18. Storia di Tagliavento

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Tammonio afferrò un piccolo pettirosso spelacchiato dalla gabbia e lo portò al Maestro Devidio inginocchiato accanto all'Uomo di Fiamma.

"Ecco Maestro" disse porgendogli il piccolo uccellino tremante.

Teucrò lo afferrò con le sue mani nodose e senza pensarci su lo gettò tra le fiamme, proprio in mezzo al petto dell'uomo, dove un cuore di fuoco pulsava visibilmente.

Il piccolo pettirosso svanì immediatamente inghiottito dalla fiamma verde che sembrava a tratti farsi più vivida, per poi indebolirsi di nuovo.

Il maestro Devidio afferrava a fatica alcuni ceppi di quercia che Tammonio aveva raccolto dal folto del bosco e li poneva con cura tra le fiamme, poi parlava piano, sottovoce muovendo appena le labbra rinsecchite e imponeva le sue mani sul corpo infuocato socchiudendo gli occhi.

Tammonio lo osservava con rispetto e soggezione, sapeva di trovarsi davanti al più potente stregone dei Sette Distretti, anche se ora, dopo alcuni anni di esilio, aveva più che altro l'aspetto di un vecchio malato e stanco.

Si erano visti per la prima volta molti anni prima, ma Tammonio non poteva ricordarlo perché successe quando era solo un bambino. Quella storia gliel'avevano raccontata in più di un'occasione.

Tammonio aveva circa due anni quando sua madre Marla Tagliavento si ammalò di un morbo rarissimo e tremendamente difficile da estirpare, che l'avrebbe portata a morte certa in breve tempo. Essendo una donna molto ricca e potente chiamò i migliori Guaritori in suo aiuto, ma nessuno di loro fu in grado anche solo di alleviare per poco le sue sofferenze. Tutti tranne uno, il Maestro Devidio, che giunse dalla capitale richiamato dall'estrema urgenza e in poco meno di una settimana, con gran stupore di tutti, riuscì nell'impresa di strappare alla morte la madre di Tammonio.

Nessuno seppe davvero cosa fece durante il suo breve soggiorno.

Fu dato ordine alla servitù di non avvicinarsi per nessun motivo.

Marla fu riconoscente a vita al Maestro Devidio e per sdebitarsi gli concesse di occupare un'intera ala del castello dove grazie alla protezione della potente famiglia Tagliavento poteva condurre in gran segreto esperimenti di ogni tipo, mentre la sua fama di guaritore cresceva indisturbata e insieme alla sua fama crescevano anche le voci circa la sua reputazione.

Si raccontava, in special modo fra gli accademici delle scuole di magia, che la sua arte non fosse del tutto limpida, che avesse avuto da sempre una forte attrazione per sperimentazioni oscure, illecite, pericolose. Cose che era meglio non fare. Cose che stavano a metà tra il mondo dei vivi e quello dei morti, ma nessuno era mai riuscito ad averne le prove quindi quelle voci erano rimaste per il momento relegate nell'angolo delle dicerie.

Ad ogni modo, dopo quella miracolosa guarigione Marla non fu più la stessa. Qualcosa dentro di lei si era spezzato, incrinato irrimediabilmente, come una crepa nella porcellana impossibile da nascondere e il suo sguardo divenne freddo e impenetrabile. Nel castello cominciarono ad averne timore, ne parlavano come di qualcosa che non aveva più nulla di umano, nessun sentimento, nessuna emozione, nulla.

L'anno seguente con il cuore spezzato dal non riconoscere più l'amata moglie, Neliano Tagliavento decise di lasciarla portandosi via il piccolo Tammonio che crebbe lontano da Marla, fino al raggiungimento dei sedici anni, quando decise di fare ritorno al castello di famiglia, dove sua madre lo accolse come si accoglie una notizia nefasta.

Fu in quel periodo che Tammonio ormai ragazzo conobbe il Maestro Devidio, che si trovava ormai da molti anni ospite al castello di famiglia.

Guardandolo in quel momento nella penombra, curvato a terra, piegato del tempo e dalla fatica, fiaccato nel corpo e nello spirito dopo anni di esilio, Tammonio a fatica riconosceva l'uomo forte, distinto e ambizioso che lo accolse al castello ormai vent'anni prima.

Il PassanteWhere stories live. Discover now