Prologo

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Quella notte l'aria era pungente e pesante, almeno quanto il macigno che Jason portava dentro al petto.
L'unico suono udibile, mentre attraversava ansimante e a grandi falcate il bosco nella zona limitrofa della città, era quello dei suoi passi, che correndo entravano in collisione con il terriccio molle e fangoso a causa della pioggia che poche ore prima era caduta a fiumi, non facendo altro che rallentare la sua corsa verso l'ignoto.

L'ignoto.

Un groppo gli si formò in gola; tra i miliardi di pensieri che occupavano la sua testa quello era, per lui, il più spaventoso.
D'altronde, cosa c'è di più terrificante di ciò che non si conosce? La nostra esistenza è un salto nel vuoto continuo, un rischiare perenne, una perpetua incertezza.
Jason fece ciò che chiunque avrebbe fatto al posto suo: ripose tutte quelle incertezze in un angolo remoto della sua mente, deciso ad archiviarle come delle vecchie e polverose pratiche di cui nessuno voleva più sapere nulla.

L'odore di umidità e di legna, mescolato a quello fetido del sangue che ancora aveva addosso, gli entrava ormai fin sotto la pelle, penetrandogli le ossa ed invadendogli i polmoni. Ma presto avrebbe raggiunto l'uscita di quella fitta ed intricata rete di alberi -Betulle, così gli aveva detto una volta sua madre- e sarebbe stato salvo. Per lo meno, questo era ciò che il ragazzo sperava.

L'unica luce in grado di orientarlo in quel lungo tunnel buio e senza fine, era quella dei raggi lunari, i quali filtravano dall'alto del nero ed infinito cielo sopra la sua chioma dorata.
Stanco, si arrestò per riprendere fiato; i muscoli, nonostante fosse un tipo piuttosto atletico, cominciavano a bruciargli, la stanchezza si stava facendo sentire. Non aveva ancora fermato i piedi da quando era uscito, con la velocità di una gazzella, dalla casa in cui aveva vissuto per diciotto anni, ma in cui, dopo ciò che aveva commesso, mai avrebbe voluto rimettere piede.
Certo, avrebbe dovuto ricominciare da capo: stabilirsi in una nuova città, magari in un appartamento adatto ad un ragazzo della sua età, trovare un lavoro che gli permettesse di pagare le bollette, farsi degli amici e perché no, uscire con qualche bella ragazza; il tutto, ovviamente, sotto un altro nome, un'altra identità e un'altra vita.
Sì, avrebbe potuto funzionare, avrebbe dovuto funzionare; di questo si volle convincere.

Il cuore gli pulsava nel petto come un martello pneumatico in azione, come se stesse per uscirgli dalla gabbia toracica; gli occhi, di un colore ambrato così penetrante da lasciare chiunque non indifferente, erano umidi e appannati, e le labbra carnose leggermente screpolate a causa del freddo e della corsa contro vento.
"Saranno già arrivati a casa e avranno scoperto tutto" pensò, e a quel pensiero riprese a correre con le vene che ancora gli ribollivano di rabbia ed odio.

Ad ogni passo il suo cervello non faceva altro che rielaborare la scena di poco tempo prima, quasi il suo inconscio volesse obbligarlo a pentirsi delle sue azioni, tuttavia Jason mai lo avrebbe fatto. Sarebbe stato chiedere troppo.
La scarica di adrenalina che aveva provato, non avrebbe potuto dimenticarla facilmente: aveva dato una scossa a tutti i suoi sensi, facendogli provare sensazioni difficilmente spiegabili a parole.
Continuava a ripetere a se stesso di aver fatto la cosa giusta; nessuno, però, lo avrebbe più visto nello stesso modo, come quel diciottenne introverso e sensibile che tutti conoscevano. Di quel giovane ed innocente ragazzo non era rimasta più traccia. Ora, quelle stesse persone che prima provavano compassione per lui avrebbero provato un senso di repulsione nei suoi confronti, avrebbero pensato a lui come a una bestia.
Sapeva che gli altri non avrebbero capito il perché della sua scelta; era solo, solo contro il mondo intero.

Percepì le mani stranamente calde, dato il gelo che lo circondava; era il liquido scarlatto, non ancora seccato, che le rendeva tali. Il sangue ricopriva anche gran parte dei suoi vestiti ed era sicuro che anche il suo volto ne fosse macchiato. Quel volto che aveva già subito numerosi soprusi, come testimoniava la cicatrice sul suo occhio sinistro.

Jason sembrò ritrovare un briciolo di speranza, quando, una volta uscito dalla coltre di alberi e arbusti, lontano qualche centinaio di metri vide un barlume: la fioca luce di una luminaria, di un hotel, o di un ristorante, forse. La luce di una speranza.
Le sue labbra però, si incurvarono troppo presto. Infatti, dopo che il suo cuore ebbe perso un battito per la gioia, e soprattutto la certezza, di essere ormai fuori dai guai, un suono indefinito e continuo gli giunse all'udito.
Dapprima pensò ad un lupo. Sapeva che in quella zona ne erano stati avvistati tanti, soprattutto lì nel bosco; ma man mano che si avvicinò alla luce dovette ricredersi, e un macigno ancora più pesante di quello che già occupava gran parte del suo essere, lo travolse come un'ondata di acqua ghiacciata.
Quando rallentò il passo, era ormai troppo tardi: i lampeggianti rossi e blu erano già a un palmo dal suo naso bloccando ogni possibile via di fuga. Non poté far altro che arrendersi di fronte agli agenti che, scesi dalle vetture, gli puntarono addosso le loro pistole intimandogli di portare le mani in alto e in bella vista, pronti a premere il grilletto senza pensarci due volte di fronte al più benché minimo movimento del ragazzo.

Per lui non c'era più scampo.

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Spazio Autrici

Salveeee! Ebbene si, Afterthestorm93 e Melilambi hanno unito le loro idee e hanno dato vita a questa fanfiction, rigorosamente su Justin.
Che dire, speriamo che vi possa piacere e che per ora, almeno il prologo vi abbia anche in minima parte incuriosito, perchè riteniamo sia una storia originale e diversa dalle solite.
Fateci sapere cosa ne pensate, ci teniamo moltissimo! ❤

Redemption | Jason McCannDove le storie prendono vita. Scoprilo ora