58. Streghe

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Sapeva di brodo di pollo, anche se Beatrice sosteneva convinta che il sapore fosse di mela al forno con crema e cannella. Carlo dal canto suo non diceva nulla, ma quello che sentiva era chiaramente pane tostato al burro.

Bevevano quella brodaglia bollente ormai da giorni e ogni volta si stupivano del sapore che riuscivano a percepire. Nell'attesa che Galeno si rimettesse completamente Tucca aveva offerto loro ospitalità al villaggio. Iano con i Passanti avevano preferito accamparsi fuori in una delle loro tende, mentre Malia e i ragazzi trovarono posto nella capanna di Tucca insieme a Galeno.

Dormivano a terra, sopra le pelli di alcuni animali catturati dalle streghe, che scoprirono essere delle ottime cacciatrici. Non era il massimo come giaciglio ma almeno era caldo ed in breve tempo i loro corpi si abituarono alla scomodità di quei letti di fortuna.

Galeno aveva ripreso lentamente conoscenza e colorito e fu grato a Tucca per averlo salvato e liberato dai terribili frangiluce. I polsi gli dolevano ancora ma le bendature con l'argentelix che ogni giorno venivano sostituite con rami freschi stavano lentamente cicatrizzando le ferite, soprattutto quelle invisibili. All'inizio era Silla ad occuparsene personalmente, poi un giorno, Carlo le si avvicinò chiedendole di poterla aiutare ad eseguire la bendatura e da quel giorno divenne suo compito occuparsi delle cure di Galeno.

"Hai del talento" gli disse un giorno Galeno che riuscì finalmente a rimettersi in piedi senza che il mondo gli girasse intorno come una giostra.

"Già" sorrise Carlo, completando la fasciatura sul polso sinistro.

"Sembri nato per fare questo"

"La strega intendi?" ridacchiò Carlo.

"Non credo sia concesso ad un uomo far parte di questo villaggio" rispose Galeno guardandosi intorno.

In effetti anche Carlo aveva notato come la comunità delle streghe fosse composta unicamente da donne che fra di loro si chiamavano sorelle anche se non lo erano. Non avevano un padre né tantomeno una madre che potesse confermare la loro parentela e tutti si chiedevano come facessero a sopravvivere come comunità. Nessuna di loro aveva mai partorito un figlio o una figlia.

Galeno raccontò a Carlo di una leggenda che aveva sentito molte volte da bambino. Si diceva che le streghe ogni cinque anni, durante la luna piena di agosto, uscissero dal loro villaggio in cerca di nuove reclute. In particolare, si narrava che rapissero le bambine più belle per portarle con loro e crescerle nel villaggio.

Galeno scoprì in quei giorni che quella era solo una favola e che le streghe in realtà non avevano mai rapito nessuno. Avevano invece accolto diverse bambine abbandonate dai genitori, oppure orfane, oppure giovinette che erano scappate dalle loro famiglie perché vittime di soprusi e violenze. Perlopiù erano bambine povere anzi poverissime, che provenivano da villaggi remoti e desolati in cui lo scambio di beni era ancora legato alla moneta e dove nessuno si preoccupava di loro e del loro futuro. Molte di loro erano nate sotto una luna sfortunata e avevano occhi che non erano in grado di vedere, gambe che non camminavano, silenzi nella gola e demoni oscuri che imbrigliavano le loro menti. Erano spesso i genitori a portarle ai confini del bosco, nella speranza di dare alle loro figlie una vita migliore.

Per alcuni, essere condannati ad una vita da streghe ai margini della comunità era di gran lunga un destino peggiore che crescere in disgrazia e povertà, ma c'era chi non era d'accordo e riteneva che quella fosse una possibilità di riscatto. Certo il prezzo da pagare era alto, affidare una figlia alle streghe significava dirle addio per sempre, non avere più possibilità di vederla e sentirla, non sapere più nulla di lei e del suo avvenire. Condannarla a vivere ai margini, in un certo senso.

Saperla però costretta ad una vita di stenti e sofferenza, per alcuni sarebbe stato peggio.

Anche Tucca veniva da un poverissimo villaggio distante chilometri dalla città di Mezzanto, fu lei stessa a raccontare di come si unì spontaneamente alle streghe dopo che suo padre morì all'improvviso lasciandola orfana e senza speranze.

"Queste storie di rapimenti sono assurde, servono solo a spaventare i bambini. Mi sono sempre chiesto poi che cosa ci sia di bello nello spaventare i bambini? Non lo trovi assurdo? Orchi, lupi, streghe...perché?" osservò Carlo mentre procedeva con la bendatura.

"Credo sia un modo per metterli in guardia dai pericoli"

"Io credo sia solo un modo stupido di provocare incubi inutili... guardale dai, non mi danno l'impressione di essere persone cattive... che farebbero del male a dei bambini"

"Non ti fidare mai di quello che vedi Carlo".

Carlo ci pensò un po' su e si rese conto di quanto fosse assurda l'idea che si era costruito delle streghe fin da quando era bambino, tutti quei cappelli a punta, i porri sul naso, le risate malefiche. D'accordo, le streghe del bosco non avevano un aspetto tanto migliore, ma tutto sommato gli parevano amichevoli, cordiali e da quello che aveva sentito erano persone compassionevoli e dal cuore grande.

"Davvero pensi che abbia del talento?" chiese poi ritornando alle bendature.

"Sì e dovresti coltivarlo" rispose Galeno.

"Coltivarlo? Come?"

"Intendo dire che potresti praticare queste arti, se lo desiderassi davvero" rispose Galeno osservando la bendatura perfetta che Carlo aveva appena terminato di eseguire.

"Potresti diventare un Guaritore" disse infine infilandosi la giacca.

Carlo rimase spiazzato da quella proposta e i suoi occhi non riuscirono a nascondere l'entusiasmo che quelle parole gli provocarono.

Galeno gli sorrise e poi si diresse con cautela verso la porta d'ingresso.

"Ehi! Aspetta che vuoi fare?" chiese Carlo tornando con i piedi a terra.

"Voglio uscire da questa capanna" rispose afferrando la maniglia.

Carlo non provò nemmeno a trattenerlo e in realtà era convinto che un po' d'aria fresca gli avrebbe fatto solo bene.

Il PassanteWhere stories live. Discover now