14. FINO ALLE STELLE

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Il parco era deserto e solo la brezza notturna faceva frusciare le foglie degli alberi.

-Quanti ricordi, ci venivo sempre da bambina- avanzai, guardandomi intorno.

-Sì, ci abbiamo passato tutti l'infanzia e i primi anni dell'adolescenza- mi fece eco Ethan.

Mi avvicinai all'enorme scivolo a forma di proboscide d'elefante. -Non so quante volte l'ho usato-

-Ti piaceva lo scivolo?-

-Molto- ammisi -e poi a quale bambino non piace?- feci un mezzo giro su me stessa quindi sorrisi. -Quella è mia- mi lanciai in avanti e mi lasciai cadere sull'altalena, che scricchiolò sotto il mio peso. Ethan mi sorrise, fermo davanti a me. Quanto era bello! La pallida luce della luna illuminava il suo volto ovale. Le labbra erano carnose e rosse. Come quelle di un vampiro, mi ritrovai a pensare con un brivido. Wolly Wood, qualsiasi essere fosse. Deglutii, il cuore in gola. Afferrai le gelide catene sull'altalena e mi diedi una spinta con i piedi.

-Su fino al cielo!- esclamai.

-Fino alle stelle- mi corresse Ethan.

Sorrisi, quindi lasciai una delle catene e stesi il braccio verso il cielo stellato. -Fino alle stelle- concordai.

-Vuoi una spinta?- mi chiese Ethan.

-Perché no?-

Ethan si mise dietro di me e cominciò a spingermi, posando le mani contro la mia schiena. Lanciai un gridolino mentre venivo spinta verso l'alto. Allungai le gambe davanti a me. Il malessere arrivò all'improvviso.
Sentii la nausea soffocarmi. Il cuore aumentò i battiti, temevo un attacco. Ethan mi spinse ancora.

-Fermo- mormorai.

Ethan fu rapido. Afferrò l'altalena per le catena e la bloccò. Io scesi, il cuore che mi sfarfallava in gola. Non potevo avere un attacco in quel momento. Non prima di avergli detto tutto. Mi piegai in avanti. Tremavo, non dovevo farmi prendere dal panico.

-Vicky- mi chiamò Ethan. Percepii preoccupazione nella sua voce.

-Sto bene- mi affrettai a dire.

Sentii la sua mano posarsi sulla mia spalla. -Inspira ed espira con calma- mi sussurrò -non sai quante volte mi è venuta la nausea andando in altalena-

Non aveva compreso quindi. Sentimenti contrastanti si fecero strada in me. Da una parte ero felice che non avesse capito, dall'altro, beh, avrei dovuto dirglielo prima o poi. Probabilmente poi.

-Vuoi sederti?- continuò. La sua stretta era forte. Compresi che mi stava sostenendo, pronto a prendermi in braccio se fossi caduta. Il cuore mi si strinse in una morsa e mi sentii piccola e meschina. Avrei dovuto dirgli la verità. Ethan, a prescindere da tutto quello che si diceva in giro, meritava la verità.

-Sì, forse è meglio-

Ethan mi sostenne fino ad arrivare a una panchina. Non avevo davvero bisogno di qualcuno che mi sostenesse, ma... perdindirindina, Ethan Bryne si preoccupava per me, perché non approfittarne? Mi appoggiai perfino un po' a lui mentre camminavo.

Quando arrivammo alla panchina la nausea era praticamente passata, anche se tremavo ancora. Ethan si sedette al mio fianco. Restammo alcuni istanti in silenzio. Non sapevo cosa dirgli.

-Da bambino credevo che le stelle potessero vedere noi esseri umani- esordì Ethan.

La sua affermazione, non so perché, mi strappò un sorriso.

Lui mi strizzò l'occhio. -Almeno sono riuscito a farti sorridere!-

Avvampai e abbassai lo sguardo, fissandomi la punta delle mie scarpe. -Ehm, sì, mi hai fatta sorridere-

Nelle luminose notti d'OrienteWhere stories live. Discover now