11 - Memorie

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La signorina Foster si sedette sul letto, e guardò il corpo del rosso vicino a sé. Era ancora profondamente addormentato, così la ragazza si alzò senza fare rumore ed andò in salotto.

La finestra, le permetteva di avere una meravigliosa vista su tutta l'Isola: l'Istituto era in cima ad un colle, e la sua finestra dava proprio sull'esterno.

Gli edifici, resi così piccoli dalla prospettiva, le suscitavano una specie di compassione. Lei era lì, con un bellissimo quanto ingenuo ragazzo riccio, un lavoro e dei pazienti di cui prendersi cura. A sedici anni aveva una casa, un'assicurazione medica, un posto fisso, mentre le persone che stavano lì sotto per la maggior parte delle volte non sapevano cosa sarebbe successo l'indomani.

Le dita della signorina, andarono istintivamente a toccare un ciondolo che teneva appeso al collo: si trattava di una piccola catenella d'argento, con una foglia d'acero dello stesso materiale come ciondolo. Non era nulla di particolare, solo uno dei regali dei tanti PP che aveva aiutato...

E allora perché ora i suoi occhi erano pieni di lacrime? Perché non riusciva a frenarle, perché non riusciva a smettere di toccare quella piccola foglia? Perché le dita le tremavano, e le labbra semiaperte emettevano un flebile lamento? Perché quella collanina era al suo collo, e non con tutti gli altri regali dei PP? Perché? Perché ora i suoi occhi erano rossi, ed il solito sorriso che aveva sulle labbra era svanito?

Forse le memorie di un tempo passato, invasero la sua mente in modo prepotente, senza chiedere il permesso o bussare. Forse un passato che aveva cercato di seppellire stava riemergendo, ma perché proprio in quel momento? Aveva una vita perfetta, stupenda, aiutava le persone come aveva sempre voluto fare, aveva una persona che le interessava e che l'aveva baciata solo poche ore prima. Aveva tutto, aveva una casa, aveva l'indipendenza che aveva sempre cercato prima della Catastrofe.

E allora, cosa mancava?

Forse, proprio in quel momento, dentro di lei qualcosa si era appena risvegliato: il ricordo di due occhi color ambra e trentadue denti bianchi come il latte. Forse una risata, o un piccolo fiore che cadeva lentamente dall'ultimo piano di un edificio altissimo. Forse dei capelli castani, che risplendevano alla luce delle stelle, e forse il desiderio di stare a guardarli per sempre. Forse, semplicemente la necessità di intrappolare quel luccichio, per vederlo ancora ed ancora.

Forse, la coscienza che quel luccichio si era spento per sempre.

E le lacrime scesero incessanti per tanti minuti, mentre il respiro della signorina appannava il vetro della finestra e la pioggia scrosciava a ritmo con il suo cuore. Ed allora, la mano che stringeva la collanina fu l'unica cosa che rimase immobile: il corpicino esile della guaritrice si accartocciò a terra, mentre l'immagine di una figura che cadeva, lentamente, invadeva la sua mente.

"Non è giusto, non è giusto, io l'avevo seppellito, non può tornare così fuori" eppure stava riemergendo, quell'immagine straziante di un corpo alto e muscoloso, che seguiva quel piccolo fiore nella sua eterna caduta. Che sorrideva, mentre la sua schiena si avvicinava lentamente ad una strada asfaltata, ed i suoi occhi si chiudevano mentre il cemento si avvicinava.

E poi, un mare rosso sangue.

La piccola Lucy Foster si portò il gioiello alle labbra, e ci lasciò un bacio sopra, per poi infilarla nuovamente sotto la maglietta.

La pioggia scendeva, e mentre lei cadeva verso il pavimento, le memorie scendevano nel profondo del cuore di una piccola figura seduta sul parquet di un'appartamento.

Il suono del respiro di Charles nell'altra stanza, le gocce di pioggia che cadevano incessantemente fuori dall'edificio, e gli occhi che ancora sfornavano litri e litri di acqua salata.

SMILE Where stories live. Discover now