ℭ𝔞𝔭𝔦𝔱𝔬𝔩𝔬 3 📍

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𝐁𝐈𝐓𝐂𝐇𝐄𝐒 𝐀𝐍𝐃 𝐇𝐔𝐍𝐓𝐄𝐑𝐒

ERICA

"Vivere è un'arte che assomiglia più alla lotta che alla danza, perché bisogna sempre tenersi pronti e saldi contro i colpi che ci arrivano imprevisti."
MARCO AURELIO

Ognuno di noi nasce con una maschera. È il primo vero dono che riceviamo dalla Natura, ancor prima dell'amore. Con un mesto sorriso sulle labbra, la deposita sulla culla e ci insegna a farne buon uso ai fini della propria autoconservazione. E noi la indossiamo subito. La sentiamo plasmarsi al nostro volto, determinarne i lineamenti, lo sguardo, il sorriso. La indossiamo dapprima per conquistare e preservare l'affetto genitoriale, affinché questo poi tramuti in un sostentamento ininterrotto. Poi, col passare degli anni, quando non è più necessario impegnarsi per ottenere tale affetto dai caregivers, la sostituiamo con una nuova di zecca, adatta ad affrontare, a dominare e a proteggerci dalla sfera sociale. Quindi, il nostro corpo cambia, muta la voce e il nostro raggio di osservazione si allarga. L'autoconservazione si lega ad un altro bisogno: quello di celare la propria natura e agire indisturbati. Ci creiamo un'identità e la sfruttiamo per raggiungere i nostri scopi, a prescindere da quali siano e se sono nutriti dalla malizia o dall'ambizione. O dal male. 

Jacopo Messina aveva tante identità.
Era un orfano trasferito da una famiglia affidataria all'altra.
Era uno studente presso una rinomata scuola cattolica.
Era un amante della musica.
Era una vittima imbrigliata nel retaggio di un prete che si è servito della sua vulnerabilità per deflorarne l'innocenza.
Era un'adolescente socialmente disadattato.
Era il ragazzo di Jemma Ling, dalla quale è stato poi scaricato.
Era un fattorino delle pizze.
Era un giovane che, per un periodo, ha nutrito dei seri dubbi circa il suo orientamento sessuale.
Era un usuale frequentatore di postriboli.
Era un utente di siti porno e pedo pornografici.
Era un insegnante privato di violino.
Era uno stupratore.
Era un pedofilo latente, poi un pedofilo regressivo.
Era un adescatore in ambito intra ed extra-familiare.
Era un fotografo su commissione.
Era uno scrittore.
Era un incompreso.
Era un peccatore impenitente.

È impossibile definire chi fosse davvero, scernere una maschera dall'altra. Posso solo osservarne l'evoluzione, la transitorietà e la mutevolezza della suddetta maschera. E ricordarmi che ora è morto.
Che è la mia croce.
Una croce che, sfortunatamente, debbo portare con me ancora per un po'. 

La sua intera vita è nelle mie mani, trascritta nei suoi diari, nei manuali che ha redatto nel corso degli anni, nell'elenco di video comprati e scaricati in rete, nelle fotocopie di varie chat su diversi social, criptati e non, e nei riassunti compendiosi trascritti dall'Organizzazione di hacking che Meghan mi ha successivamente fatto recapitare.
Per delle notti intere ho studiato ogni rapporto nei minimi dettagli e mi sono fatta una chiara idea sul suo profilo psicologico e criminale, ma soprattutto ho provveduto ad annotare su questi le scoperte fatte sul suo conto alla Fiera del Caos e, infine, ad indagare a fondo su quest'ultime. 

In base a quanto è stato riferito durante il raduno, Jacopo Messina avrebbe indossato i suoi abituali panni di maestro di violino e avrebbe approfittato di un ragazzo, Amedeo Carrisi, figlio di Dante Carrisi, proprietario di una rinomata rete di gioielleria italiana, e fratello minore di Michael Carrisi, un amico stretto dei Giustizieri, questa volta spingendosi oltre ai soliti scatti osé. Per mancanza di prove, ma soprattutto per non gettare una grave onta sul nome e sull'immacolata rispettabilità della famiglia, i Carrisi non hanno sporto denuncia, anche perché all'avvenuta scoperta del fatto, Jacopo Messina era stato da tempo congedato dal suo incarico - vista l'apparente mancanza di interesse del figlio a proseguire con le lezioni - scegliendo, invece, di agire diversamente. Ed è qui che entrano in scena loro, spacciando quella che è una vendetta personale per la classica commissione di giustizia demandata alla Fiera con tanto di premio in palio: una spropositata somma di denaro da parte del committente, l'accesso a ogni festa o raduno che sia organizzato dal Gruppo, l'immunità da parte dell'istituzione scolastica e poliziesca, ma soprattutto la possibilità di entrare a far parte nella cerchia ristretta di coloro che contano davvero.
Niente da ridire su questo.
Sono la prima a credere nella giustizia privata.
Se solo l'Università non mi stesse dando la caccia...

𝔇𝔢𝔳𝔦𝔩𝔦𝔰𝔥 𝔓𝔩𝔞𝔶 [𝒾𝓃 𝓇ℯ𝓋𝒾𝓈𝒾ℴ𝓃ℯ✍️]Kde žijí příběhy. Začni objevovat