Capitolo 41

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Bianca's Pov
Avete presente quando volete riordinare la mente da tutti i vostri pensieri? E allora fate qualcosa che pensavate non faceste da tempo, aprire una vecchia scatola bianca e ritrovarvi dei fogliettini di carta ripiegati su stessi, con una scrittura disordinata incisa sopra di essa. Con tutti i pensieri che avevate sei anni fa, quando credevate ancora nei sogni e nella speranza. Riaprire questa scatola significa capire quanti pensieri abbia ancora nella testa. Rileggere tutto quello che pensavo quando stavo male è stata una pugnalata al cuore.

Leggere tutte le cose che pensavo a quel tempo è stato come rivivere quei momenti passati su un banco di scuola, mentre la professoressa spiegava e io passavo le intere ore di scuola a fantasticare oppure a scrivere i miei pensieri su un foglio strappato da un quaderno. Scrivevo cose di qualsiasi tipo dalle lettere destinate alla mia amica immaginaria, alle frasi che mi venivano in mente in quel momento. Molto spesso li buttavo pensando che tutto quello che scrivessi non fosse reale, che intorno a me non c'erano solo persone che mi volevano male, ma anche persone che mi amavano, e altre volte le riponevo nel diario così che nessuno potesse vederli. Quando tornavo dalla scuola aprivo il mio diario trovando i fogli e poi li riponevo sulla scatola bianca che tengo in mano, mettendola nell'armadio fra i vestiti così che nessuno ne sapesse l'esistenza. Dopo che sono arrivata in America ho pensato avarie volte di liberarmene, ma non ne ho avuto il coraggio, dentro quella scatola ci sono tutti i miei errori, le mie delusioni, e le mie false speranze che mi hanno insegnato a non far più ricapitare quello che è accaduto.

In quei bigliettini ci sono tutte le emozioni che ho provato in quei tre anni. Dolore, rabbia, tristezza, illusione, se portate dentro per molto possono ucciderti e farti morire dentro. E in questo momento io sono morta dentro, anche se il mio corpo è vivo, la mia anima se né andata da troppo tempo. Guardai lo schermo dello smartphone in cui lampeggiava il nome di Logan così dopo essermi assicurata che nella mia voce non si sentisse che avessi pianto risposi.

"Logan" dissi come cenno di saluto.

"Nicole, ciao" sospirai cercando di non iniziare subito a urlarli contro.

"Logan se inizi a chiamarmi così riattacco" lo avvertì.

"D'accordo, non ti scaldare Nicole" sbuffai prendendo un respiro profondo.

"Cosa volevi dirmi?" lasciai perdere come mi avesse chiamato e li porsi la fatidica domanda.

"Non posso nemmeno sentirti?" domandò con voce ferita.

"Sì, puoi. Ma c'è sempre una ragione se mi chiami" risposi leggermente indifferente.

"Hai ragione Nicole" alzai gli occhi al cielo, ma questa volta non lo rimproverai.

Penso che più li faccio capire che mi da fastidio quando mi chiama così più continuerà a ripeterlo.

"Allora?" domandò dopo alcuni secondi di silenzio.

"Allora cosa?" chiesi non capendo volesse.

"Dove sei adesso?" sospirò cercando sicuramente di non urlarmi contro per qualsiasi ragione sia irritato.

"Perché me lo chiedi?" aggrottai la fonte confusa.

"Perché con te deve esserci sempre un perché?"  parlò con irritazione.

"E perché tu non puoi semplicemente rispondermi anziché polemizzare?" mi morsi il labbro inferiore cercando di non ridere nel mentre che immaginavo quanto si stia irritando per risponderli con una domanda anziché con una risposta.

A UN PASSO DAL FINALE PERFETTO Where stories live. Discover now