Capitolo 29

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[Dylan's POV]

Le strade di Manhattan sono affollate e il sole mi batte in fronte, ricordandomi che ormai è di nuovo praticamente estate.
Sembra strano detto da me, che di periodi pieni di pericolo e sparatorie ne ho passati tanti, ma quasi un anno fa, io e Isabelle eravamo legati a una sedia pregando di uscirne vivi.
Rabbrividisco solo pensando a Chase, agli attimi di terrore che ci ha fatto passare, quando eravamo convinti di morire in quell'edificio abbandonato.

E invece ora, con tutte le atrocità che abbiamo superato insieme, lei ancora non vuole accettare che siamo fatti l'uno per l'altra.
Non è un caso, ritrovarsi dopo mesi.
E non è nemmeno un caso che le sensazioni, nonostante il tempo che abbiamo passato separati, siano sempre le stesse.
Lei le prova solo con me e io solo con lei.
Ormai è passata già una settimana da quando l'ho vista, ma mi manca come l'aria.

Passare quei giorni sulla crociera insieme a lei, nonostante non stessimo insieme, mi ha fatto rivivere tutte le emozioni che ormai avevo dimenticato. Le uniche emozioni a farmi sentire vivo, quelle che ho provato solo con lei e che non proverò mai con nessun'altra.
Averla vicina, anche se non come avrei voluto, mi ha fatto quasi dimenticare del lavoro, dei problemi, degli scambi incerti e delle gang che ci stanno dietro.
Quando sto con lei, non sento il bisogno di nient'altro.

La cruda realtà è che adesso lei sta con quel coglione che si preoccupa solamente di cosa mangia, che passa le sue giornate a fare incontri di lavoro anche in vacanza con lei e che soprattutto la sera la lascia sola.

E se non ci fossi stato io, quella sera?
Se a ballare con lei fosse stato un altro uomo, con cattive intenzioni?
Eric cosa avrebbe fatto?
Probabilmente le avrebbe chiesto se a cena avesse toccato pane o pasta.
E la cosa mi fa imbestialire, letteralmente.

Il mio odio nei confronti di quell'uomo accresce con ogni secondo che passa, tant'è che mi convinco sempre di più di dover agire.
Prendo il telefono e noto che ho numerose chiamate perse da Jake, perciò lo richiamo subito, in preda alla paura che sia successo qualcosa.

''Dylan, quanto ti manca per tornare alla villa?'' mi domanda appena risponde.

''Devo solo portare a termine qualche commissione e arrivo. Più o meno una mezz'oretta. Perché?'' dico io mentre entro in macchina.

''Ho degli aggiornamenti di lavoro importanti di cui preferisco parlare di persona.'' afferma lui.

È da mesi che stiamo attenti a ciò che facciamo, in qualsiasi situazione.
Dopo ciò che è successo nell'ultimo anno, è possibile che la polizia ci tenga d'occhio.
Improbabile, ma possibile.
Perciò dobbiamo impegnarci nell'effettuare scambi calcolati nei minimi dettagli, lavoretti che possano passare anche per legali, contratti falsi per i nostri incassi e soprattutto...
mai parlare di lavoro al telefono.

''Va bene. Allora arrivo subito.'' attacco la telefonata e mi dirigo immediatamente alla villa, avendo già percepito il suo tono di voce preoccupato.
So che avrà solo cattive notizie da darmi, ma purtroppo negli ultimi mesi è sempre stato così.

Entro e lo trovo seduto davanti alla scrivania, con i gomiti poggiati sulle ginocchia e le dita intrecciate con le quali si tiene il viso.
È visibilmente stressato e la cosa non fa che preoccuparmi.

''Jake, che cazzo succede?'' gli domando, sedendomi accanto a lui.
Mi guarda e poi prende la parola.

''I Kryptonite si stanno avvicinando troppo velocemente e la cosa mi turba molto.
Prima erano solamente nei paraggi, mentre oggi uno dei nostri ha visto un socio di Marianne proprio qui, a Manhattan.'' afferma tutto d'un fiato e io rabbrividisco.

Sapere che i Kryptonite si avvicinano, già di per sé, costituirebbe un bel problema.
Ma il fatto è un altro: non sono soli.

''Ovviamente-'' comincio a dire ma lui mi interrompe.

''Ovviamente questo significa che non sono solo i Kryptonite. Sono tutte le gang che avevano programmato degli scambi con i Red Strangers e che quindi ora vogliono farci fuori per vendetta.'' continua e io scuoto la testa.

Sapevo che fare fuori Chase e la sua gang avrebbe eventualmente costituito questo pericolo, cioè che tutti gli altri si sarebbero vendicati, ma non avrei potuto agire in maniera diversa. Se non li avessimo fatti fuori, io e Isabelle non saremmo qui.

''Sai che significa questo, Dylan?'' mi domanda, quasi sull'orlo di una crisi di nervi.

''Significa che stanno pianificando la prima mossa per attaccarci. E questo... significa che stiamo nella merda.'' dico digrignando i denti.

''Se fossero solo i Kryptonite, per come abbiamo lavorato gli scorsi mesi, forse riusciremmo anche a vincere noi.
Ma saranno almeno cinque gang, cazzo!'' esclama lui nervosamente.

Sono a corto di parole.
Sono a corto di idee.
Sono a corto di possibili attacchi.
Ed è la prima volta che mi succede in veramente molto tempo.

''Se provassi a parlare con Marianne?'' propongo io, ma so che Jake dirà che è impossibile.

''Troppo rischioso, specialmente per come avete messo fine ai vostri rapporti.
A lei piacciono queste cose, i giochetti, gli enigmi. Ma le piace di più vincere.'' mi spiega mentre io tamburello le dita sul ginocchio.

So benissimo come è fatta e so benissimo che non ci penserebbe due volte prima di farmi fuori, per quanto io possa provare a rimediare il mio rapporto con lei. Non è un caso che sia la sua gang a portare avanti le altre contro di noi.
Ma arrabbiarmi col me del passato ora è inutile.

''Isabelle è al sicuro, secondo te?'' domando impulsivamente, perché a me in questo momento interessa di lei più di me.
È sempre stato così. E non cambierà mai.

''NO! Nessuno è al sicuro a meno che non agiamo prima di loro.'' mi urla contro alzandosi.
Sento il battito del mio cuore accelerare per l'agitazione.

''Che facciamo, Dylan, eh? Siamo noi contro cinque, o anche sei fottute gang! Cosa vuoi fare?'' mi grida contro lui, mentre io mi passo le mani fra i capelli.

Io ci rifletto per qualche secondo mentre lui respira, tentando di calmarsi, per poi risiedersi accanto a me.

''Tre uomini sempre in telecamere, guardie fuori dalla villa anche di giorno, e soprattutto noi sempre svegli.
Più che mai.'' gli dice io e lui annuisce.

''Per ora possiamo fare solo questo.'' conclude lui , dandomi ragione, e io serro i pugni.

Solo questo non basta.
Lo riconosco anche io, siamo in grave pericolo.
E io non so come uscirne fuori.
Ad ogni modo, c'è solo un pensiero che mi gira per la testa.

''So a cosa stai pensando.'' mormora Jake leggendomi nel pensiero.
È una cosa che sa fare da sempre.

''Non so come fare con lei. Quel coglione le ha fatto il lavaggio del cervello e anche se provassi a parlarle, non mi ascolterebbe. Già lo so.'' affermo rassegnato scuotendo la testa.

''E allora non le dire niente.''

Mi giro verso di lui e annuisco.
''È l'unico modo.'' gli do ragione io.

''Però voglio che la teniamo d'occhio, sempre.
Lei deve stare al sicuro. Anche più di noi.'' concludo.

Ed è quello che penso realmente.
Io mi proteggerò, ma prima di tutto, proteggerò lei.

Il Tuo Punto DeboleWhere stories live. Discover now