30 - Brillare

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Erano le tredici e mezza.

Era tutto perfetto: gli uccellini cantavano, i raggi solari riscaldavano tutta l'Isola e c'era una pace immensa attorno a Charles e la signorina Foster. I due erano fuori dalle mura dell'Istituto, vicino ad una zona di laghetti, e stavano chiacchierando amabilmente mentre si godevano la loro pausa pranzo. Avevano steso un telo per terra, dove si erano seduti ed avevano disposto il materiale per il pranzo. Oltre i panini, due bottiglie di acqua da bere ed una torta c'erano alcuni moduli dei CP di quella settimana, che la signorina Foster voleva analizzare durante quel picnic improvvisato.

La vegetazione attorno a loro ricopriva tutto ciò che si poteva vedere: alberi, fiori, piante... Erano l'unica visuale possibile. Alcune ninfee galleggiavano tranquillamente sull'acqua degli stagnetti, creando degli appoggi per gli insetti e le rane.

"Certo che è bellissimo" commentò la ragazza, indicando con un gesto distratto della mano tutto quello che le stava attorno, e Charles sorrise. La trovava estremamente bella, ma quella non era certo una novità.

"Lo so, mi dispiace di non averti portata qui prima" rispose, ma la signorina già non lo ascoltava più. Era persa nei suoi pensieri, mentre ispezionava nei minimi dettagli la cartella di un CP abbastanza interessante, a suo avviso. Si trattava di un ragazzo che aveva aggredito un uomo per strada, accoltellandolo al collo, ma che non era stato in grado di scusarsi. Aveva detto cose senza senso quando gli era stato chiesto perché lo avesse fatto, ed aveva detto che "loro" glielo avevano ordinato.

"Credo sia schizofrenico" commentò Lucy, alzando le spalle e mettendo via la cartella, per poi dare un morso al suo panino e guardare Charles.

"Come mai lo dici?" le chiese lui, sbirciando i fogli che la signorina aveva appena messo via, incontrando lo sguardo perso di un ragazzo dai capelli del color del miele.

"Non lo so" ammise allora la signorina, "ma penso che lo sia e basta." Il rosso sospirò.

Dopotutto era così, lei: se ne usciva con considerazioni causali che giustificava con un "non lo so".

Stava per dirle qualcosa, anzi iniziò anche a dirle che avrebbe dovuto prendere in considerazione anche altre opzioni quando la voce gli si bloccò in gola. La signorina si accorse di quel suo improvviso spavento, e gli chiese il motivo di tanta agitazione, ma lui non rispose. Rimase a fissarla per qualche secondo, poi deglutì rumorosamente e prese coraggio.

"Lucy..." provò a dire.

"Cosa? Dai parla Charles" lo incitò la ragazza, ed alla fine le parole gli uscirono di bocca:

"Sei luminosa, Lucy, stai brillando."

La ragazza si fissò le mani, e si rese conto che era diventata una lampadina umana. Era la prima volta che le succedeva, e ci credo bene voglio dire! Rimase qualche secondo a contemplare il proprio strato cutaneo, terrorizzata, credendo di star per morire: aveva sognato più volte di iniziare a brillare e poi dissolversi nell'aria, ma alla fine si ricordò che nei suoi sogni brillava sempre di una luce verdastra, mentre in quel momento era proprio gialla.

Dopo aver constatato di essere in salute ed ancora viva, scattò in piedi e si portò le mani agli occhi.

"Ma cosa sta succedendo..." mormorò, per poi puntare gli occhi su Charles.

"Lucy, calmati, vedrai che non è niente, dopotutto neanche tu sai tutto sul Potere, no?" la signorina spalancò gli occhi. Era vero, lei non sapeva tutto, ma forse...

Senza fornire spiegazioni al povero Charles, la guaritrice si concentrò e prese il volo come faceva Sol, per poi fiondarsi dentro le mura dell'Istituto e planare davanti all'entrata. Di Dickens non c'era traccia, e sembrava che nessuno si fosse accorto del suo arrivo, così Lucy tornò a camminare ed andò a passo spedito fino alla cella del ragazzo.

Entrò come se niente fosse.

Sol era steso sul suo letto che guardava il soffitto. Aveva l'aria stanca e spossata, ed il fatto che non riuscisse ad usare il Potere non aiutava certo. Ormai erano giorni che non sapeva niente della signorina, e non sapeva niente neanche di quella sera in cui aveva cenato con il Consiglio delle Isole. Si ricordava solo di essere andato da Charles prima della cena, mentre tutto quello che era successo dalla sua doccia in poi gli era un mistero.

Era lì, come tutti i giorni, che si chiedeva come mai i suoi poteri sembravano spariti nel nulla, ma scattò in piedi non appena la vide entrare. Voleva dire qualcosa, ma Lucy fu più veloce.

"Cosa hai fatto?" gli chiese, dura, sorridendo. Aveva gli occhi gelidi, eppure il volto presentava un sorriso a trentadue denti. Nemmeno lei se lo sapeva spiegare, ma le veniva naturale sorridere in quella situazione. Ma cosa stava succedendo?

Il ragazzo si risedette e la guardò.

"Io?" chiese, confuso, e la ragazza sbuffò sonoramente.

"Sì, tu, razza di imbecille che non sei altro. Cos'è? Ti mancavo? Ti sei stancato di chiamarmi d'urgenza e così hai deciso di mandarmi messaggi luminosi? Come mai ora sono una cazzo di lampadina!?" A quel punto Sol fece una faccia ancora più confusa, e si indicò da solo.

"Ma ci vedi? Anche io splendo." rispose, e la signorina Foster se ne accorse solo in quel momento.

"Embèh? Cosa hai fatto per farci brillare così? Cos'è una specie di ritrovamento visivo?" Sol si alzò in piedi e fece un passo verso la ragazza.

"Non ho fatto niente, Lucy, non so cosa sia successo ma non ho fatto niente. Sono giorni che non riesco ad usare il Potere: da quando mi sono svegliato l'ultima volta nel tuo appartamento. Mi ha portato qui Charles, non mi ricordo un fico secco di quello che è successo ed ho vomitato due volte al giorno minimo per i successivi quattro giorni! Ho provato a leggere Dickens, ho provato a leggere Charles, ho provato ad alzarmi in volo e non ci riesco! Non riesco a fare niente, e poi ti presenti qui tu senza fornirmi mezza spiegazione e mi chiedi pure cosa ho fatto! Leggimi Lucy, leggimi coraggio: io non so cosa stia succedendo."

La signorina Foster fece un passo indietro.

Cosa voleva dire? In che senso, Sol non riusciva più ad usare il Potere? E perché non glielo aveva detto? Perché ora brillavano entrambi? Perché non riusciva a smettere di sorridere nonostante le lacrime le rigassero il volto?

Era stanca, voleva smetterla, voleva solo andare a dormire. Dal corridoio provenivano le voci di Nathan ed Amos, che stavano andando in giardino scortati da una guardia, ma la signorina non era felice per quello. Non c'era motivo di essere felici, ed allora perché non riusciva ad essere arrabbiata?

"Sol cosa stai dicendo..." mormorò, e lui non rispose.

I suoi capelli color girasole erano lunghi sulla testa, gli occhi azzurri e luminosi parevano tristi. Se soltanto Lucy avesse teso la mano, in quel momento, avrebbe potuto quasi sentirla quell'aura di tristezza e rassegnazione che lo circondava.

"Non so cosa sia successo, Lucia" disse lui, a bassa voce, guardandosi i piedi "ma temo di non avere più Potere dentro di me."

Per un attimo, la signorina pensò di rispondergli, ma non lo fece. Un pensiero le attraversò la mente, e lei lo disse a voce seppur non volendolo: "Heiji."

"Chi?" le chiese Sol, confuso, e lei scosse il capo.

"Non lo so..."

SMILE Where stories live. Discover now