Capitolo 12 pt. 1 - Il prezzo della gelosia

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Ryan la squadrò, e le sue labbra si piegarono in un sorriso malizioso. «Forse sono solo interessato a te, ma prïjha.»

«L'ultima cosa di cui ho bisogno ora sono le tue frecciatine, credimi.»

Ryan allungò la testa in modo provocante, come se volesse far colpo su di lei. «E di cosa hai bisogno?» ammiccò, avanzando ancora di più finché Katherine non si sentì in trappola. Poteva avvertire il puma di lui braccarla, come un cerbiatto che stava per essere sbranato. Ma lei non era un cerbiattino indifeso e questo Ryan avrebbe fatto meglio a ficcarselo in testa.

Non seppe perché non si ritrasse. Si limitò a voltarsi e affrontarlo. «In questo momento? Di restare da sola» sospirò, squadrandolo negli occhi azzurri. «E che ti comporti come un adulto, anziché come un bambino geloso del suo giocattolino.»

Ryan sorrise oziosamente, e Katherine si accorse che lo faceva cosicché lei concentrasse la sua attenzione sulla sua bocca, sulle sua labbra, sulla sua lingua. Ryan si piegò verso di lei, scostandole una ciocca dall'orecchio si avvicinò quanto bastava per farla rabbrividire al contatto con il suo respiro. «Dëcis sïn më pærum, ach ghoyd tüm cræd» disse in quello che Katherine sospettò essere lafyennese. Ormai aveva fatto l'abitudine a sentirlo, e aveva capito che Ryan lo usava quando la voleva escludere.

Katherine inarcò un sopracciglio, confusa e Ryan sorrise di fronte la confusione dipinta sul suo viso. «Ogni tanto mi dimentico che non capisci la lingua.»

«E di grazia, sareste così gentile da tradurre per una comune mortale?»

Ryan rise divertito della sua reazione e qualcosa di duro increspò i lineamenti di Katherine. «Te lo dirò quando te lo meriterai» ammiccò, prima di uscire dalla stanza.

Katherine rimase sola, la porta della stanza spalancata, inebetita per la scenetta di cui era appena stata partecipe. Per non pensarci, si buttò sotto la doccia. Se il barone Daviston non fosse tornato domattina avrebbe chiesto a Diana e Sophie di venirla a prendere per andare a scuola. Quando tornò in camera, Katherine si trovò un messaggio di Sophie.

Appena siamo arrivate a scuola Damien ci ha braccate. È in pensiero per te, dice che non gli rispondi dalla sera dell'appuntamento.

Come dargli torto, era praticamente sparita dopo il fatidico incidente e il professor Davis l'aveva segregata all'interno di Palais Daviston onde evitare che venisse attaccata una terza volta. Tuttavia, si sentiva chiusa in una gabbia, certo era immensa e aveva qualsiasi cosa volesse, ma era pur sempre una gabbia e sebbene non si aspettasse di poterlo mai pensare, le mancava stare tra i banchi di scuola.

L'unico tarlo nella mente era come affrontare Damien, l'indomani che lo avesse rivisto. Far finta di niente, ignorandolo, non era un'opzione e benché non fosse successo nulla tra loro, meritava comunque una spiegazione. Una spiegazione, che però non includesse rivelargli di Lafyen. L'avrebbe presa senz'altro per pazza.

Quando arrivò l'ora di cena, se la fece portare in camera, dopodiché chiuse la porta a chiave, controllando più di una volta che fosse effettivamente chiusa, prima di buttarsi a letto. Non avrebbe sopportato un'altra visita improvvisa, men che meno in piena notte. Era più forte di lei, chiudeva sempre tutto: porte, finestre, armadi. La sua era una vera e propria mania.

Katherine fece un gesto a Rex, e il cane salì sul letto, accucciandosi accanto a lei. La sua mano sprofondò nel pelo morbido dell'animale, mentre lo accarezzava per conciliare il sonno a entrambi. Aveva notato che da quando dormiva insieme a lui, la sua lupa fosse meno irascibile riuscendo il più delle volte a controllarla, soprattutto quando sarebbe stata soggetta a scatti di rabbia.

Al risveglio, il tempo era cambiato e ci mise un po' a rendersi conto che stava tremando. I rumori nel suo sogno erano prodotti dal vento, e a svegliarla erano stati i brividi lungo la schiena causati da una voce che le sussurrava all'orecchio: «Katherine, Katherine».

IL RISVEGLIO DELLE GUARDIANEWhere stories live. Discover now