Domenica 22 giugno 2003. parte II

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Non volle sentire storie, e anche la madre alla fine si stupì: la Mory a letto alle dieci di sera di una domenica di Giugno non si vedeva da quando le mancavano i denti davanti.

«Ma stai bene?».

«Mai stata meglio» replicò, piuttosto sicura di sé stessa.

«E vai a letto a quest'ora?».

«Si».

«Te non me la racconti giusta».

«Non c'è niente da raccontare, in questi giorni mi sembra che sia andato tutto ai diecimila all'ora, e mi è scesa la stanchezza. E voglio riposarmi».

La madre diede per persa la figlia, le mise il clima ad una temperatura accettabile e se ne andò di sotto a fare quattro chiacchiere con sua sorella e la madre della Mona. I tre figli che dormivano e lei completamente libera era un evento da festeggiare, poteva starci quasi l'apertura di una bottiglia di quelle un po' serie che la zia teneva sotto chiave.

Il fastidioso rumore della suoneria del cellulare svegliòla Mory, era tutto immerso nel buio anche se in Riviera d'estate non è mai veramente buio.

Guardò l'orario, le due e un quarto. E poi guardò chi stava chiamando.

La Mona?!

«Pronto» disse con voce impastatissima.

«Mory mi devi dare una mano ti prego dopo ti spiego sono rimasta qui e se non trovi, non so, un modo per venirmi a prendere oddio... io giuro non arrivo a casa, io muoio qui! Mory ti preeego!».

«Ma che muori? Mona, ma va in mona! Non fare scherzi idioti!».

«Non sono scherzi! Sono qui, tipo in mezzo alla statale, sono a mille chilometri da casa, Mory! Non ce la faccio, aiutami, ti prego!».

«Ma come ti... aspetta» uscì dal letto andando in terrazza, «ma come ti aiuto, santo cielo?!».

«Ti prego non hai non so, uno con uno scooter, con una vespa? Uno con la macchina?!».

«Mona, i tipi con la macchina li conosci te, e ci hai anche quasi fatto sesso. Dovrebbero venirti a prendere di corsa se li chiami».

Dopo un attimo di silenzio, la Mona sibilò un «Sei proprio stronza».

La Mory trattennne una risata ma poi sentì i singhiozzi, veri, della Mona. La questione era evidentemente seria, più del previsto.

«Ti prego aiutami, io non so tornare a casa da qui! E se non arrivo a casa, mia mamma si accorge che non ci sono e mi chiude in casa per sempre! Mi manda in un collegio svizzero! Anzi, no, in un collegio tedesco, un collegio nazista! Mory salvami ti prego!!».

Stava decisamente uscendo di testa, soprattutto perché si sentiva chiaramente come sobbalzasse tutte le volte che passava una macchina in piena velocità.

«Che palle Mona, allora, dov'è che sei più o meno? Non so, distributori, insegne, non lo so!».

«Più avanti c'è una specie di... chiusa? E poi c'è un cartello... Camping Cesenatico!».

«E vai al Camping Cesenatico!» ordinò la Mory, esasperata dall'inconcludenza dell'amica.

«Ma c'è la ferrovia! Se passa il treno muoio! No, no! Sei matta?!».

«Ma stai in campagna in mezzo alle bisce, ai canali melmosi. Vai a limonare nei campi di granturco che se passa la trebbiatrice non ti riconosce più nemmeno tua madre, e ti fai le paranoie per attraversare le ferrovie?!».

«Mory sto male! Ho paura! Non voglio farlo da sola! Non me la sento!».

L'evidente stato confusionale della Mona fece muovere finalmente la Mory, che scese di sotto nella hall silenziosa, si infilò le prime cose che trovò e prese una bicicletta della pensione, pedalando con furia verso sud, imprecando e chiedendo a tutte le persone sane se sapevano dove fosse questo camping Cesenatico.

Quas18Where stories live. Discover now