14.Festival Delle Promesse.

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Nella stanza cala il silenzio, Lance continua a scrutarci in attesa di una risposta.
Douglas fa qualche passo per allontanarsi da me, passandosi la mano tra i capelli.
Nessuno apre bocca e decido di farmi coraggio e alzare gli occhi.

Lance è ubriaco.
Nessuno osa replicare.

«Ehi», dice il padre, con un tono sospettoso.
Mi passo la lingua sulle labbra secche, cercando di riprendere il respiro.

«Co... cosa... sono quei musi luuunghi?» la voce di Lance non è più scossa, anzi, è quasi divertita.
Piega la testa e sembra sul punto di mettersi a ballare dalla felicità.
Doug guarda suo figlio perplesso quando gli rivolge un mezzo sorriso negli occhi per poi raggiungermi e prendermi tra le sue braccia.
Sono sconvolta non aspettandomi una reazione simile.

«Ti sei ubriacato anche stasera?» domanda Doug raddrizzando la schiena e portandosi le mani conserte.
La sua accusa è talmente tagliente che con le mani poggiate sul torace di Lance mi discosto per guardarlo meglio.
Se ho capito un minimo come è fatto, sta cercando di trattenersi in una sfuriata.
Non è più l'uomo delle ultime ore.
Non c'è più traccia di spensieratezza, sembra riaver acquisito la sua armatura fredda e professionale.
Se non avessi esagerato prima, non mi sentirei così a disagio.

È stato un errore.
È vero.
Eppure, ne mia madre, mio padre, Hyd, gli amici di Lance, Lance... nessuno mi ha fatto sentire così tremendamente viva come mi fa sentire lui.
Mi travolgono mille sensazioni diverse, mi scorrono in testa così tanti scenari.
Se non avessi questa malsana capacità di affezionarmi alle persone sbagliate a quest'ora non ci sarebbe nulla di cui preoccuparsi.

Che Lance abbia capito tutto quanto?

Lui non mi guarda, ma io lo fisso lo stesso.
Il pensiero che si sia nascosto ad ascoltare quello che ci siamo detti io e suo padre, o che ci abbia visto addormentati abbracciati, mi procura una fitta che serpeggia dolorosamente dentro di me.

Con aria distratta mi tolgo i capelli dagli occhi, sfiorando la fronte mentre li sistemo dietro l'orecchio.
Lance incrocia il mio sguardo studiando il mio distacco.
Il mio cuore si ferma un attimo.
Respiro un po' più veloce.
Mi passo la mano sul viso provando a cancellare la vergogna.
Forse è solo che non ho altre alternative.
Prima di farmi travolgere da altre mille paranoie però un particolare mi salta all'occhio.
Lance è ferito.
Gli vado incontro, alzo la mano che sfiora appena il suo labbro.

«Come te lo sei fatto?» prendo parola con voce bassa quasi inesistente.

Sento le sopracciglia inarcate, come se fossi molto arrabbiata.
Lo prendo per il mento, sollevandogli la faccia tanto da riuscire a vedere il labbro spaccato e la mascella gonfia.
Ma lui scuote subito la testa, come a sgombrare la mente.
Sul suo labbro spaccato c'è del sangue seccato su cui già si sta formando una crosticina.

«Niente, è colpa di un cliente stronzo. Ha detto che la settimana scorsa me ne sono andato dopo aver fatto metà lavoro» rivela in modo facile come se mi avesse appena raccontato il finale di un film.

«È vero?» interviene il padre senza darmi il tempo di aggiungere altro.

L'occhiata severa che gli ha lanciato risponde alla domanda.
Tolgo le mani dal viso come se mi avesse scottata e Lance non mi presta più ascolto.

«Vado a prenderti del ghiaccio» dico io sperando di trovare un escamotage per prendere distanza.

Una volta in cucina a pochi metri dai due, i miei polmoni tornano a svuotarsi e a riempirsi in modo naturale.
Non ricordo neanche quando ho iniziato a trattenere il respiro.
Getto qualche manciata di cubetti in un sacchetto di plastica.
Glielo premo delicatamente contro la bocca.

Lo Strano Québec.Where stories live. Discover now