Prologo

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"Signore, è arrivata."

Il dottor Dickens alzò lo sguardo dai moduli che stava compilando, e guardò l'infermiere che era venuto a chiamarlo. Un ragazzino alto, sui diciotto anni e senza nessun titolo di studio. Ultima classe frequentata: terza media. I capelli rossi e ricci gli contornavano il viso, e gli occhi neri erano pieni d'ansia.

"Le ho detto più volte di bussare, Charles, non me lo faccia ripetere un'altra volta" commentò freddamente l'uomo, e si alzò dalla scrivania.

Il dottore era un uomo sulla quarantina, calvo, alto e muscoloso. Sembrava più un pugile alla fine della sua carriera che un dottore formato, vedendolo non si sarebbe detto che lavorava all'ICP.

Si incamminò a passo spedito verso la porta d'ingresso dell'enorme edificio, con Charles che gli trotterellava dietro, facendo uscire dalla sua bocca un fiume di parole:

"Sa, dottore, dicono che è una guaritrice esperta. Ha già ridotto drasticamente il numero dei pazienti di altri cinque Istituti! Mi pare incredibile che sia venuta qui, la aspettavamo tutti con ansia e..." La voce del ragazzo si fermò di colpo, quando il dottor Dickens alzò la mano in segno di silenzio.

La porta venne aperta, ed i due dottori si fermarono sulla soglia dell'ICP. L'enorme Istituto alle loro spalle, che si presentava come un gigantesco pezzo di cemento con delle finestrelle - per la maggior parte sbarrate - ad intervalli di tre metri l'una dall'altra. Metteva un senso di oppressione ai due, nonostante ci fossero abituati, mentre guardavano una macchina nera fermarsi sul ghiaiato davanti a loro: i pannelli solari erano spalancati, ed i finestrini oscurati.

Charles iniziò a tremare nervosamente, e guardò l'uomo al suo fianco per avere un po' di supporto, ma quello era impassibile come al solito.

Dietro i due, erano arrivati anche altri infermieri e dottori, per godersi la scena dell'arrivo della famosa guaritrice. La macchina ora era ferma, stava ritirando i pannelli solari, ma le portiere non sembravano volersi aprire. Il dottor Dickens sbuffò, ed iniziò a tamburellare nervosamente le dita sulla coscia, aspettando che la donna uscisse dal veicolo. Con quelle nuove tecnologie ad energia solare tutto era molto più lento, ed a lui non piaceva affatto aspettare. Tuttavia, era cosciente del fatto che, in quel mondo dopo la Catastrofe, fosse impossibile fare altrimenti.

Poi, le portiere si aprirono, e sotto gli occhi esterrefatti di tutti uscì una ragazzina sui sedici anni dal lato passeggeri. I capelli mori raccolti in una treccia disordinata, che le cadeva morbida sulla spalla destra. Gli occhiali tondi messi storti sul nasino arrossato, la sciarpa a coprirle buona parte del viso e gli occhi lucidi. Alta non più di un metro e cinquanta, la ragazzina camminò fino a davanti il dottore guardandosi i piedi. L'uomo le dedicò un'occhiata severa, gli occhi iniettati di sangue, e si voltò verso Charles.

"Portala dentro" disse, gelido, e tornò all'interno dell' ICP senza rivolgere neanche uno sguardo alla nuova arrivata.

Charles si guardò attorno nervoso.

"Mi vuole seguire dentro, signorina?" chiese alla ragazzina davanti a lui, che semplicemente annuì, e sotto gli occhi stupiti di tutti lo seguì senza fiatare all'interno dell'enorme edificio.

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