Daniel

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Due settimane dopo...

Mi aggiro annoiata in quella casa enorme, senza sapere bene dove andare o cosa c'è nelle stanze. Rimugino su queste giornate, passate in compagnia di me stessa. Di Argo, neppure l'ombra. Solo due o tre visite sporadiche, in cui si è limitato a cambiarsi e grugnire frasi senza senso. Inutile intavolare una discussione, ogni mio tentativo cadeva nel vuoto. Ha cambiato tattica, siamo passati dall'essere minacciata e intimorita ad essere diventata parte dell'arredamento. Come se fossi un vecchio monile, di nessun conto. Quei ricordi che si tengono su una mensola ad ammuffire, perché non si ha né tempo né voglia di sbarazzarsene. Non si è più attaccato neppure alla mia vena, evidentemente, il famiglio è ben felice di sopperire alla mia mancanza.

Arrivo ad una porta, è accostata. Infilo il capo dentro e vedo Daniel, immerso nella lettura, con un grosso tomo, rilegato in pelle, sulle ginocchia elegantemente accavallate. Entro, cercando di fare silenzio, per non disturbarlo.

Mi aggiro per gli scaffali, di quella che è la più maestosa biblioteca mai vista. Mi è sempre piaciuto leggere, qualsiasi tipo di storia andava bene, purché mi trascinasse in un altro mondo, un'altra avventura, che non fosse lo schifo della mia vita.

Il giro del mondo in 80 giorni, di Jules Verne era uno dei miei preferiti... Oppure Canto di Natale, di Charles Dickens... mi immergevo totalmente in quelle pagine, consumate, da restare fuori dal mondo per ore. Scorro, leggendo sulle costole dei libri i titoli... Orgoglio e Pregiudizio attira la mia mano.

"Lettura interessante, per una giovane fanciulla" quasi lascio cadere il libro, tant'è lo spavento. Non pensavo di aver fatto rumore, né che mi avesse notata.

"Scusa, non volevo disturbare. Mi annoiavo e cercavo qualcosa da fare. Leggere mi piace, soprattutto i grandi classici" mi schermisco, come se avessi fatto qualcosa di male. Non so', ma quel vampiro mi mette soggezione.

"E' una buona qualità, voler apprendere tramite i libri, aprono la mente. Non vergognarti di farlo" mi sta forse incoraggiando? Certo, che sono davvero strani.

Si alza, sistema i polsini della camicia e mi sorride.

"Vi sarà un tempo, per ogni cosa, mia cara fanciulla. Devi solo sapere aspettare che il frutto, sia maturo per essere colto" e sparisce come un fulmine, dalla mia vista. Di cosa, cavolo, stava parlando? Frutti maturi per essere raccolti... che si stesse riferendo al mio rapporto con Argo? Beh, non che sia un rapporto in realtà. Lui mi tiene prigioniera e mi ignora, io mi limito a vegetare, senza infastidire nessuno. E a proposito di quest'ultimo, mi rendo conto che il suo ignorarmi mi dà veramente fastidio... Preferisco le sue salaci battutine, la sua cattiveria, all'essere totalmente messa in disparte.

Mi siedo sulla poltrona, che prima era occupata da Daniel, apro il libro ed inizio a leggere...

Netherfield Park, una tenuta vicino al paesino di Meryton, è stata finalmente affittata, ma quel che conta di più è che il nuovo arrivato è un giovanotto molto ricco, e per giunta scapolo. A Longbourn, la casa dove vivono i Bennet, l'emozione è grande. Mrs. Bennet non vede l'ora di piazzare al ricco scapolo una delle sue cinque figlie, ma trova qualche resistenza nel marito, poco disposto a darsi da fare e che rifiuta di fare la necessaria visita di cortesia al nuovo arrivato. La coppia sembra piuttosto male assortita: lui un miscuglio di indolenza e sarcasmo, lei poco intelligente, sempre pronta a invocare disturbi nervosi, e soprattutto iperattiva nel cercare marito alle figlie. Ma forse, in fin dei conti, ha ragione lei.

Sono solo al primo capitolo,che chiudo con uno scatto il libro. Non riesco a concentrarmi, ho riletto 4 volte il paragrafo finale. Le parole di Daniel, mi ronzano in testa facendo ribollire una rabbia che non credevo di covare.

Mi alzo e a passo di marcia, rientro in camera. Prendo il bicchiere con cui di solito beve e lo scaglio sul muro. Il rumore di cocci in frantumi, mi fa incazzare ancora di più.

"Non ti hanno insegnato l'educazione, a quanto vedo" la sua voce, improvvisa, mi costringe a girarmi di scatto. Non gli dico nulla, troppo sorpresa dalla sua presenza.

"Non si rompono le cose degli altri, mi stupisco che nessuno si sia preso la briga di insegnartelo" è strafottente, pomposo. Per tutta risposta, prendo un altro bicchiere e glielo lancio contro, mirando alla testa. Devo fargli male, mi serve,ne ho bisogno. Voglio che si renda conto di quanto,il suo snobbarmi, mi ferisce. Ecco, sì, l'ho detto...mi ferisce!

Lo afferra al volo, contrariato da questo gesto.

"Non farlo, colpirmi non è nel tuo interesse" mi avverte, pacatamente. Deve essersi nutrito, visto il suo aspetto rilassato e il suo essere così calmo. Tutto ciò, mi manda ancor di più in bestia. Picchio il piede per terra, come le bambine capricciose.

"No certo, e allora qual è il mio interesse? Stare rinchiusa come raperonzolo, senza nulla da fare e lisciarmi i capelli, oppure essere l'oggetto del tuo scherno e della tua rabbia? No, certo, nel mio interesse c'è l'essere ignorata, neppure fossi uno scarafaggio disgustoso, mentre tu trovi il divertimento da qualche altra parte" lo aggredisco, andandogli vicina, puntandogli un dito in faccia.

"Deve arrivarti il ciclo?" risponde, stralunato.

Ed eccola, montare e gonfiarsi come una torta nel forno.

"NON MI DEVE ARRIVARE NESSUN CICLO,IDIOTA, PRESUNTUOSO! DEVI SMETTERE DI FARTI I CAZZI TUOI ED IGNORARMI!" ahhh, che bella sensazione. Adesso sono calma, mi sono sfogata... Peccato che mi stia guardando come si guardano i matti.

"Ho avuto delle cose urgenti da sbrigare. Comunque non sono tenuto a dirti come,e in cosa, occupo il mio tempo. Nonostante ciò, ero venuto per dirti che stasera usciamo. C'è un locale su Times Square, di un mio amico, ho voglia di andarci e tu verrai con me..."

Saranno gli ormoni impazziti, sarà che per la prima volta da giorni ho qualcosa da fare, morale della favola, gli salto al collo e subito dopo, mi metto a saltellare per la stanza.

"Preparati, tra un'ora voglio uscire" e senza degnarmi di uno sguardo, se ne esce dalla stanza.

Lo sento, che da fuori borbotta un 'questa è matta da legare'... rido felice, riacquistando il buonumore.

Passo in rassegna l'esiguo guardaroba scegliendo una camicetta blu notte, senza maniche, e dei jeans blu. Rimetto gli stivali senza tacco, lego i capelli e sono pronta.

Scendo l'imponente scalinata e lo trovo giù che mi aspetta, assieme a Daniel. Ha una camicia e dei pantaloni, con scarpe classiche, tutto nero ovviamente.

"Andiamo, non voglio farlo aspettare" mi prende per un braccio e mi tira, verso la macchina.

Vi entriamo e dopo esserci messi le cinture, si gira e mi parla:

"Apri bene le orecchie ed assimila ogni parola. Nel posto dove stiamo andando, gli umani non sono ben visti. Tieni la testa bassa, stammi incollata e , per nessuna ragione al mondo, non dare confidenza a nessuno. Neppure se lui, o lei, ti parla. Non fare colpi di testa e stattene buona, parla solo se sono io a farti domande e per amor del cielo, non ti mettere contro di me. Faresti una fine orrenda e tu ancora mi servi" detto ciò si volta, ignorandomi.

Vedo attraverso lo specchietto, Daniel che fa uno strano sorriso... si burla di me, sono tutti della stessa pasta.

Rimuginando su questi pensieri mi lascio trasportare,nella ferinità della notte, in luoghi che avevo giurato di non visitare più.

Continua...

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