ℭ𝔞𝔭𝔦𝔱𝔬𝔩𝔬 47

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<<A che cosa? A giocare davvero ai giustizieri?>>

<<A non farci riconoscere, Stupida Pulce>> la corresse lui e, malgrado ciò, gli scagliai un'occhiata di avvertimento. Non me ne fregava un cazzo se vantavano una lunga amicizia. Con lei doveva moderare il tono. <<Serve forse che ti ricordi che le autostrade sono tappezzate di webcam di videosorveglianza? È impossibile rintracciare le nostre auto perché non registrate, ma non posso dire la stessa cosa delle nostre cazzo di facce.>>

<<E Matteo?>> ribatté lei.

<<Qui la sua maschera non c'è, quindi è probabile che ce l'abbia con sé. E per quanto riguarda la sua auto...Un modo lo troveremo>> sospirò infine e richiuse il bagagliaio.

<<Come sempre, d'altronde>> lo affiancò Chris. <<Non ti devi preoccupare di nulla, Erica. La sua testa sta per diventare un fottuto pallone da calcio. Te lo garantisco.>> 

Eppure, questo non rassicurò affatto la Diavolessa, che si guardava la punta delle scarpe con aria afflitta. Nel vederla in quello stato, un'ondata di odio e rabbia crebbe dentro di me a ogni secondo che passava e offuscò la mia visuale. L'avevo portata fuori per divertirsi e dimenticare quegli ultimi giorni di merda, ma ancora una volta il mio intento era andato a puttane e sempre per colpa della stessa persona.

<<Sì, sempre che Matteo non dia i numeri e non gli dia fuoco direttamente sul posto>> gli fece presente Stefano.

<<Tu dici?>>

<<Non mi dirai che ti sei scordato dell'ultima volta che->>

<<Steph, non adesso>> tagliai corto. 

Lui annuì. <<Giusto. Più tardi.>> E fu il primo a muoversi in direzione della Mustang nera uguale a quella di noi altri, che usavamo per svolgere le nostre operazioni, a eccezione di Christian, che nemmeno in quei casi decise di non correre in moto. E parlando di quest'ultimo, fu il prossimo ad andarsene, lasciando me ed Erica per un attimo a quattr'occhi.

Le presi la maschera che reggeva con dita appena tremanti e le sollevai la testa con delicatezza. I miei occhi agganciarono i suoi e non li lasciarono andare, nemmeno quando la maschera tale e quale alla mia, ma contraria nell'abbinamento dei colori, le coprì interamente il viso minuto. La osservai oltre l'ombra delle due fessure, mi immersi nel verde e nel nocciola e tra le pagliuzze ambrate delle sue iridi spente e la fitta al petto si fece stringente.

<<Avrei dovuto aspettarmelo, o quanto meno dirvelo. Non immaginavo che...>> cominciò, sollevando di poco la maschera, ma le sue parole morirono subito dopo.

<<Sì, forse avresti dovuto, ma non fartene una colpa. Non sarebbe cambiato nulla. Prima o poi sarebbe comunque capitato. Aspettavamo solo che agisse e ora l'ha fatto.>>

Erica non rispose, i suoi denti dritti e perfetti torturavano il labbro inferiore tumido dei baci che ci eravamo scambiati. In un'altra occasione lo avrei trovato dannatamente sexy, con quella maschera demoniaca che incarnava la diavolessa insita in lei, ma non in quel momento, non quando sapevo che l'ansia non era scaturita da me e quando i nostri amici stavano mettendo a rischio le loro vite.

Posai quindi una mano sulla sua guancia coperta per metà dalla plastica laccata di nero e rosso, e col pollice le impedii di indugiare ulteriormente. Lei smise e alzò di nuovo la testa, ricevendo il lieve bacio che le stampai sulla fronte.

<<Forza, andiamo adesso.>>

La sollecitai a fare il primo passo, sfiorando dolcemente la sua schiena, e lei mi seguì, prendendo poi posto sul sedile del passeggero.

𝐁𝐮𝐫𝐧𝐢𝐧𝐠 𝐇𝐞𝐚𝐫𝐭𝐬 [𝒾𝓃 𝓇ℯ𝓋𝒾𝓈𝒾ℴ𝓃ℯ✍️]Where stories live. Discover now