Capitolo 19

3.3K 144 6
                                    

Kathrine
Sento un colpo, tuttavia non mi alzo per verificare visto che molto probabilmente è stato il vento, un ramo o qualcosa del genere e oltretutto sono troppo comoda per alzarmi.
Chiudo di nuovo gli occhi, sospirando mentre mi rilasso nuovamente sotto le coperte.

Colpo.

Sbuffo tirando il piumone sopra la mia testa, girandomi dall'altra parte sperando di riuscire a riaddormentarmi senza altre interruzioni.

Colpo.

Colpo.

Mi alzo snervata, pronta a fare la ramanzina a quei bambini rompipalle che la domenica mattina non hanno niente di meglio da fare che venire a rompere le ovaie alle povere ragazze innocenti.

Io innocente? Non tanto, ma questo è solo un dettaglio trascurabile.

Apro la finestra affacciandomi dal balcone, pronta a prendere a parole chiunque stesse rompendo le palle, ma rimango a bocca aperta quanto vedo Justin appoggiato ad un albero al di là della recinzione che circonda il giardino di casa mia. No, non è un ragazzino rompipalle che la domenica mattina non ha niente di meglio da fare che venire a rompere alle povere ragazze innocenti, non lo è senz'altro.

Mi mordo il labbro indecisa sul da farsi, quando il cellulare ancora nella mia tasca vibra e io lo tiro fuori.

Da:Justin
Hai impegni ora?

Mi trattengo dal sorridere o mettermi ad urlare come una ragazzina con gli ormoni in subbuglio, visto che è a pochi metri da me che mi fissa in attesa di una mia risposta.

A: justin
In teoria dovrei andare con gli altri.. sai com'è.


Rispondo spostando il peso da una gamba all'altra, con la paura che si arrabbi o qualcosa del genere.
Il fatto che invece di parlare usassimo il telefono era qualcosa di buffo e infantile, dato che avremmo potuto semplicemente comunicare a voce. Se fosse stato un mio amico qualsiasi lo avrei fatto, ma non con lui, e soprattutto non con mio fratello che sarebbe potuto arrivare da un momento all'altro cogliendomi in flagrante.



Da: Justin
E in pratica?


Rido leggendo il suo messaggio.


A: Justin
Anche in pratica.


Rispondo spostando lo sguardo su di lui, che assume un'espressione imbronciata che lo fa tanto sembrare un bambino appena sgridato dalla mamma.
Sospiro facendogli cenno di aspettare, mentre torno in camera mia.

Non mi guardo neanche allo specchio, consapevole del fatto che sono un totale disastro, prima di scendere furtivamente le scale di casa come avevo fatto poche ore prima, aprendo la porta per arrivare alla strada dove trovo Justin che mi sorride sfacciatamente.

Questo ragazzo dovrebbe essere illegale, è meraviglioso, anche meglio di un dio greco.

-Quando hai finito di spogliarmi con gli occhi fammi un fischio- dice ridendo mentre io arrossisco.
-Io non.. – farfuglio.
-Tesoro non c'è bisogno di inventare scuse, so che pensi che sia bellissimo- dice facendomi l'occhiolino.
-Viva la modestia- dico guardandolo male.
-Lo sai anche tu che è la verità- dice sorridendo.
Gli lancio un'occhiataccia.
-Allora, che vuoi?- domando.

-Nervosa, piccola? Perché se è così ci penso io a farti rilassare- mormora avvicinandosi a me.

-No, grazie.- dico sorridendogli per fargli capire che non sono arrabbiata. Mi sento solo un po' stordita e in imbarazzo.

È incredibile il modo in cui riesce a ritorcere ogni mia parola contro di me.

-ti devo fare una domanda- dice improvvisamente serio.
-Uhm...okay...dimmi- dico deglutendo, la parte seria di lui non mi piace affatto.

-ti sei pentita di tutto questo?- dice nervosamente passandosi una mano tra i capelli e avvicinandosi pericolosamente a me.
-Smettila di avvicinarti in questo modo, mi metti seriamente a disagio- dico mettendo una mano contro il suo petto e spingendolo lontano da me.

Lui si mette a ridere, anche se so che lo fa per prendermi in giro per ciò che ho detto, amo il suo sorriso non ne posso fare a meno è più forte di me...è come una droga.

-La prossima volta ti porto una mia foto, così quando non ci sono puoi rimanere ad ammirarla quanto ti pare- dice facendomi l'occhiolino e continuando a ridere mentre io lo fulmino con lo sguardo.
-Sei un coglione- rispondo arrossendo.
-Sarà, ma tu non hai risposto alla mia domanda- mi fa notare riportandomi alla realtà.
–No-dico riferendomi alla domanda di prima.
-Cosa?- chiede, sono sicura che sa di cosa sto parlando ma se lo vuole solo sentire dire.
-No...non me ne sono pentita- rispondo sbuffando.
-E'..tutto? O vuoi sapere altro- continuo.
-Mi odi ancora?- chiede guardandomi negli occhi e provocandomi mille brividi in tutto il corpo.
-No- rispondo senza pensare e lui fa un sorriso di chi la sa lunga.
-Allora è tutto- dice avvicinandosi al mio viso per poi stamparmi un bacio vicino alle mie labbra.

Lui rientra in macchina e abbassa il finestrino.
-A domani- dice mettendo in moto.

Rimango immobile sul marciapiede incapace di elaborare un pensiero con un minimo di logica e razionalità.

Mi do uno schiaffo in faccia per risvegliarmi dal mio stato di trance. Devo darmi una calmata, seriamente, è  impossibile che rimanga così coinvolta da quel ragazzo, i miei ormoni sono praticamente andati a farsi fottere nel vero senso della parola.
Rientro in casa dirigendomi nella mia camera.

Entro in bagno, mi lavo il viso e mi faccio una coda alta, tanto per sistemare i miei schifosi capelli.

E scendo al piano di sotto dove vedo parlare mio fratello con dei poliziotti...Oddio e se volessero sbattere in prigione Max, nonono spero non sia niente che riguardi la gang, se no siamo tutti fottuti.
-Salve, qual è il problema?- chiedo all'uomo in divisa davanti a me.
-Sono venuto per avvisarvi che i vostri genitori sono morti in un incidente stradale- risponde il poliziotto con calma e io in quel momento mi sento morire dentro...è vero non li sopportavo, ma non li odiavo perché senza di loro non sarei nemmeno esistita.
-Cosa?- questa è l'ultima cosa che dico prima di  vedere tutto nero.

Never Back DownDove le storie prendono vita. Scoprilo ora