Mercoledì 11 giugno 2003. Parte II

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Dopo la ramanzina della mamma per essere stata via più di un ora solo per comprare una focaccia, la giornata della Mory si spense improvvisamente, e passò lenta, sotto l'ombrellone, ad escogitare piani per un po' di libertà mentre controllava che i fratelli non mangiassero troppa sabbia o non si seppellissero vivi a vicenda.

Ma la stanchezza per la babydance fatta ai trecento all'ora, più la strada fatta per liberarsi di Seba, prevalsero portandola ad accettare la fiacchissima proposta della madre di andare in sala giochi con i marmocchi.

«Ma'! dammi dei gettoni» fu però il suo grido di battaglia appena messo piede nel locale. Erano in una di quelle sale giochi enormi, piene di videogames di tutti i generi, cabinati, aperti, multischermo. C'era l'imbarazzo della scelta.

«Che devi fare con i gettoni?» replicò la madre che deteneva, gelosamente, i cordoni della borsa.

«Mentre le bestie cercano di martellare quelle innocue marmotte, mi alleno sul Dance dance revolution, dài, per la baby dance! È lavoro anche questo!».

La mamma scoppiò letteralmente a riderle in faccia.

«Ah perché ora ti devi pure allenare?! Tieni va, almeno non ti sei lamentata» disse, allungandole una piccola pila di gettoni. La Mory li prese scuotendo la testa, dirigendosi verso il gioco, in quel momento occupato da una smorfiosetta probabilmente tredicenne, che si muoveva come se fosse attorno ad un palo della lapdance, continuando a guardare due tipi che invece non la cagavano, alle prese con uno sparatutto.

"Fessacchiotta, finchè stai zitta non ti considereranno mai"

Mentre aspettava, il telefono vibrò della tasca degli short in jeans. Sul suo Nokia 3310 apparve un irriverente "cozza": il nome con cui aveva salvato Davide, il suo pseudoragazzo. Aveva già snobbato parecchie chiamate perciò quel briciolo di etica che ancora conservava, la obbligò a rispondere per non avere paranoie.

«Ehi, ciao» gridò la Mory per sovrastante la musica dei videogiochi e le urla eccitare dei bambini.

«Ciao Mo! Che fai? Che bordello che c'è! Ma dove sei? ».

Lei odiava quando la chiamava Mo, era un diminutivo inutile che poteva essere ricollegato a qualsiasi nome. E lei non voleva essere 'qualsiasi'.

«Ti sento poco. Sono in sala giochi con i miei fratelli, ora devo attaccare, mi sto allenando per i bambini, poi ti racconto, faccio baby dance. Ti mando un messaggio domani. Ciao!» tagliò corto chiudendo la chiamata senza aspettare una risposta. Davide dall'altra parte rimase di stucco con il telefono ancora appoggiato all'orecchio.

«Bro, sei riuscito a parlare con la tipa?» chiese Alby, che dalla brevità della chiamata e dalla faccia dell'amico, intuì che non fosse andata proprio una crema.

«Eh? Si si» rispose Davide con fintissima noncuranza. Stavano bevendo le solite birre da supermercato nel Parco Pertini. Era un mercoledì sera afoso e piatto, che Davide ed i suoi amici avevano appena iniziato a trascorrere ma che sembrava destinato a non finire molto lontano da quel quadrato verde.

Davide, dopo quella brevissima telefonata, prese a rispondere distratto agli amici, era ancora scioccato da come era stato trattato al telefono dalla Mory, in mezzo a una confusione pazzesca, ed una musica da discoteca sparata a palla.

«Quindi? Che ti ha detto? Si sta divertendo?» chiesero gli amici in modo ironico. Ma Davide non ci vedeva niente da ridere.

«Si, si sta esercitando per i bambini».

«Si Bro, per me quella lì sta facendo, i bambini» gli rispose Alby ridacchiando.

«Magari tra nove mesi te lo sforna, senza nemmeno aver avuto i tuoi tre minuti di gloria» lo freddò Ivan, facendo ridere tutto il gruppetto.

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