ℭ𝔞𝔭𝔦𝔱𝔬𝔩𝔬 38

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𝐓𝐇𝐄 𝐒𝐇𝐀𝐃𝐎𝐖

ENRICO

"Non sto cercando di sfuggire alla mia oscurità.
Lì sto imparando ad amare me stesso."
RUNE  LAZULI

Basta un nonnulla per evocare i ricordi. Può essere il volto di una persona, un luogo, una canzone o, nel mio caso, un cazzo di flacone di cannabinoidi sintetici.

Zurigo, Svizzera
Tre anni fa

Quando si odono le storie degli altri, una costellazione di atroci sofferenze che giungono alle orecchie come fossero stralci di un romanzo ben congegnato da una mente altamente contorta, o come cortometraggi di un film arzigogolato, si pecca di miscredenza. Viene a mancare la fiducia nella loro veridicità e nell'eventualità che un giorno quelle disgrazie possano toccare proprio ai miscredenti.

Ed ecco che con uno schiocco di dita le atrocità subite si annullano; la malavita del Bronx diventa misero scenario di film fondati sull'opposizione tra moralità e amoralità, tra salvezza e condanna, intrattenendo le vite pacifiche e vuote di chi popola il mondo e vive bene, plasmando le idee dei ragazzini  ed edificando un ponte attraverso il quale fuggire e immergersi nella fantasia.

Ecco che io divento fonte di preoccupazione per i miei genitori, di minaccia per la polizia, una notizia in prima pagina per la Stampa, un mito per i ragazzi, un dio del sesso per le ragazze, una topica di discussione per i sopranominati miscredenti, ma soprattutto un interessante oggetto di analisi psichiatrica. 

Sono passati sei mesi da quella tragica notte.

Sei mesi che trascorro le mie giornate nell'Olimpo dei rehab, lontano da casa, dalla famiglia, dagli amici, attorniato dal lusso, immerso nei toni neutri dell'arredo della clinica, che si destreggia tra il marmo e il legno, avvolto dalle lenzuola di velluto, mentre seguo una terapia olistica e fingo di percorrere i dodici passi che promettono di condurre a un "risveglio spirituale", insieme a politici, sceicchi arabi, oligarchi russi, principesse, magnati della finanza, figli di papà e celebrità varie giunti al Samuel Hahnemann Recovery per disintossicarsi o, come nel mio caso, per superare i propri disturbi post traumatici da stress.

Ricordo ancora il pomeriggio quando, arrivato all'aeroporto, solo - giacché non volevo né la compagnia di mio padre o quella di mio nonno - un uomo in giacca e cravatta mi informa di essere il mio accompagnatore e mi fa strada verso l'esterno, dove una Bentley nera attende il mio arrivo per portarmi in una delle cliniche dal più alto grado di privacy al mondo. I veri nomi degli ospiti non compaiono mai nelle comunicazioni della compagnia, l'indirizzo dell'appartamento non è reso pubblico, la targa della limousine è irrintracciabile, le email con i clienti sono criptate e i dipendenti devono firmare un contratto di riservatezza estremamente rigoroso, preservando così l'immagine e gli affari degli ospiti, che hanno deciso di riprendere in mano la propria vita, spendendo una follia. Alcuni ci riescono, altri tentano, altri falliscono e altri ancora non hanno mai cominciato, usufruendo dei comfort della clinica semplicemente per nascondersi agli occhi del mondo o per accontentare qualcuno mentre continuano a farsi di oppiacei farmaceutici, GBL o Xanax e a scopare.
Soprattutto a scopare.
Io sono uno di questi. 

Con una sigaretta accesa tra le labbra, contemplo in assoluto silenzio il lago morenico cittadino attraverso la finestra aperta della mia piccola suite. Niente attico o stanze mastodontiche. Niente lusso frenetico. Ho richiesto una stanza semplice, cheta, lontana da quella degli altri ospiti, riducendo le possibilità di interazione, dove poter convivere in santa pace con i miei demoni. 

𝐁𝐮𝐫𝐧𝐢𝐧𝐠 𝐇𝐞𝐚𝐫𝐭𝐬 [𝒾𝓃 𝓇ℯ𝓋𝒾𝓈𝒾ℴ𝓃ℯ✍️]Where stories live. Discover now