17.Mostrami come fare.

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Mi sono vista in lacrime un mucchio di volte.
A prescindere da quello che può pensare la gente so di essere una donna forte.
Avrei dovuto aspettarmi questo lieto fine.
Eppure non prevedevo una Meave in una fontana di lacrime.
È davvero troppo da accettare, ma sopravviverò.
Come d'altronde da quando sono nata.
Ce l'ho fatta quando è morta mia nonna.
Quando i miei genitori si sono separati.
Ogni volta che guardo un film in cui c'è un animale in difficoltà.
O come quella volta che mi sono addormentata durante l'esame di storia del secondo anno.
Oppure quando ho bevuto troppo ed ero convinta che fosse la pioggia a farmi piangere.
E sia che si tratti di motivi legittimi o assurdi, faccio sempre la stessa cosa: lascio che le lacrime mi inzuppino fornendomi un'ampia scorta di fazzoletti in cui piangere.
Quella strana sensazione nel petto c'è sempre anche se stavolta si accompagna a qualcos'altro.

Delusione.

Tutte le altre volte, le mie lacrime erano fuori dal mio controllo.
Non potevo impedire che mia nonna morisse, né di avere quella reazione sulla pioggia che mi bagnava il viso o i miei genitori non si lasciassero.
È vero, sono furente, ma non per aver perso Lance, ma più che altro per il non rispetto che ha avuto nei miei confronti.

Per tutto il tragitto ho preferito rintanarmi nel mio posto preferito: i miei pensieri.
Ho tamburellato le unghie sul mio ginocchio.
Ho chiuso gli occhi un attimo e mi sono abbandonata al soffio d'aria calda del riscaldamento della macchina.
Una volta a casa, mi sono piantata fissa sul divano in posizione fetale.
Le mie lacrime non sono intenzionate a smettere.

Che poi, perché sto piangendo?
Non merita nulla.

Credo di averlo fatto per un lungo tempo o almeno è quella la sensazione che ho provato quando finalmente sembravano essere sul punto di placarsi.
Perlopiù me ne sono stata chiusa a riccio a singhiozzare.
Io almeno sono stata corretta con lui, se non calcolo la bizzarra amicizia che ho instaurato con suo padre.

A proposito di lui.

Doug è stato attento a lasciarmi i miei spazi anche se non mi ha mai persa di vista.
Si è seduto all'altro capo del divano, stando ben attento a non urtarmi, con lo sguardo fisso in avanti ad ascoltare i miei piagnucoli mischiati con i singhiozzi.
Ogni tanto apriva la bocca per provare a dire qualcosa, ma la richiudeva l'attimo dopo.
Mi è sembrato provato anche lui.
Poi si è mosso dalla sua postazione, ha schiodato lo sguardo fisso dal muro di fronte, alzandosi in piedi.

«V-vai... vai v-via?», farfuglio tirando su con il naso.

La mia voce e stridula come se avessi ingoiato un fischietto.
Doug si volta insicuro se abbia parlano o meno.

«Umh, si, solo per qualche minuto, perché?» mormora responsabile guardandomi per qualche secondo.

Inaspettato, si abbassa piantandomi un bacio spontaneo sul lato della testa, mentre mi limito a guardarlo con occhi gonfi e arrossati.

«Ti sto rovinando la serata» frigno e prontamente Doug mi dà un pizzicotto su un ginocchio. Sussulto sul posto e mormoro un "Ahia" sottovoce.

«Perché lo hai fatto?!»

«Perché dici un mucchio di stronzate»

«Ma è vero...» pronuncio con voce lamentosa.

«...non costringermi a fare una regola che ti vieta di fare l'idiota» mi sorride teneramente, riprendendo la questione regole che avevamo stabilito all'inizio. Mi sembra che sia passata una vita da quando l'ho incontrato e chi l'avrebbe detto che poi mi sarei trovata in lacrime sul suo divano.

«Non mi piace quando fai le regole» borbotto rivolgendogli a stento un sorriso sentendo la rabbia di prima, sfumare via quando noto il suo.

«Smettila, torno subito», enuncia strizzando ancora un ginocchio.

Lo Strano Québec.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora