15. UNO STRANO INCONTRO

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Mi svegliai, il cuore che rombava nel petto, la testa che mi girava. Buttai di lato le coperte, facendole cadere per terra. Avevo bisogno di aria, mi mancava il respiro. Non ricordavo esattamente il sogno che stavo facendo poco prima di svegliarmi. Scivolai giù dal letto e andai alla finestra, scalza, il pavimento gelido sotto i piedi. Indossavo solo una leggera camicia da notte ed ero madida di sudore. Fuori era ancora buio. Lanciai uno sguardo all'orologio. Mancavano ancora un paio d'ore all'alba. Mi passai una mano tra i capelli, tirandoli indietro. Ero stanca, avevo bisogno di riposo e di distrazione. Perché quella sensazione d'ansia? Avevo perfino evitato una sgridata più che meritata da parte dei miei genitori. Lasciai vagare il mio sguardo, mentre ripensavo a Ethan. Era stata una bellissima serata. Quando ci eravamo salutati, davanti a casa mia, avevo sperato che lui mi desse un bacio... un tenero bacio sulla guancia. Non era successo. Arrossii e fui lieta del fatto che tutto fosse avvolto dal buio.

-Sembra una fiaba-

Sobbalzai. Lauren. Non dovevo voltarmi per sapere che alle mie spalle c'era il suo spettro. Il frutto di un'allucinazione.

-Tu e lui innamorati, dopo tutti questi anni- proseguì Lauren –una bellissima fiaba-

-Non so se lui è innamorato- dissi. La mia voce riecheggiò nella camera silenziosa. Stavo diventando proprio pazza. Sospirai. E fu allora che la vidi. Una luce nella stanza di Lauren. Deglutii. Qualcuno era nuovamente entrato. Non ci pensai neppure un attimo. Mi affrettai a prendere la vestaglia e m'infilai un paio di Converse. Corsi giù, attenta a non fare rumore. A metà scala mi resi conto che avrei avuto bisogno di una prova di chi ci fosse dentro. Tornai indietro e presi il cellulare. Ridiscesi le scale, il cuore che mi batteva forte nel petto. Ero agitata, molto agitata. Avevo la nausea. Non potevo fermarmi, dovevo arrivare fino alla fine di quella vicenda.

Aprii la porta e l'aria notturna mi sfiorò il viso. Mi diressi verso la casa di Lauren. Questa volta non sarei entrata, no, mi sarei limitata a spiare dall'esterno. Meglio, sarei salita sull'albero che cresceva nel giardino e allungava i rami proprio di fronte alla finestra della mia defunta amica. Una follia, pensai tra me e me. Io avevo sempre avuto difficoltà ad arrampicarmi sugli alberi. Il modo migliore per rompermi qualcosa. Cercai di stare calma, mentre attraversavo la strada deserta. Chiunque mi avesse vista a quell'ora di notte, in vestaglia e Converse, mi avrebbe presa per un fantasma oppure per una pazza. Nessuna delle due opzioni mi rendeva particolarmente felice. Mi fermai davanti all'albero. Una volta Lauren era uscita dalla sua finestra ed era scesa dall'albero fino a terra, per riuscire a evitare una punizione. Ricordi di un'epoca spensierata in cui la massima preoccupazione era uscire di casa di nascosto. Infilai il cellulare nella tasca della vestaglia, quindi mi spinsi sulle punte e mi aggrappai ai rami più bassi dell'albero. M'issai su, attenta a non cadere, il legno ruvido che mi grattava la pelle. Strinsi i denti e prosegui. Un ramo per volta, fino a quando finalmente non fui in cima. Le scarpe scivolavano un po' sul ramo. Mi aggrappai al tronco, abbracciandolo con forza, come avrei abbracciato un amante. Come avrei abbracciato Ethan. Sorrisi.

Lanciai uno sguardo dentro la finestra. C'era davvero qualcuno che si muoveva con attenzione e frugava all'interno. Un'ombra. Il mio cuore prese a martellare più forte, dovevo sperare che non mi vedesse. Cercai di prendere il cellulare, lo avrei fotografato e se si fosse girato...

Scivolai, questa volta però non riuscii a mantenermi in equilibrio e caddi giù. Un muto grido mi uscì dalle labbra mentre precipitavo nel vuoto.  Poi successe l'impossibile.

Braccia forti mi afferrarono un attimo prima che battessi contro il duro terreno. Ethan, fu il mio primo pensiero. Restai immobile, ansante per la paura, il cuore che mi galoppava nel petto. Voltai la testa e incontrai un viso coperto da una maschera. Wolly Wood. Probabilmente stavo sognando. Tra qualche istante mi sarei svegliata nella mia stanza. Oppure mi ero rotta la testa cadendo. O ancora era un'allucinazione. Sì, perché Wolly Wood non poteva esistere. O forse sì?

-Non dovresti arrampicarti sugli alberi- la voce era strana, come se fosse modificata da qualcosa.

-Io... chi sei?- domandai. Ero tremendamente consapevole delle sue braccia che mi tenevano con forza. Troppo consapevole.

-Un amico- mi posò a terra, con attenzione.

Io mi drizzai, affondando le Converse nell'erba alta, il cuore in gola.

-Vai a casa, è tardi- continuò lui. Era alto, completamente vestito di nero.

-Sei Wolly Wood?- chiesi piano, in un soffio. Doveva essere un sogno, non poteva essere altro che un sogno.

Lui sorrise. –Potrei esserlo- e senza aggiungere una parola si voltò e corse via, nella notte. Io rimasi a osservare il suo mantello mosso dal vento fino a quando non scomparve nelle tenebre.

 

NOTE DELL'AUTRICE:

Ciao!

Cosa ne pensate di questo capitolo? E di Wolly Wood?

A presto

Nelle luminose notti d'OrienteWhere stories live. Discover now