39. Sof: La caduta

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A.a.: Avvertenze! Capitolo moooolto lungo.

«Lucas» disse l'uomo albino avanzando verso di noi. Nox non si muoveva. «Mr. Steel... Cosa ci fa qui?» chiesi avanzando di un passo. Ma l'uomo continuava a tenere i suoi gelidi occhi sul ragazzo alle mie spalle. «Sono qui a fare le veci di Mr. Barker. Si è lasciato condurre da Michael McEwan nei vari Rifugi sparsi per gli Stati Uniti» spiegò l'uomo senza guardarmi tenendo la schiena dritta, il mento alto e le braccia allacciate dietro la schiena. Steel avanzò e mi superò senza troppe cerimonie, ponendosi poi di fronte a Nox. Nox era poco più alto di Steel e teneva lo sguardo basso. Con una mano teneva i lembi della giacca della guardia stretti e l'altra mano era appoggiata mollemente al fianco. La posizione di Nox non tradiva nemmeno ansia e timore che aveva dimostrato quando l'uomo era sceso dall'elicottero. Era come se avesse indossato una maschera. Anche il volto, era perfettamente rilassato anche se il suo sguardo era basso e i ricci neri gli coprivano gli occhi. «Lucas...» l'uomo alzò una mano verso il volto del figlio. «Ti sbagli» disse Nox alzando lo sguardo e fissando il padre negli occhi gelidi. Argento e oro si incontrarono. «Io mi chiamo Nox» disse senza nemmeno vacillare. «Credi che non sappia riconoscere mio figlio?» chiese Steel con un sussurro. «Tuo figlio è morto» disse Nox. La mano ancora alzata di Steel scattò in avanti e colpì il volto del ragazzo. La testa saettò di lato e lui rimase in quella posizione mentre dalla mia gola sfuggì un urletto. «Ma è impazzito?!» esclamò James allontanando Steel e frapponendosi tra l'amico e l'uomo. «Scansati James Sharp. Non sono affari tuoi» disse rigido. Non me lo sarei mai aspettata da Steel. Mi era sempre sembrato un uomo a posto, anche se rigido e freddo. Non avrei mai immaginato che avrebbe alzato le mani sul figlio che credeva morto, sul figlio che non vedeva da almeno dieci anni. «Se si tratta dei miei amici sono affari miei eccome!» esclamò James fulminando l'uomo con lo sguardo, tenendo una mano dietro di sè come a fare da scudo all'amico, che non si era più mosso dopo il colpo. Steel fece un passo avanti, facendomi rabbrividire. La situazione stava degenerando e io non sapevo cosa fare. James era già sul piede di guerra, ma venne bloccato. Nox gli afferrò il braccio facendo voltare il suo amico alla ricerca di spiegazioni. Il volto di James diceva "fammelo prendere a calci!". Nox si pose di nuovo di fronte al padre. «Non sono tuo figlio.» disse risoluto. «Non so chi tu sia e tu non sai chi sono io. Non abbiamo alcun legame.» chiarì. «Cosa ti fa pensare di poter riconoscerlo a prima vista dieci anni dopo? Tu che non l'hai mai guardato?» riprese calmo ed inespressivo. «Sei uguale ad Amity» disse inaspettatamente l'uomo albino. Sentivo una leggera dolcezza nel suo tono di voce, una dolcezza che non avrei mai pensato potesse uscire dalle sue labbra. «Ti sbagli» replicò semplicemente Nox con una freddezza che non si addiceva ai suoi caldi occhi. Si voltò e avanzò a passo sicuro verso la Base. James fissò Steel per un breve istante e seguì l'amico, cosa che feci anche io, affrettandomi a raggiungere i due ragazzi.
Ci fecero entrare in silenzio e sentimmo le guardie accogliere il loro vice capo. Scortammo Nox fino alla camera nella quale era ricoverato dove lui si buttò sul letto e si coprì con la coperta fin sopra la testa, rannicchiandosi in un fagotto. James rimase appoggiato sulla soglia della porta, in silenzio. «Resto» disse improvvisamente Nox «Resto finché non mi riprendo.» disse. «Resti finché sarà tutto finito» replicò James. «Resti per Max, per Zach, per Opal, per me.» continuò James sicuro. Nox non ripose. Rimase infagottato nel suo bozzolo di coperte. «Mi tocca» disse dopo un lungo silenzio.

Steel aveva preso le redini della Base ed era troppo occupato per poter dar fastidio a Nox. Avevo condiviso il mio piano con tutte le persone di cui mi fidavo. Jo, che si era dimostrata particolarmente entusiasta ed orgogliosa di me. Aiden che aveva acconsentito a raccogliere le informazioni più difficili. Era stato facile convincerlo. Dopo che eravamo tornati dalla stanza di Nox per andare verso quella di Max, spiegai il mio piano ad Aiden che mi guardava con espressione particolarmente seria, quasi temetti che mi avrebbe negato il suo aiuto. «È una cosa grande» disse pensieroso «E... Sbagliata.» tentennò «Se non vuoi posso capire!» mi affrettai a dire «Solo... Potresti non dirlo a nessuno?» chiesi «Certo che voglio.» disse senza badare allo sguardo di James «Non mi aspettavo che avresti accettato. Tu. Fedele animale della B.L.C. che trasgredisci alla tua e tanto amate regole per fare un'insurrezione?» intervenne James con il suo solito tono da stronzo. «Lo faccio per Sof» disse tranquillamente prima di voltarsi verso di me. «Puoi fidarti» disse sorridendomi.
Avevo reso partecipi anche Seth, Coral ed Eli. Seth non aveva avuto alcuna reazione. Si limitò a dire «Beh, era ora». Coral mi aveva guardata con occhi pieni di ammirazione ed aveva esclamato eccitata che sarebbe stata dalla mia parte in qualsiasi caso, cosa che aveva fatto scappare una risata ad Eli che mi disse che si fidava di me. Ovviamente anche i Gemelli vennero a sapere dei piani. Zach aveva già subito l'amputazione e stava attendendo che il suo nuovo braccio venisse terminato. Opal era sempre al suo fianco, facendogli da braccio sinistro. Rimanevano rilegati nella zona di riabilitazione, senza andare da altre parti, ricevendo solamente le mie visite, quelle di James e Nox, assieme a quelle dottori, inventori, meccanici ed infermiere. Opal aveva insistito a fermare la propria terapia per stare sempre accanto al fratello dicendo che era la sua terapia migliore. Zach aveva perso un po'della sua vecchia allegria e non si era dimostrato particolarmente entusiasta del piano. Sperai vivamente che si sarebbe ripreso con l'automa nuovo. Abituandosi col tempo. Nox si trovava sempre nella Serra che quasi si trasferì lì. Quell'angolo di paradiso e le stanze dei gemelli erano gli unici luoghi che frequentava e ogni tanto spariva in luoghi sconosciuti. Non si faceva mai vedere in giro e non lo incontravo spesso. Sembrava un ombra che si muoveva silenziosamente per i corridoi della Base. Desiderava partecipare anche lui, contribuire a questa grande mossa azzardata. Comunque io non avevo il tempo materiale da passare con loro e accertarmi della loro sicurezza e benessere. Mi rinchiudevo sempre in laboratori con Dott. Spencer e Max ad ascoltare piani su piani e Mr. Steel aveva ricevuto il mio programma da seguire del nonno. Avevo gli occhi delle sue guardie addosso, quindi non potevo sottrarmi ai miei allenamenti e studi intensivi. James si era allontanato, dicendo che mi voleva lasciare lo spazio che meritavo ma mi sentivo abbandonata da lui, anche perché non era particolarmente motivato durante le nostre lezioni nel dominio del fuoco. Ero ancora profondamente instabile con quell'elemento e sembrava non ci fossero speranze nel miglioramento se non continuare ad alimentare le fiamme con il dolore. A lezioni concluse, James andava a trovare i suoi amici, stava con loro assicurandosi che stessero bene e che avessero tutto ciò che serviva. Nonostante fossimo sotto lo stesso tetto ci vedevamo così poco che sentii molto la sua mancanza.
«Sophie? Stai ascoltando?» mi richiamò Max. «Sì! Cosa?» esclamai colta in fragrante. Cosa stava dicendo? Di che stiamo parlando? Mi sentii come nei miei vecchi giorni a scuola quando mi distraevo dalle lezioni e venivo ripresa dai professori. «È tardi, forse è meglio che tu vada a dormire. Ne riparliamo domani»
mi disse gentilmente Max. «Lo so, ma oggi sono stata trattenuta tutto il tempo negli allenamenti e...» provai «Tranquilla. La copertura è importante. Vai» mi rassicurò Max. Gli sorrisi e gli augurai la buonanotte. Arrivai nella mia stanza e mi tuffai nel letto. Mi girai e rigirai senza riuscire a dormire temendo qualche incubo. Ero troppo sotto stress. Quel giorno non avevo nemmeno visto James... Jo mi aveva detto che aveva passato tutto il tempo nella riabilitazione di Zach. Mi alzai dal letto e indossai una vestaglia sopra la maglietta larga che usavo da pigiama e uscii nei corridoi. Controllai che non ci fossero guardie e mi diressi verso la stanza di James. Nei corridoi continuai a guardarmi circospetta intorno, sperando di non essere beccata. Prima di svoltare verso il corridoio della stanza di James mi voltai per controllare un' ultima volta, per zittire il senso di inquietudine che mi faceva credere che ci fosse qualcosa dietro di me. Arretrai ma la mia schiena andò imprevedibilmente contro qualcosa di solido e caldo. Mi voltai di scatto, pronta ad attaccare e trovai James nella mia stessa posizione di allerta. Ci rilassammo entrambi. «Sei uscita a cercare me?» mi sussurrò divertito «Tu sei uscito a cercare me» affermai avanzando verso di lui. «Non passiamo un po' di tempo da soli da un po'» dissi premendo il mio corpo contro il suo. Le sue braccia mi avvolsero senza esitazione «Vero, chissà come hai fatto a resistere» scherzò lui «Chissà come hai fatto tu a resistere» gli sussurrai sulle labbra «Io non resisto» mormorò prima di appropriarsi della mia bocca. Avvolsi le mie gambe attorno alla sua vita e le braccia attorno al suo collo, facendogli sostenere tutto il mio peso. In breve tempo i nostri respiri si fecero entrambi affannosi ma in un modo ritmico. Il nostro nucleo di passione venne interrotto dai passi di una guardia. Ma invece di allarmarci, ci spostammo semplicemente verso l'ombra del fascio di luce in lontananza «Camera tua o mia?» mi sussurrò mordicchiandomi il lobo dell'orecchio. Ormai troppo presa dalle sensazioni e dal calore mormorai un "tua" confuso, mentre lui mi portava in braccio in direzione sconosciuta. Eludemmo la guardia tra baci e carezze e finalmente sentii la porta della sua stanza contro la schiena. James faticò a aprirla, ma quando ci riuscì fece appena in tempo a chiuderla con un calcio. Non ebbi nemmeno il tempo di vedere la sua stanza che mi ritrovai sul letto con il suo corpo sopra il mio. Successe molto più velocemente della prima volta, ma non fu meno intenso e bello. Non c'era più la timidezza della prima volta, la lentezza, la delicatezza, ma solamente pura sensualità e passione. Non sentii nemmeno dolore, presa com'ero.
Mi accoccolai tra le sue braccia e lo strinsi a me, con il terrore che se ne andasse di nuovo come l'ultima volta. Lo volevo con me, lo volevo così disperatamente e avevo così paura che mi lasciasse, che se fosse stato necessario, gli avrei messo le manette ai polsi. Mi strinsi ancora a lui appoggiando la mia guancia sul suo petto nudo e sentendo distintamente il suo cuore battere forte e velocemente. La sua mano mi accarezzava delicatamente i capelli scompigliati mentre l'altra correva su e giù per la schiena. «Non mi lasciare» sussurrai ispirando il suo dolce profumo indefinito. «Non lo farò» replicò lui. Alzai lo sguardo per cercare il suo «Dico sul serio. Non promettermelo a vuoto. Non mi lasciare più, non me ne frega dove devi andare e quanto pericoloso possa essere, tu mi porterai con te. Non mi lasciare mai più indietro.» gli dissi seria. «Fi...» tentò di farmi ragionare «James» dissi duramente «Lo capisci che soffro di più senza di te che davanti al nemico con te?» gli dissi «Non mi perdonerei mai se ti succedesse qualcosa...» «Perché?! Pensi che io mi riuscirei a perdonare se ti accadesse qualcosa di nuovo? Non sei meno importante di me Jay» esclamai spostandomi sopra di lui. «Ti ho già detto che il mio posto più sicuro è stare accanto a te, no?» mi sporsi in avanti e gli sfiorai delicatamente le labbra con e mie. «Ti amo così tanto che sono disposto pure a farmi odiare da te.» disse stringendomi «Se mi ami veramente dovresti volere la mia felicità e non solo la mia sicurezza» replicai seria. «Non dubitarne mai» disse fissandomi intensamente. «Cosa?» «Non dubitare di quello che provo per te» disse più precisamente «Ma io...» protestai. Ma lui mi zittì capovolgendo le posizioni facendomi finire sotto di lui e riprendendo a baciarmi con vigore. Alla fine non ero riuscita a strappargli quella promessa. Lui si sarebbe comunque sentito il diritto di lasciarmi per il mio bene. E io avrei convissuto con la paura di vederlo andarsene.

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