31

656 45 1
                                    

Harry's pov

-"Questo va meglio?" Chiesi a Stevenson, mentre mi guardava muovendosi sulla sedia cigolante.
-"No Styles, lei non sa fare niente." Mi rispose, con un ghigno sul volto, annusando il caffè che gli avevo appena dato. Erano tre settimane che cercava di farmi dimettere di mia spontanea volontà dal mio incarico, visto che non era riuscito a farmi licenziare dai piani alti.
Mi rendeva la vita impossibile, chiedendomi cose impossibili. Era il vice, non dovevo rispondergli male, non dovevo trattarlo male, ma stava mettendo a dura prova i miei nervi e la mia pazienza. Mi chiedeva di tutto, anche di andargli a prendere il caffè, che, puntualmente, rifiutava perché troppo zuccherato, troppo tostato, troppo amaro...troppo caffè! Aveva cambiato strategia, si era evoluto. Non sapevo cosa gli fosse successo, quale fosse la causa di un cambiamento così repentino di tattica. Mi chiesi cosa avrebbe fatto se avesse scoperto di me e Louis, ma non dovevo darmi preoccupazioni in più: Stevenson era troppo occupato a tenere nascosta la sua profonda disperazione per accorgersene.
Nei giorni seguenti cadde davvero in basso: cosparse la mia poltrona di colla, chiuse i cassetti della mia scrivania, nascose varie pratiche piuttosto importanti e mi portò un caffè salato. Sosteneva che fossero stati gli altri colleghi, ma tutti gli indizi portavano ad un unico colpevole: lui. Stava davvero esagerando, così lo chiamai nel mio ufficio per fare una bella chiacchierata e chiarirci una volta per tutte.
Quando bussó, lo feci entrare, cercando di mantenere la calma e fare finta di niente.
Lo feci sedere sulla poltrona di fronte alla mia. Solo la scrivania ci separava. Ne osservai i movimenti, prima d'incominciare a parlare. Non mostrava segni di risentimento, neanche di pentimento. Aveva architettato tutto solo per farmi incazzare. Non gliel'avrei data vinta. Stava lì, seduto composto, nel suo completo firmato, con il solito sorrisino compiaciuto. Si aspettava forse un aumento? Sembrava che fosse in procinto di chiederlo lui stesso.
-"Vuole un caffè?" Chiesi, cercando di essere gentile.
-"Sì, grazie, ma me lo faccio da solo, lei è incapace di usare le macchinette." Sì, mi rispose proprio così.
-"Giusto, se si hanno troppe pretese, come lei, è meglio fare le cose da soli."
-"Se non si sa fare niente, é necessario prenderne coscienza ed abbandonare i propri incarichi, non crede?"
-"La compagnia è migliorata in questi ultimi mesi, non crede? Anzi, non ha bisogno di crederci: lo dicono i numeri." Gli sventolai davanti i rapporti scritti, guardandolo negli occhi.
-"Lei ha corrotto l'agenzia, è ovvio."
-"Io non ho corrotto nessuno, dovrebbe smetterla di cercare di farmi dimettere. Dovrebbe accettare il fatto che non abbiano scelto lei!"
-"Lei non c'entrava niente con quest'agenzia, non dovrebbe essere qui. Sono anni che lavoro per avere il suo posto ed ecco che arriva lei, un parvenù incapace e troppo giovane per dirigere un'agenzia di queste dimensioni!"
-"Quindi é questo che pensa di me. Sono troppo giovane per questo incarico? Sono incapace? Sono uno appena arrivato? Non l'ho chiesto io di essere messo qui. Le assicuro che avevo altri piani, per il mio futuro. Non so il motivo per cui mi hanno chiamato, vada a chiederlo lei, a me non interessa. Ho cercato di fare del mio meglio e i risultati non sono frutto di corruzione, ne sono più che certo."
-"Non le credo."
-"Senta... sono mesi che tanta d'infastidirmi in ogni modo, ma nelle ultime settimane é addirittura diventato infantile. Sono i ragazzini che incollano la sedia del professore! O che sigillano i cassetti! O che nascondono il registro! Dovrebbe solo scusarsi, non con me, ma con lei stesso, per esser caduto così in basso. Ho finito, può anche andare, la sua coscienza farà il resto."
Stevenson mi guardó e, per un momento, i suoi occhi mi sembrarono lucidi. Gli avevo urlato contro, ma non lo avevo minacciato, non capivo il motivo della sua tristezza inprovvisa. Mi aveva vessato in tutti i modi possibili, preso in giro, ridicolizzato di fronte a tutti, cosa stava cercando di fare? Farmi provare pietà per lui? No, non ci sarei cascato.
-"Se ne vada, per favore." Gli dissi, con fermezza. Continuò a guardarmi, poi si alzò, si avvicinó a me e mi sussurrò: -"È vero, non posso nascondere il mio astio nei suoi confronti."
-"Bene, almeno lo ammette.."
-"Forse ho esagerato."
-"Può togliere il forse. Ora.. mi dice che cosa la turba tanto?"
-"Ho dei problemi.. nella vita privata."
-"Di questo ne ero già a conoscenza. Ecco perché non le ho mai fatto un richiamo. Tuttavia non é un buon motivo per incollarmi alla sedia! Non è un buon motivo per cercare di farmi venire un esaurimento nervoso, lo sa? Se ne rende conto?"
-"Io la invidio. La odio perchè la invidio."
-"Non per questo deve rendermi la vita lavorativa un inferno. Mi promette che da ora in poi cercherà di trattarmi meglio? Non mi sembra di averla mai trattata male, nemmeno quando é stato lei ad attaccarmi."
-"Ero convinto che si potesse arrivare alla perfezione. Avevo dieci anni, quando capii che la mia vita sarebbe stata come volevo che fosse. Mi sbagliavo, mi sbagliavo eccome."
-"Potrebbe spiegarmi meglio? Non...capisco quello che sta cercando di dirmi."
In pochi istanti, Stevenson aveva gettato la maschera. Sul suo viso dimorava un'espressione triste. Stevenson era una persona profondamente segnata dalla tristezza, ed in quel momento la vedevo, in ogni ruga del suo viso, nelle labbra leggermente incurvate verso il basso, nelle guance incavate, nelle sopracciglia non troppo folte, rivolte anch'esse verso il basso, e nei suoi occhi che sembravano aver perso il colore. Non erano grigi, erano non-colorati. Riflettevano la scrivania, senza far trasparire alcun sentimento se non tristezza. Improvvisamente lo vidi per quello che era: una vittima. Non sapevo di cosa, ma ero certo che lo fosse.
Presi un respiro ed iniziai a parlare.
-"Posso...sapere cosa la turba? Posso sapere il seguito della sua storia? Sto cercando di aiutarla."
-"Non mi vuole aiutare, sta solo cercando la causa dei miei sbalzi d'umore per non arrabbiarsi con me. Dovrebbe, invece. Il mio odio nei suoi confronti è sincero quanto lo è quello nei confronti di mia moglie."
-"Sto solo cercando di capire. Non l'aiuteró, se non me lo permetterà. Non voglio impicciarmi delle sue faccende private."
-"...Volevo che tutto mi andasse bene. Volevo solo che tutto fosse perfetto. Sono uscito con il massimo dei voti da ogni scuola in cui ho messo piede. Sono sempre stato gentile con lei.. perché? Mi dice perchè? Ho bisogno di sapere dove ho sbagliato! Sono stato abituato ad avere tutto e subito, e mia moglie non... non lo so."
-"Sta parlando del suo matrimonio e lo sta mischiando ai suoi voti scolastici?"
-"Sono cresciuto in una famiglia in cui quando chiedevi qualcosa, subito te lo davano. Bisognava avere voti alti, però. Ho imparato che con i bei voti si poteva avere tutto. Con i bei voti potevi accedere alle università migliori, per avere i lavori migliori, per avere..la vita perfetta."
-"Davvero la pensa così?"
-"A venticinque anni avevo tutto quello che avrei potuto volere. Avevo la vita perfetta. Ero appena stato assunto in un'azienda, e, dopo pochi mesi, ne ero diventato il dirigente. Mi sposai con quella che é la mia attuale moglie, e credevo che tutto fosse perfetto. Credevo che sarebbe durato per tutta la vita. Forse ero solo alla ricerca del mio equilibrio. Poi, però, l'azienda é fallita, e ci siamo trovati per strada. Non ho osato chiedere ai miei niente, ho trovato lavoro qui, poco dopo. In ambito lavorativo ero soddisfatto, ma le cose non andavano bene con mia moglie."
-"Non esiste una vita perfetta, sig. Stevenson.."
-"Me lo avessero detto quando avevo dieci anni! I miei genitori mi hanno tenuto in una gabbia dorata fino ai ventisei anni. Non guardavamo il telegiornale, non vedevo bambini che soffrivano, ero convinto che tutto fosse perfetto. L'impatto con la realtà è stato devastante. Niente é perfetto, e l'ho imparato a mie spese."
-"Ma può sempre riprendersi, che cosa é successo con sua moglie?"
-"Lei non ha fatto nulla, ha smesso di piacermi. O forse non mi é nemmeno mai piaciuta.. lei é stata la prima con cui sono uscito. E l'ultima."
-"Ma.. ok, va bene, e adesso..ha dei figli? Sua moglie non si è accorta dei suoi sentimenti mutati?"
-"Ho una figlia, ha trent'anni. É grande, è adulta, e cerco di controllare anche la sua vita. Sono stato io ad obbligarla a sposarsi così presto.. ed ora è divorziata. Sono anni che non ci sentiamo più, e tra poco scapperà anche mia moglie, probabilmente. É solo questione di tempo e rimarró senza niente ancora una volta, ma sarò troppo vecchio. Ha figli, Styles? È sposato?"
-"No, non ho figli e no, non sono sposato. Perché non parla più con sua figlia?"
-"Ha divorziato. É..andata contro il volere... vado in chiesa, sa? Il pastore non apprezza.."
-"E lei non parla piú con sua figlia solo per questo?"
-"Ha anche tradito suo marito! Non l'ho educata in questo modo!"
-"E se l'avesse tradita anche suo marito? Lei non può giudicarla in questo modo."
-"Sono anziano, sa? Mi hanno educato in un certo modo.."
-"Sig. Stevenson, a che le sono serviti tutti i suoi bei voti se poi non sa usare il cervello? Mi sembra che lei segua solo quello che le dice la sua chiesa."
-"Seguo ciò che è giusto."
-"Mi dia la sua definizione di giustizia, la prego."
-"Vuole che prenda un dizionario?"
-"Voglio che ragioni. Lei crede di agire secondo giustizia, ma si dimentica di quanto quella giustizia a cui si appella sia crudele sia nei suoi confronti, sia nei confronti di sua figlia."
-"Ma cosa ne sa lei? Non è nemmeno credente.."
-"Ed é molto meglio così."
-"Lei..sta.. basta. Non parlo più con lei."
-"Questo puó procurare problemi solo a lei, io sto benissimo, è lei quello che sta piangendo." Era vero, stava piangendo.
-"Lei non puó capire."
-"Forse no, forse sì. Se non prova non lo saprà! Ci vorrebbe Louis.." Ecco, purtroppo l'avevo pensato, ma l'avevo anche detto e lui, sentendo quel nome, alzó le sopracciglia e mi guardò con aria interrogativa.
-"Chi è Louis?"
-"Uh.. un.. mio.. amico." Che amo, aggiunsi mentalmente.
-"È uno psicologo? Quanto prende all'ora? Ne ho bisogno, sto per scoppiare."
-"Non..è uno psicologo, mi dispiace. Provi a guardare su internet."
-"Cosa fa allora?"
-"Perchè le interessa? Ho solo pensato ad alta voce."
-"Anche Tomlinson si chiama Louis."
-"Ah...davvero? Non lo sapevo.."
-"Non sa i nomi dei suoi dipendenti? Dovrebbe davvero dimettersi.."
-"La smetta, non lo farò, o, se lo dovessi fare, non sarà certo sotto suo consiglio."
-"Louis Tomlinson. L'ho vista parlare con lui più che con gli altri. Siete amici?"
-"Siamo colleghi che si stanno simpatici, è forse vietato?"
-"No, non lo è. Vorrei anch'io trovare un collega che mi stia simpatico."
-"È lei che crea il vuoto intorno a sè. Tutti non la sopportano perché lei è insopportabile. Ha una mentalità chiusa, è troppo rigido e risulta inumano. Ah e... il sorriso con cui accoglie tutti la mattina è innaturale e falso. La smetta e sia più sincero."
-"Mi dice così anche mia moglie.."
-"Se è così anche a casa, non oso immaginare sua moglie quanto abbia patito la sua compagnia."
-"Styles, sta tirando fuori le unghie?"
-"Non mi farò impietosire. Lei se l'è cercata, questa situazione. Sta sera vada da sua figlia e chiarisca con lei. Poi torni a casa e chiarisca anche con sua moglie."
-"Come posso chiarire in una sera incomprensioni durate anni?"
-"Crede che sia impossibile? Ci provi, altrimenti non potrà mai saperlo."
-"Lei è pazzo, sto parlando con un pazzo."
-"Ha importanza? Non ha il cervello per valutare se ciò che le dico sia fattibile? Allora le diró la verità: se lo vuole, è possibile. Ma deve volerlo."
-"Se questa sera sarà la serata della verità, posso chiamare l'ex marito di mia moglie e dirgli cosa ne penso di lui?"
-"Direi proprio di no. Non sa cos'è successo tra loro, non sa esattamente come sono andate le cose e rischia di aggravare la situazione con sua figlia."
-"Quell'uomo era un verme, ho sicuramente ragione. Mia figlia ha dovuto lasciarlo per forza, lui non l'amava più. Mi ha sempre detto che neanche lei lo amasse più, ma non ci ho mai creduto. Lo diceva solo per parare il culo di quel verme! Aveva anche un nome da cane... quando me lo aveva presentato, gli avevo riso in faccia. Bill. Bill? Si dà un nome così al proprio animale domestico. Ed era proprio cosí, un animale domestico."
Ci misi un attimo a ricollegare la storia. Bill? Era...Bill? La sua storia era uguale!
-"Scusi..ma.. dove lavorava Bill?"
-"Che importanza ha? Quello scellerato ha lasciato un lavoro perfetto per motivi futili.. non si trovava bene con i propri colleghi. Come se ci si potesse mai trovare bene con i propri colleghi? Ah e poi...appena si sono lasciati è ritornato a lavorare dove lavorava prima. Non voleva uno stipendio più alto, era taccagno, con grande probabilità."
Corrispondeva tutto. Era lo stesso Bill collega di Henry!
-"Ok, va bene... ma sua figlia come ha reagito al divorzio?"
-"Dava a vedere a tutti che fosse contenta, ma era impossibile che lo fosse davvero. Il divorzio è sbagliato! Non si cambia idea così in fretta!"
-"E se invece anche lei avesse smesso di amarlo? Lei stesso mi ha detto che poco dopo aver sposato sua moglie si è accorto di non amarla piu!"
-"Ma io sono rimasto fedele alle promesse! Ed infatti sono trent'anni che sono ancora sposato con lei. Ci ignoriamo, se io sono in una stanza, lei va in un'altra, ma la convivenza é comunque pacifica."
-"Sa..mi devo complimentare con lei. Lei è una marmellata, come direbbe Louis. Ah sì, Louis Tomlinson, proprio lui. Lei é vittima dell'etichetta che ha voluto darsi addirittura a dieci anni. Se c'é un verme, quello é solo lei. Perché non ha le palle di cambiare la sua vita. Non ha le palle di usare il cervello. È lei l'animale domestico, anzi.. vado a prendere un collare, penso che la sua chiesa non veda l'ora di metterla in vetrina: esemplare di 'Fedele Fedelissimo'. Complimenti, lei si sta rovinando la vita da solo, con la propria cecità, la propria non volontà di usare la ragione. Apra gli occhi, sig. Stevenson: non avrà altre possibilità. Al momento é disponibile di una sola vita, e la sta sprecando in vista di...cosa? Una vita migliore dopo la morte? Non ascolti la sua chiesa, che le promette qualcosa che non può verificare, in cambio del sacrificio di qualcosa che è sicuramente verificabile. Apra gli occhi e li tenga spalancati. Vada via, le do la giornata libera. Mediti e non faccia ulteriori cazzate!"
Mi guardó con un'espressione combattuta. Stava trattenendo un sorriso, ma voleva sembrare arrabbiato.
-"Styles..lei... io.... la.. odio."
-"Non mi odia, odia il ruolo che ricopro. Lei non odia nessuno, è solo frustrato. Smetta di fare il cane che ringhia al passante davanti al suo giardino e se ne vada. Non creda che neanche io abbia problemi! Lei, peró, ha una vita da recuperare."
Stevenson mi si avvicinó, titubante. Mi guardó, ancora con gli occhi lucidi, e mi allungó la mano. Gliela strinsi, e gl'indicai la porta, per invitarlo ad andarsene.
Non lo riuscivo a sopportare, ma speravo che la nostra chiacchierata avesse sortito l'effetto sperato. Volevo che mettesse a posto la sua vita, e la smettesse di prendersela con me.

-"Louis, devo dirti una cosa.." Eravamo a casa, era sera, e dovevo assolutamente dire a Louis che la figlia di Stevenson fosse l'ex moglie di Bill. Ero curioso di sapere cos'avrebbe pensato di tutta la 'faccenda Stevenson'.
Scese le scale e mi si avvicinò, sedendosi sul divano, di fianco a me. Si giró verso di me e mi guardò con aria interrogativa.
-"Allora? Che vuoi?"
-"Oggi ho parlato con Stevenson.." E continuai, raccontandogli tutto per filo e per segno.
-"Vedi che succede a vivere in una città come la nostra? Alla fine tutti conoscono tutti, tutti sono imparentati con tutti. Non c'è via di scampo."
-"Concordo.."
-"Comunque... non credo che ad Henry freghi molto di questa storia, e dubito che alla figlia di Stevenson freghi qualcosa di quello che fa Bill. Stevenson vede in quel modo Bill perché non sa tutta la faccenda, ed il suo bigottismo non lo aiuta di certo. Sai che non l'ho mai sopportato, quindi.. non riesco a provare pietà per quell'uomo."
-"Peró.. insomma.."
-"No, Harry, a volte sei fin troppo buono. Anche se.. è stato divertente toglierti i pantaloni incollati alla sedia, con quello Stevenson ha superato sè stesso."
-"Non sto ridendo."
-"Non ti piace quando ti sfilo i pantaloni? Non hai mai fatto troppe storie.."
-"Smettila. Non è stato bello girare per tutto l'ufficio in mutande. E nemmeno in strada!"
-"Sai come la penso. Si dovrebbe esser liberi di girare come si vuole."
-"Oh.. non l'ho di certo voluto io!"
-"Ti nasconderó tutti i pantaloni che possiedi..cosí dovrai rifarlo. Magari potrei nasconderti anche le magliette, le felpe, i maglioni, le camicie... ed i boxer."
-"Girerei con un piumone addosso."
-"Potresti girare con me addosso."
-"Perché ogni cosa che dici ha un doppio senso? E questo era anche piuttosto esplicito."
-"È tardi, la giornata è stata lunga, ho fame ed ho voglia di scopare, Harry."
-"Condivido tutto tranne la voglia di scopare."
-"Non ne hai voglia?"
Alzai gli occhi.
-"Uhm... no..non tanta.."
Mi alzai dal divano e feci finta di andarmene, poi feci retromarcia in fretta e mi fiondai sopra di lui. Ne avevo voglia anch'io, eccome! Ma ero ben consapevole del fatto che se gli avessi dato tutto e subito, sarebbe finito come Stevenson. Avevo imparato qualcosa anch'io.
Mi misi a sedere sopra le sue gambe, girato verso di lui, e non feci passare molto tempo prima d'iniziare a mordergli le labbra.
-"E non ne avevi voglia...vero? Cosa mi faresti, se ne avessi voglia?"
-"Ti scoperei subito e molto, molto, molto forte."
-"Devo fartela venire, allora."
-"Uhmm come?"
-"Ci penseró mentre mangiamo."
-"Preferisci il cibo a me?"
-"Hai detto che hai fame.. e voglio che tu abbia tutte le forze necessarie..."
-"Sei.. sei.."
-"Zitto. Mangiamo."

Never be complete || LarryWhere stories live. Discover now