Capitolo 31

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[Dylan's POV]

Guido con una velocità folle fra le vie di Manhattan mentre il sole ancora sorge.
Ho provato a chiamare Isabelle ma non risponde al telefono.
Può essere che stia solo dormendo, ma io sto perdendo la testa a forza di arrivare da lei.

Continuo a ripetermi mentalmente di stare calmo, che è probabile che non vogliano nemmeno ferire Isabelle.
Ma non ci riesco.
Perché so perfettamente che sono bugie che mi dico solo per non esplodere del tutto.

Sento macchine che mi suonano e guidatori che mi imprecano contro ovunque, ma invece di farmi arrabbiare mi rende fiero.
Perché vuol dire che sto andando abbastanza veloce e che quindi in poco tempo sarò da lei.

In meno di quanto aspettassi, mi trovo davanti alla sua porta. Busso almeno una quindicina di volte mentre tengo anche il dito premuto sul campanello, ma nessuno apre.

Sto per buttare giù la porta con le mie stesse mani, quando finalmente sento dei passi avvicinarsi.
Lei apre e appena vedo che è illesa, faccio un respiro di sollievo.

''Cazzo, Isabelle, è successo un casino.'' ansimo io e lei scuote la testa confusa.

''Che - che succede? Mi hai fatto paura.'' si stropiccia gli occhi assonata mentre cerca disperatamente di capire il motivo del mio stato d'animo.

''C'è stato un attacco alla villa di Mary.'' affermo senza fiato e lei sbianca nel giro di pochi attimi.

''Cosa? Mary? Sta bene?'' balbetta lei in preda al panico e io annuisco velocemente per far sì che non si agiti. Almeno lei.

''Sì, lei sta bene, come anche i suoi uomini.'' mi faccio spazio e mi siedo sul divano perché mi sento come se non riuscissi a respirare.

Isabelle sta bene.
Respira.
Sono le frasi che mi ripeto all'infinito per calmarmi anche se in questo momento non hanno l'effetto desiderato.

''E quindi perché sei così agitato?'' mi chiede lei sedendosi accanto a me.

''Pensavo fossero venuti a farti del male.'' ammetto passandomi la testa fra le mani.
Lei corruccia le sopracciglia.

''A me? Cosa c'entro io?''

''Il problema è un altro, Belle. Hanno preso tutti i fogli con le nostre informazioni. Dove abitiamo, dove lavori tu, cosa facciamo. Tutti questi nostri dati.'' dico deviando lo sguardo.
Lei, tuttavia, resta ancora calma.

''Stai tranquillo, Dylan. Sapevano anche prima dove abitassi.'' cerca di rassicurarmi lei ma la verità è un'altra.

''No, non c'entra nemmeno quello. Il fatto è che ci stanno dietro seriamente. Hanno agito in questo modo solo per farcelo capire, per dirci chiaramente che ci stanno inseguendo e che non si fermeranno prima di averci fatto fuori.'' affermo tutto d'un fiato e lei sembra rabbrividire.

''Hanno tutte le informazioni di cui hanno bisogno, più di quanto potessero mai sperare di sapere su di noi.'' le spiego io e lei si mordicchia un'unghia nervosamente.

''Speravo che con questo lavoro ti fossi un po' allontanata dal mio mondo ma ora che sanno dove abiti e soprattutto che Mary ha fatto delle ricerche su di te, non è così.'' aggiungo sedendomi.

Lei prende posto accanto a me e poggiando i gomiti sulle ginocchia affonda le mani nei capelli ancora scompigliati dal sonno interrotto bruscamente.
Ha gli occhi stanchi e il viso marcato dalle rughe, provocate dalla preoccupazione e dal terrore che ci facciano del male.
E io sto solo peggio sapendo che sta così per colpa mia.

''Perché Mary ha continuato a fare delle ricerche su di noi? Insomma, credo che le abbiamo fatto capire che non siamo suoi nemici.'' domanda lei mentre io tamburello le dita sul divano, cosa che faccio sempre quando sono agitato.

''È più una cosa di routine che faceva anche il dottor Sullivan, ora che ci penso.
Le piace avere informazioni su tutto, anche sui colleghi, qualora dovesse averne bisogno. Non significa che ci percepisce come suoi nemici. Semplicemente vuole avere tutto sotto controllo per eventuali situazioni.'' le spiego io e lei annuisce seppur con un'espressione confusa dipinta sul volto.

''E cos'altro c'era, tra quei file? Oltre al mio indirizzo.'' continua a indagare lei.

''Non posso chiamare Mary e chiederglielo, perché ci rintraccerebbero. Comunque penso ci sia un po' tutto. Quello che abbiamo passato mesi fa, il centro psichiatrico, la tua università...'' ammetto tristemente e lei corruccia le sopracciglia.

''Ma come ha fatto a dirti di quello che era successo? Non ti ha chiamato pure in quel caso?'' mi domanda giustamente.

''Sì, ma mi ha chiamato al telefono di casa.
C'è un sistema operativo che permette a Ethan di cancellare le registrazioni, ma sul mio non c'è. O meglio, dovrei portare immediatamente il telefono a Ethan.'' le spiego e lei fa un cenno con la testa.

''Da quando è successo tutto, devo lavorare il doppio e devo stare attento a tutto. Non posso rischiare né di avere la polizia dietro, né tantomeno posso rischiare che le altre gang sentano le mie chiamate.'' aggiungo con un tono di voce triste e stanco.

''Pensi che verranno qui, a farmi del male?'' mi domanda lei mentre le si spezza la voce e mi costringe a pensare a cose che vorrei evitare.

''Non lo so.'' mento.
Certo che verranno qui.
Sanno che lei è il mio punto debole.
La domanda non è se, ma quando.

È solo per avere più informazioni su di lei che i Kryptonite hanno attaccato la gang di Mary.
Sanno perfettamente che lei è in grado di organizzare tutte le informazioni su una persona, ed è proprio così che si sono risparmiati il lavoro noioso però utile.

Ma il motivo vero per cui hanno compiuto questo attacco è un altro.
È per dirci: ecco, ora sapete che vi stiamo dietro. Ora ne avete la certezza.
Se sapessi come fronteggiare 6 gang, forse agirei diversamente.
Ma il problema è che non ne ho la più pallida idea.
Non mi sono mai trovato in una situazione simile, perciò non so come uscirne.

E adesso, è solo questione di tempo.
Quanto ci metteranno a realizzare che per fare del male a me devono colpire lei?
L'avranno già realizzato?
Stanno solo aspettando il momento giusto?
È uno stupido gioco di suspense, il loro?

Questo non lo so.
L'unica cosa che so è che non voglio, ma soprattutto non posso rischiare di perderla nuovamente.

''Isabelle.'' richiamo la sua attenzione, osservando il suo sguardo che fissa perdutamente il vuoto ormai da qualche minuto.

''Dimmi.'' dice lei scuotendo la testa, come se si stesse risvegliando da una trance.

''Io resto qui, con te.''

Il Tuo Punto DeboleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora