Venerdì 20 giugno 2003. parte II

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Il Seba non dovette aspettare molto per vedere arrivare la Mory, con un abbigliamento decisamente più difensivo dell'ultima volta. Non gli era piaciuto quell'atteggiamento, ma questo faceva parte di un personaggio, abituato a risolvere le dispute "amorose" con le ragazze polacche nel giro di quindici giorni, il tempo in cui le comitive rimanevano in riviera prima di ripartire per la Polonia.

"Calma Seba, non le fai schifo, tutt'altro, si è già fatta smanazzare una volta da te e senza fare molte storie, se ti fai furbo e non ti metti fretta da solo, vedrai che qualcosa porti a casa, magari non oggi, magari non domani, ma qualcosa porti a casa"

Più di altre volte, la Mory dimostrava i suoi veri anni: non aveva indugiato nel trucco, nell'acconciatura, non aveva indugiato in un bel niente. Questo non era dispiaciuto troppo a lui che comunque, con le ragazzine molto under 18 ci aveva a che fare quotidianamente e senza molte remore.

Passeggiarono un po', col Seba che all'inizio conversò forse un pelo annoiato, o ingessato, usando qualche frase fatta di troppo, poi si sciolse. Se c'era qualcosa che la Mory sapeva fare bene era parlare di sé e coinvolgere chi aveva davanti.

«Scusa se l'altra volta sono stata un po' brusca, magari ti ho dato un'impressione sbagliata di me, ma non mi piace essere messa alle strette, sono una che fa le cose d'impulso, è vero, ma mi piace mantenere il controllo su tutto».

«Hai ragione, non ti ho capito bene. Non ci siamo capiti bene a vicenda. Ed ho sbagliato a volere troppo. Sono stato un maledetto stupido frettoloso».

La Mory se la stava passando bene, tanto che quando il Seba le propose se le andava un drink, anche analcolico, in giro per i discobar attorno a viale Romagna, lei disse inaspettatamente di si.

Il Seba, dentro, fu felice: un tassellino era messo, uno scalino, piccolino, lo aveva fatto. Stava poi cambiando atteggiamento, anche se non lo avrebbe mai ammesso: passarci assieme del tempo rimaneva pur sempre un impiccio verso il suo vero scopo, ma era un impiccio piacevole, un dolce farsi sventolare la bistecca davanti al naso.

«Moraaaa! Moraaaa! Vieni su che ti affogo con questoooo!».

Il grido proveniente dalla terrazza del distributore automatico fece girare mezza Milano Marittima, Seba scoppiò in una mezza risata vedendo il tipo che indicava qualcuna di sotto, per poi portarsi le mani all'inguine.

La Mory impietrì.

Era il Fara, trattenuto da un tipo, che cercava di portarlo via dalla balaustra, e più tentava, più lui cercava di sgattaiolare, urlando riferimenti al sesso e indicando non meglio precisate tipe di sotto. Quando il suo compare riuscì ad allontanarlo dalla balaustra di almeno un metro, il Fara si liberò repentinamente, piombando sulla ringhiera per invocare del sesso orale. La foga con cui si sporse, e l'evidente stato alterato, lo fecero protendere troppo, e con una cappottata da film d'azione, si ritrovò con le gambe a penzoloni e una mano appesa alla balaustra.

L'altro tentò di tirarlo su, ma il Fara continuò a blaterare cose tipo «Se nessuna cazzo di figarina mi vuole fare un pompino allora mi butto giù!» muovendosi scoordinato.

Il capannello che si formò di sotto, non migliorò la situazione, i tipi ridevano e indicavano, le tipe guardavano con occhi impauriti la scene, finchè il giuggiolone si staccò dalla ringhiera ed al grido di «Muoio per la figa!» precipitò nell'aiuola sottostante. La Mory, preoccupata per le condizioni orribili in cui versava il Fara, lo raggiunse.

«Simo! Ma stai bene?! Sei uno straccio! Devi tranquillizzarti! Ti sei rotto qualcosa?».

«Mi fai un soffocone?» fu la risposta divertita del Fara, che poi si lagnò dei dolori per tutto il corpo. Arrivò il Biscia, che era poi il suo compare della balaustra, cercando di portarlo via adducendo alla questione dei vigili che, se continuava lo schiamazzo, sarebbero arrivati di filato e avrebbero chiesto spiegazioni.

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