diciannove: dove eravamo?

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Michael's P.O.V.

Anno 2040

Alexa e David ormai erano sdraiati sul divano. La storia era lunga, glielo avevo detto. Ma si dà il caso che era stato proprio Luke a farmi diventare quel che sono diventato e grazie a lui ho conosciuto loro padre.

"Bene, dove eravamo? Era un giorno del 2016, l'estate stava cominciando. L'odore di sudore, fogna e benzina si stava diffondendo nell'aria e io e Luke stavamo felicemente insieme. La mia vita aveva preso una svolta inaspettata."

"Perché non passi direttamente a quando hai conosciuto papà? Sembra che tu stia parlando da un anno." Alexa si lamentò. Sul suo viso c'era disperazione e il bisogno di avere dei fatti concreti.

"Tesoro, quello che ti sto raccontando è importante. Fa parte della storia."

"Almeno posso andare in bagno?" Questa volta fu David a interrompermi.

"No." Risposi seccamente. Feci un grande respiro, cercando di ritrovare la concentrazione e ripresi il mio racconto. "L'estate del 2016 è stata fantastica e terribile allo stesso tempo. Ma alla parte terribile ci arriveremo tra un po'."

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Anno 2016

L'estate era cominciata alla grande per me. Mi ero finalmente messo con Luke. Ma mentre io vivevo il momento più bello della mia vita, Ashton stava vivendo uno dei peggiori. Il suo parrucchiere aveva deciso di trasferirsi, lasciandosi travolgere dal sacro vincolo del matrimonio.

Notai che i primi trenta giorni di un inizio di un amore e della fine di un 'amore' (come si poteva chiamare quello di Ashton per il suo parrucchiere) spesso erano simili.

Si passa un sacco di tempo a letto:
Io e Luke condividevamo piacevoli momenti nel letto mentre Ashton stava lì a disperarsi finendo migliaia di pacchi di fazzoletti.

I tuoi amici non ti sopportano:
io e Luke eravamo soliti a dimostrare il nostro affetto in pubblico, cosa che trovavo alquanto irritante quando ero single. Nel frattempo Ashton continuava a raccontare sempre la stessa storia: come il parrucchiere si era lasciato trasportare via.

Infine si passa un sacco di tempo in mutande e su questo non c'è bisogno di spiegazione.

Un giorno mi incontrai al bar da solo con Luke. Lui stava servendo al bancone e io mi sedetti di fronte a lui per poter sentire cosa aveva da dirmi.

"Ashton deve smetterla. Mike, noi due ci siamo appena messi insieme, abbiamo deciso di andare per gradi eppure abbiamo già un bambino. Non sa alimentarsi da solo, piange sempre e ci tiene svegli tutta la notte." Luke stava pulendo con insistenza il bicchiere che aveva in mano, quasi come se volesse farlo sparire.

"Devi capirlo, va da quel parrucchiere da anni ed è passato solo un mese da quando se ne è andato." Portai alla bocca il bicchiere di birra e mi bagnai le labbra con la schiuma. Lui si sporse oltre il bancone e poggiò le labbra sulle mie, togliendomi la schiuma in eccesso. Sorrisi dolcemente a quel gesto e lui tornò alla pulizia dei bicchieri.

In fondo era vero. Ashton si stava comportando come un bambino. Una sera si era pure messo a dormire ai piedi del mio letto, piagnucolando tutto il tempo. Aveva bisogno di un intervento da parte nostra.

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Dopo un mese e mezzo dalla separazione del suo parrucchiere decidemmo di portarlo in un centro commerciale. Cosa c'era di meglio di un po' di shopping compulsivo? E poi magari avrebbe trovato il parrucchiere della sua vita.

Girammo per tutti i negozi di parrucchieri di quel centro commerciale, ma nessuno andava gli andava a genio. Nessuno era come il suo. Alla fine tornammo a casa con una busta piena di oggetti completamente inutili, come il pela-uva. Quale malato mentale usa il pela-uva?

Sullo schermo del suo telefono rimaneva fissa la foto del suo parrucchiere e fisso era anche il pensiero nella sua mente.

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Da qualche settimana ormai Ashton stava controllando i movimenti del suo parrucchiere attraverso la posizione del telefono. Un giorno notò che era di nuovo a New York e voleva andare da lui per potergli riferire i propri sentimenti. Ci vollero 58 giorni prima che mi facesse scoppiare.

"Ashton, così sei patetico." Dissi urlando: ormai la calma era andata a farsi un giro in Central Park. Lui si girò verso di me e mi guardò confuso. "Scusa, ma in questo momento tu non sei Ashton. Non sei che l'ombra triste e depressa di quello che un tempo era Ashton. Uno come te non ha speranze con quello là. Sai invece chi potrebbe farcela? Il vero Ashton. Inoltre, il vero Ashton non corre dietro a nessuno. Quindi, o ti riprendi o rimarrai rinchiuso in questo vincolo che si è creato."

Non funzionò il mio discorso, anche perché quella sera uscì e raggiunse il telefono, che alla fine si scoprì che era stato rubato.

67 giorni dopo, però, il miracolo avvenne. Si presentò al bar con un ragazzo: il suo nuovo parrucchiere. L'aveva conosciuto al suo posto preferito: lo strip club. In quel momento, l'Ashton felice e pieno di energie resuscitò.

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Come promesso, ecco a voi uno dei capitoli che scrissi prima della pausa. Spero di non avervi delusi.

Commentate dicendomi cosa ne pensate. Potrebbero arrivare anche gli altri!

A presto,
Francesca

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⏰ Last updated: Jul 20, 2018 ⏰

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