𝐂𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝟒𝟏 (𝐩𝐭.𝟏)

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𝐓𝐇𝐄 𝐌𝐈𝐒𝐒𝐈𝐍𝐆 𝐂𝐀𝐋𝐋

ERICA

"Dubita che le stelle siano fuoco;
dubita che il sole si muova;
dubita che la verità sia mentitrice:
ma non dubitare mai del mio amore."
WILLIAM SHAKESPEARE

Tutto è appeso a un filo: lo è il tempo, un pendolo che oscilla incessantemente; lo è l'autocontrollo e tutti i propositi correlati ad esso, tutte le motivazioni; lo sono i cuori, muscoli destinati ad andare in fiamme per una persona o per più d'una; e lo è la vita, soprattutto la vita.

Si dice che quando si è prossimi alla morte, al ricongiungimento dell'anima con l'Empireo e cazzate varie, la vita scorra davanti ai nostri occhi come una lunga pellicola cinematografica e che, insieme ai ricordi, sfilino i rimpianti, le occasioni perse, gli stralci di un film visto e vissuto, intitolato Il Passato, e altri appartenenti a uno che non avremmo mai più avuto l'occasione di seguire, Il Futuro; una sequenza di eventualità mancate, una trafila di "e se".

Ebbene, perché io non scorgevo nulla di tutto ciò? Dov'era il dolore sperimentato sulla pelle; i pochi momenti appartenenti a un'infanzia un tempo rosea trascorsa con papà, su quella spiaggia, al calar del sole, con i piedi che affondavano nella sabbia, ad ammirare l'orizzonte con un gruzzoletto di conchiglie in mano? Perché non udivo gli sbraiti della mamma o le mie stesse urla di terrore durante le percosse, o ricordavo l'odore dei biscotti appena sfornati, le risate di Gio e Giulia, che mi aiutavano in cucina, o quelle di Stella e delle ragazze con cui lavoravo al Prince? E perché mai non riuscivo a scorgere da nessuna parte un paio di occhi color zaffiro e una chioma fulgida perdersi insieme a quelle delle mie amiche? 

Giusto, perché non ero morta. 

Niente ricordi, solo grida di rabbia e di panico provenienti dalla porta. 
Niente occhi zaffiro, ma di un ambra stupefacente quanto cauterizzante; occhi capaci di trafugare nella mente e nell'anima e di arderla.

<<Ma che cazzo ti è saltato in mente!?>> berciò.  <<Avrei potuto ucciderti!>>

Era tornato in sé e respirava affannosamente. Lo avevo scrutato per tutto il tempo aspettandomi da un momento all'altro di sentire il braccio della Morte intorno alla vita e di spedirmi nell'oblio dal quale provengono tutte le creature mortali di questo mondo, grandi o piccole che siano. Ma alla fine ciò che avevo visto era stato solo un ragazzo che prendeva nuovamente coscienza di sé e assumeva il pieno controllo delle sue facoltà motorie. Aveva risospinto indietro la Bestia un attimo prima che questa trapassasse il mio cranio con un proiettile, e ora quello stesso insulso pezzo di piombo dal potere letale giaceva incastrato alla parete, accanto alla testiera del letto.

Nell'aria aleggiava l'odore dello zolfo, del terrore e della furia. Le urla non cessavano di riecheggiare, squarciando la staticità della quiete notturna e con esse i battiti reboanti del suo cuore. Era incazzato e spaventato, e io non sapevo cosa fare esattamente:
se proteggermi dalla sua ira incombente o placare la sua paura ricalcitrante, che vedevo entrambi riflessi nei suoi occhi, uniti per mezzo di un vortice impossibile da fugare.

<<Io->>

<<Aprite la porta, cazzo!>> sbraitò Matteo, la sua voce tribolata dall'ansia. Non la piantava di battere contro la porta. Mi stupivo del fatto che non l'avesse ancora buttata giù a suon di colpi. 

𝐁𝐮𝐫𝐧𝐢𝐧𝐠 𝐇𝐞𝐚𝐫𝐭𝐬 [𝒾𝓃 𝓇ℯ𝓋𝒾𝓈𝒾ℴ𝓃ℯ✍️]Where stories live. Discover now