11. Sof: San Francisco

26.5K 1.4K 445
                                    

Mi ritrovai nella stanza dei miei genitori, ad avanzar verso il buco sul pavimento, quando la voce di James catturò la mia attenzione, cacciando per un breve istante la paura che mi aveva serrato il petto. Ma l'attimo di gioia sparì immediatamente, quando mi ritrovai ad infilzare il ragazzo che amavo con una lama di ghiaccio freddo come il mio cuore. In seguito urlai.

«Sophie, per favore, svegliati!» spalancai gli occhi ritrovandomi a pochi centimetri di distanza due nocciole incorniciate da un paio di occhiali con montatura grigia sottile. Spinsi via il ragazzo da me e mi asciugai la fronte con il dorso della mano. Ancora quell'incubo. Ormai sentivo nostalgia dei flashback del mio passato, dal giorno in cui persi tutto non la smettevo più di fare sogni orribili e questo era il più frequente. Sicuramente non avrei mai il coraggio ti tornare alla mia vecchia casa, verrei sommersa da troppi ricordi dolorosi riguardanti mia madre, e la nostalgia della mia vecchia e normale vita mi avrebbe ucciso. «Siamo arrivati?» chiesi come se niente fosse. «non ancora... Hai rifiutato il jet. Ci metteremo di più» disse Philip scioccato tornando a sedersi accanto a me. «mi hai spaventato. Non riuscivo a svegliarti» ammise guardandomi attraverso il ciuffo riccio che gli copriva mezzo occhio. «Capita. Fatti gli affari tuoi e andrà tutto bene» dissi sentendo finalmente il cuore calmarsi.
«Voglio andare all'ospedale, Smith» dissi ad un tratto facendogli sgranare gli occhi. Povero ragazzo, probabilmente mi odia a morte. «a far che?» chiese lui «per andare all' obitorio e rubare un cadavere» dissi con stizza «per cosa secondo te, idiota? C'è mio padre in coma!» dissi sempre più irritata. Lui alzò le mani in segno di resa. «devo consultarmi con Mr. Barker» «pensavo che avessi detto che avrei comandato io» «vero, ma gli devo riferire ogni tuo passo» mi irrigidii «tranquilla, non gli ho detto del tu-sai-cosa. Te l'ho promesso» sussurrò per non farsi sentire dall'autista facendomi l'occhiolino.

Arrivati ad un punto di ristoro, attesi pazientemente in un bar, prendendomi un caffè-latte, zuccherandolo con quattro bustine, e girando distrattamente col cucchiaio mentre aspettavo che Philip tornasse dalla telefonata. Mio padre... Che razza di figlia ingrata che sono stata, abbandonarlo lì per mesi, in coma, da solo senza andarlo a trovare... Il fatto che nonno Paul e Scarlett si siano trasferiti in Australia mi aveva resa decisamente più tranquilla, non avrebbero attirato la sua attenzione, ma così facendo avevano lasciato mio padre completamente solo, anche se sapevo che zia Hannah spediva il denaro necessario per le cure all'ospedale. Nonno Chris invece si era solamente limitato di fornire delle guardie per proteggerlo dai Ribelli, affermando che lo faceva per me. Tzè.
Un Philip decisamente sconsolato arrivò accanto a me. «vedi Sophie... A San Francisco dobbiamo mantenere un profilo ancora più basso che nelle altre città... Sai teoricamente sei ancora una dispersa... E per la maggior parte dei Popolani sei morta... E l'ospedale è un luogo troppo pieno...» «zitto Philip. Non me ne frega se il nonno non è d'accordo. Sono io che comando ricordi? Pensaci tu al farmi vedere da meno gente possibile, io mio padre lo voglio vedere. Ti è bastato informarlo» dissi bevendo un sorso di latte caldo. Bleah, troppo dolce.
Mollai qualche banconota sul bancone, e mi diressi verso l'uscita senza aspettare che il barista mi desse il resto. Uno dei vantaggi nell'essere nipote di un uomo tanto potente è avere a disposizione tanto denaro... Che però non puoi usare perché troppo impegnata in allenamenti e programmi. Un tempo ero decisamente meno espansiva, tutto il mio denaro era severamente controllato da me, senza che spendessi un centesimo di troppo. Raggiunsi l'auto e salii in silenzio guardando fuori dal finestrino, attendendo che l'auto ripartisse e mi portasse dall'unica persona che non mi aveva mai mentito, ma a cui io avevo nascosto un intero mondo.

Ero arrivata a San Francisco e subito sulle mie labbra si formò un sorriso nostalgico. Giunta davanti all'ospedale mandai Philip a chiedere la stanza di mio padre e in quel momento notai sulla bacheca il mio volto e quello di mia madre. Distolsi immediatamente lo sguardo e strinsi i pugni, strattonando il tessuto della mia maglietta. Philip tornò da me, guardandosi intorno preoccupato. Poi mi circondò le spalle con un braccio «non protestare, copriamo il tuo volto col mio corpo» disse lui serioso. Così non mi opposi. Era stranamente rassicurante stare tra le sue braccia. Forse ero rimasta troppo tempo senza dimostrazioni di affetto. Raggiungemmo una porta bianca e mi bloccai davanti ad essa, paralizzata. «non entri?» chiese il ragazzo dolcemente. Mi voltai verso di lui «tu lo sai quanto mi manca?» lui sostenne il mio sguardo per un po' «No. Non lo so. Io non riuscirò mai a capire i tuoi sentimenti, quello che provi. Ho vissuto una vita troppo diversa dalla tua» disse serio. Ma guardando il suo sguardo freddo e sicuro mi fece pensare che c'era molto di più dietro quelle parole. Sicuramente anche lui aveva sofferto di qualcosa, qualcosa che non mi era concesso di sapere «Philip...» iniziai «ti ringrazio» lui sgranò gli occhi stupito, poi mi fece un sorriso incoraggiante. Presi un profondo respiro e abbassai la maniglia. Mio padre era disteso su un letto, con gli occhi chiusi, con vari tubi che entravano nel suo corpo, accanto al letto una macchinetta che segnava i suoi battiti cardiaci. Mi sedetti sulla sedia accanto e strinsi la sua gelida mano tra le mie, rimanendo ad osservarlo per lunghi minuti.
«Papà...» sussurrai, come se cercassi di svegliarlo delicatamente «mi dispiace» immediatamente i miei occhi si inumidirono, facendomi sbattere le ciglia freneticamente nel tentativo di trattenere, ma fallii miserabilmente, così rinunciai, lasciando che il loro sapore salato mi arrivassero agli angoli della bocca «mi dispiace così tanto papà» singhiozzai «sono una persona orribile...» nascosi il mio viso tra le braccia poggiate accanto al suo corpo, inumidendo le candide lenzuola con le mie lacrime. Mi lasciai andare ad un pianto singhiozzante e patetico per nulla simile a quelli soffocati a cui mi ero lasciata andare nei momenti nostalgici. Improvvisamente sentii la mano di mio padre stringere impercettibilmente la presa facendomi alzare la testa di colpo. «Papà?» sussurrai asciugandomi le lacrime e fissandolo intensamente. Ma non dette più altri segni di vita. Sospirai «non so se desiderare che tu ti svegli subito per abbracciarmi o rimanere nel tuo pacifico sonno, lontano dalle sofferenze del presente, in un mondo senza mamma...» a questo punto mi alzai dalla sedia e mi diressi verso l'uscita, lanciando un ultimo sguardo verso il letto «non so se tornerò presto. Ma tornerò, dopo che sarà passato il pericolo per tutti quelli che amo, ovvero dopo aver eliminato Blackwood» mormorai.
Uscendo dall'ospedale riconobbi alcuni Imperium che si intrattenevano con i Popolani, utilizzando una strana penna luminosa su di loro... Sgranai gli occhi «pensavo che il Flash fosse unico» dissi bloccandomi. Philip si arrestò assieme a me e seguì il mio sguardo «Il Flash è unico nel suo genere. Quelli sono Miniflash» disse come se fosse la spiegazione più ovvia. Mi fissò sbalordito «come! Non sai cosa sono?» «evidentemente no» dissi acida. Lui soffocò una risata «Il Flash è stato creato da un genio della B.L.C. che si chiamava Meng Xu, con l'unico scopo di salvaguardare i Popolani dalle attività dell'organizzazione. Come hai visto il Flash è molto potente e ha anche la capacità di essere impostato su un lungo raggio d'azione, riesce a escludere persone, crea falsi ricordi ed è capace di eliminare gran parte della memoria. Però il signor Xu abbandonò Mr. Barker per seguire la Blackwood prima di poterne creare degli altri. Quindi il Flash che conosci tu, è unico e insostituibile. Col tempo abbiamo iniziato a usarlo su... Sai, quei ragazzini che poi vengono portati al Centro. I figli di Ribelli, di nemici, figli di traditori, simpatizzanti, coloro che hanno abbandonato la B.L.C.... Per dare loro una vita senza il dolore della perdita...» «Perché?» lo interruppi «perché strappare a loro i figli ed eliminare la famiglia? Se proprio volevano i figli perché non usare il Flash anche su di loro?» chiesi con dolore «allora non mi ascolti quando parlo?» chiese Philip con stizza anche se, quando alzai gli occhi su di lui mi fissava con compassione «Sono figli di Nemici. "Tu sei contro di noi, renderemo tuo figlio uno di noi" è questa la logica. Cancellare loro la memoria sarebbe stato misericordioso, bisognava sottolineare il fatto che chi è contro di noi fa questa fine... Comprendi?» «Sì, comprendo» dissi con tono assente. «Comunque i Miniflash sono imitazioni di altri scienziati del Flash. Non sono mai riusciti a riprodurre la perfezione dell'originale, ma almeno sono riusciti a fare questi cosi, molto utili per i Popolani, come giustamente serviva al principio il Flash. Questi, a differenza di quello vero, cancellano solo la memoria più recente, massimo dieci minuti. Inoltre devi porti di fronte al Popolano per cancellargli la memoria. La "vittima" avrà semplicemente un vuoto di memoria, dato che non esiste l'opzione "crea ricordi felici". Pensavi veramente che un unico Flash riuscisse ad intervenire su tutti i numerosi Popolani che entravano in contatto per sbaglio con questo mondo segreto? Come ben sai era custodito molto gelosamente alla Base1, finché quel...» «Zitto. Ho capito» lo interruppi, sapendo quale nome stava per pronunciare. «Portami alla Base5»

Elements: Perdita (in revisione) Where stories live. Discover now