𝐂𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝟏𝟖 (𝐩𝐭. 𝟏)

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𝐈𝐒 𝐓𝐇𝐀𝐓 𝐖𝐇𝐀𝐓 𝐘𝐎𝐔 𝐖𝐀𝐍𝐓?

ENRICO

"Non potevano stare insieme, non potevano stare lontani: non ci esci da quelle storie."
ALESSANDRO BARICCO

<<Non contate su di me>> annunciai.

Come ogni ultimo venerdì sera del mese mi trovavo insieme ai ragazzi a Milano per una bevuta tra amici al 1930, speakeasy estremamente esclusivo di cui eravamo membri da due anni. Per chi non sapesse come funziona la nightlife milanese, il concetto è basilare: meno persone sono in grado di entrare, più il locale è cool. Indirizzo celato, door selection, rigidi controlli si assicurano che sia sempre così e che i pochi mortali fortunati che riescono a eludere i controlli, sfruttando contatti o soldi, che si impossessano della parola d'ordine o della tessera, siano comunque esclusi dagli dèi che brindano nei loro privé. Come accedere? Devi essere scelto. Sei degno, entri. Non sei degno, non entri. Ed è ciò che ha sempre fatto del 1930 una leggenda a Milano.

<<Che cosa vuoi dire?>> domandò Matteo.

Roteai il ghiaccio all'interno del drink e lo trangugiai. Posai poi il tumbler, incontrai gli occhi scuri del mio amico che brillavano nella penombra creata dalle luci soffuse, e con tono impassibile risposi: <<Non vengo>>.

<<Non vieni al ballo? Perché?>> insistette.

<<Cos'è successo stavolta?>> seguì Stefano sorridendo sotto l'orlo del bicchiere.

Mi portai la sigaretta tra le labbra e la accesi. La scia di fumo risalì incontrando la luce dorata e aleggiò tra di noi, penetrando le nostre narici come un dolce veleno.

<<Erica non viene.>>

Avevo progettato di andare al ballo con lei. Non che mi andasse particolarmente di uscire, ma se volevo che quello stupido piano funzionasse, avremmo dovuto recitare bene la nostra parte, mostrarci al mondo come una di quelle patetiche coppiette felici e perfette. La mia vita si era ridotta a quello: a una recita. Recitavo a scuola durante le ore di teatro, recitavo nella vita reale, con la mia famiglia, talvolta con i miei amici, eccetto che con una persona: l'unica in grado di mandarmi a fanculo con gran stile.

Giunta la ricreazione, ero uscito a cercarla, scorgendola tra i tavolini all'aperto, la testa piegata sul libro di arte con un caffè a lato. L'avevo raggiunta e non appena mi ero seduto, senza nemmeno alzare gli occhi dal libro, aveva tuonato con voce bassa e dura: <<Vattene>>.

<<Dimmi solo di sì e sparisco immediatamente.>>

<<Invece ti dico di no>> aveva replicato lei.

<<Non sai nemmeno di cosa si tratta>> le avevo fatto notare.

<<Appunto, è per questo che ti dico di no. E poi, credo di sapere già quale sia questa domanda.>>

<<Vieni al ballo con me e basta, Erica>> avevo insistito con aria scocciata.

Lei era fatta così. Niente era mai semplice, il che mi andava bene, il più delle volte. Dovevamo scontrarci, mandarci a fanculo per arrivare alla fine a un verdetto.

Erica aveva mollato quello che stava facendo, mi aveva guardato e ci eravamo lanciati in un botta e risposta.

<<Ascolta, la mia vita non è un campo di fiori.>>

𝔇𝔢𝔳𝔦𝔩𝔦𝔰𝔥 𝔓𝔩𝔞𝔶 [𝒾𝓃 𝓇ℯ𝓋𝒾𝓈𝒾ℴ𝓃ℯ✍️]Where stories live. Discover now