualcuno che nemmeno conosceva.

Ne rimase stupito lui stesso; quella ragazza che all'inizio considerava una ciarlatana ci sapeva fare.

Le sue mani, strette a pugno fino a pochi istanti prima, si rilassarono distendendo i palmi, e anche la sua mascella da contratta tornò normale.
«Inizialmente avevo il cuore in gola, ma appena spostai il viso verso mia madre, a terra con il viso insanguinato, presi coraggio e decisi di fargliela pagare. Non ci vidi più: nel momento in cui lui si distrasse per prendere la bottiglia che poi mi spaccò addosso, io afferrai il coltello posto nel ripiano accanto al fornello e glielo piantai nel petto».
Questa volta il suo viso era tutt'altro che scuro, anzi un ghigno di soddisfazione si formò sulle sue labbra. «Gli avrò inferto circa trenta coltellate. Ero in un film dell'orrore, capisci? Ma mi piaceva. Ero così arrabbiato che non riuscivo a smettere di colpirlo, sempre più a fondo, sempre più giù».

«Non ti sei mai pentito?»
«Se mi sono pentito?» a stento soffocò una risata. «No», rispose secco.
Si sistemò meglio sulla sedia poggiando i gomiti sulla superficie del tavolo e sporgendosi verso la giovane, «Ogni volta che mi guardo allo specchio e vedo questo -fece per indicare il suo occhio sinistro -Ricordo a me stesso di aver fatto la cosa giusta».

La ragazza guardò Jason dritto negli occhi e finalmente capì cosa si celava dietro quella cicatrice che tanto l'aveva attratta.

«Allora rossa? Ti ho spaventata?» domandò beffardo.

Sienna non riusciva a comprendere come quel ragazzo enigmatico riuscisse a trasformare in quel modo le sue emozioni. Un attimo prima era sull'orlo di una crisi di nervi e quello dopo, l'omicidio di suo padre sembrava essere stato per lui soltanto un gioco. Era un soggetto piuttosto complesso perfino per le sue competenze sulla psiche umana e, forse, era proprio per questo che, nel profondo, ne era attratta.
Jason McCann, per la ragazza, rappresentava un vero e proprio mistero da risolvere.

«E tua madre?» si azzardò a chiedere chiudendo il suo quadernino e ignorando l'inutile domanda.
Il ragazzo alzò le spalle. «Mia madre sta bene ora, almeno credo, ma non so dove sia. È stata per un po' in ospedale dopo quella notte, e quando è uscita è passata a trovarmi per dirmi che avrebbe lasciato Atlanta per sempre. Non la vedo da ormai tre anni», concluse. Nello stesso istante in cui Jason finì di parlare, la porta si spalancò, lasciando intravedere il corpo massiccio di Patrick, segno che la seduta era finita e che Jason doveva essere riportato in cella.
Era già passata un'ora e lei non se ne era nemmeno resa conto.

Redemption | Jason McCannWhere stories live. Discover now