43. Giostre di frutta e decisioni azzardate

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Corrado e Beatrice uscirono insieme dall'atrio della scuola, si precipitarono giù dalle scale e si fermarono fuori dall'ingresso osservando la scalinata. Decine di studenti uscivano raggiungendo biciclette, motorini e autobus che li avrebbero riportati a casa per il pranzo.

"Che gli diciamo esattamente?" chiese Corrado.

"Non lo so, che potremmo studiare insieme magari?" rispose Beatrice poco convinta.

"Così dal niente, dopo tre anni e prima delle vacanze?"

"Ok, hai qualche idea migliore?"

"No".

Carlo sbucò dalla porta d'ingresso in quel momento, scese i gradini lentamente tenendo la testa bassa a guardarsi le scarpe. Si calcò il berretto nero sulla testa e si infilò i guanti.

C'era aria di neve.

"Ehi! Carlo!" urlò Beatrice, mentre lui le passava davanti proprio in quel momento.

Carlo si voltò fermandosi, stupito nel sentire il suo nome pronunciato da qualcuno che non fosse un professore.

"Come... come va?"

"Bene" rispose lui con un filo di voce.

Corrado si avvicinò con cautela perché sapeva quanto Carlo sapesse essere sfuggente.

"Stavamo pensando che magari potremmo studiare insieme un pomeriggio di questi, sei stato assente parecchio, potremmo darti una mano" disse pesando ogni parola.

Carlo li fissava come due alieni.

"Mmh, no grazie".

Stava per andarsene via quando Beatrice decise di ritentare.

"Senti, potremmo andare a farci un giretto in centro se non ti va di studiare..."

"Già non dobbiamo per forza" le andò dietro Corrado sperando di portare a casa il risultato con un colpo di fortuna.

"Perché?" chiese Carlo spiazzandoli entrambi.

Beatrice si voltò verso Corrado.

"Perché?"

"Già, perché? Perché... perché è Natale! La città è molto bella è un peccato non vedere le luci e tutto il resto".

Carlo non disse una parola, girò sui tacchi e si allontanò verso l'uscita del cortile.

Beatrice guardò Corrado e alzò gli occhi al cielo, avrebbe voluto prenderlo a pugni.

"Le luci di Natale..."

"Era un tentativo!".

Beatrice che non era il tipo che si arrendeva così al primo fallimento, decise di giocarsi il tutto per tutto; inseguì Carlo che stava per varcare il cancello d'ingresso e lo raggiunse.

"Ehi! Aspetta! Ok, la verità è che dobbiamo parlarti" disse infine.

Carlo si fermò di nuovo, incredibile come la sua espressione non tradisse la minima emozione. Eppure, qualcosa doveva provare perché la voce gli tremava.

"Parlare con me?" chiese come un soffio.

Corrado li raggiunse.

"Sì, anche la Ossolini vorrebbe parlarti".

Questa volta avevano la sua attenzione.

"Dov'è?" chiese Carlo.

"A casa mia" rispose Beatrice.

"E che ci fa a casa tua?"

"É una storia lunga, che ti riguarda".

Carlo cambiò espressione per la prima volta e aggrottò le sopracciglia scure. Stringeva ripetutamente i pugni, come se stesse cercando di schiacciare qualcosa di invisibile tra le mani.

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