6. Jase: l'unica amica

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«Susan mi ha detto di aggiornarti sui suoi progressi» disse Courtney «Molti dei nostri sono stati scoperti ma altri sono ben nascosti. Siamo molto vicini a Lei, la tua dolce Sophie. Conosciamo ogni suo movimento. Lo sai che sta affrontando tutti i migliori delle Basi per allenamento? È tornata ad essere la pedina preferita del vecchio Barker» rise «quanta pateticità» «Zitta» l'ammonii. Courtney mise il broncio e lasciò la cella furibonda. Sophie era nei guai, avrei dovuto farmi dire da Courtney chi era il traditore che la osservava da così vicino. L'idea non mi piaceva per niente e nemmeno questa storia dell'allenamento forzato. Sembra che sia caduta nuovamente nelle trappole del nonno, come un tempo.

«Non so se ti ricordi ma ci siamo già visti» le dissi accomodandomi in camera sua senza che mi desse il permesso. Era una stanza enorme, pulita e dall'aria accogliente. Ma fredda. C'era una grande libreria postato sopra il letto piena di libri di ogni genere «ti piace leggere?» chiesi prima che rispondesse alla mia prima domanda. «Devo pur passare il mio tempo da sola, no?» rispose «A te piace?» mi chiese sedendosi sul letto a gambe incrociate «mia madre mi ha attaccato questa passione» risposi alzando le spalle. «Comunque mi ricordo. Sei quello che ha superato il Flash» disse. Sorrisi, felice di esserle rimasto impresso «Perché mi hai aiutato?» chiesi «I miracoli non accadono due volte. I ricordi sono qualcosa di prezioso che vale la pena tenere, se tu li avessi persi non li avresti mai più recuperati. Hai avuto la possibilità di non perderli, volevo aiutarti» disse semplicemente. «cerca di non farti scoprire, okay? Altrimenti ti forzano di nuovo al Flash» «il Flash è quella penna d'oro che ha cancellato la memoria a mia sorella? Lei non li recupererà più?» lei annuì «basta che lo distuggiamo, no?» lei scosse la testa «sorvolando il fatto che è l'oggetto più protetto sulla faccia della Terra, il Flash è molto utile per salvaguardare il benessere dei Popolani e... Altro» rispose «Scommetto che io riuscirei a rubarlo» commentai ad alta voce «Quale presunzione!» rise. «Ora tocca a me fare le domande. Che ci fai qui?» chiese «mi incuriosivi. Volevo conoscerti» dissi sincero «allora? Ora sei soddisfatto? Sai chi sono» disse «Perché non studi con noi?» chiesi «Perché mio nonno non me lo permette» rispose triste. Poi alzò in piedi all'improvviso, agitata. «Accidenti! Devo andare ai suoi allenamenti!» esclamò colpendosi la fronte «Ci vediamo Sharp» e si fiondó fuori dalla porta lasciandomi seduto sul bordo del suo letto a fissare la porta imbambolato.

Il giorno seguente all'incontro ero pronto ad affrontare l'Operazione e diventare un Imperium. Non mi ero mai preoccupato di questa cosa, a differenza degli altri, soprattutto mia sorella che era più che nervosa «La senti l'ansia Jase?» «No» «il mio cuore sta per esplodere! Non riesco a stare ferma!» «sembra che tu abbia difficoltà anche a stare zitta» commentai «Ah ah molto divertente fratellone» feci spallucce e tornai a leggere il libro che avevo in mano, piccolo regalo che mi sono fatto dalla visita alla nipote del capo. «E se qualcosa andasse storto? E se non fossi una Imperium dell'aria e tutti i miei allenamenti fossero stati inutili? E se...» sbuffai esageratamente e fermai mia sorella nel suo intento di creare un cratere sul pavimento della Sala Grande «Andrà tutto bene okay? Non cambierà nulla, diventerai solo più speciale di quanto non lo sia già» le dissi con un sorriso rassicurante poggiandole le mani sulle spalle. Lei mi sorrise timidamente e mi abbracciò con affetto «ti voglio bene fratellone» sussurrò mentre le accarezzavo i capelli «anche io mi voglio bene, Joy, ma ora staccati perché abbracciarsi è da femminucce» scherzai. Lei si staccò e mi fece la linguaccia «ritiro quello che ho detto» disse per poi sorridere «James Andrew Sharp?» chiamò un infermiera. Corsi verso la donna in camice bianco e mi preparai mentalmente al mio dono. «Attendi qui perfavore» disse quella donna dal volto severo, indicando una panchina fuori dall'ambulatorio. Lei entrò nella sala da cui si riuscivano a vedere i chirurghi  vestiti di verde dalla vetrata. Forse un po'di nervosismo ce l'avevo. «Guarda un po' chi si rivede» canticchiò una voce infantile. Mi voltai e mi ritrovai a pochi centimentri di distanza il volto della bambina. Scattai indietro per lo spavento e quasi caddi dalla panchina. Lei rise di gusto «Non è stato divertente, Hunter» le dissi offeso anche se presto mi unii anche io perché la sua risata era molto contagiosa. «Ti senti meglio ora?» mi chiese sedendosi accanto a me, lasciando dondolare le gambette sottili ricoperte di lividi «come?» chiesi stupito «eri parecchio teso. Come gli altri due prima di te, anche se vedo che ti sai contenere molto meglio» mi disse sorridente «Grazie» risposi sincero «che Imperium dovresti diventare?» non le risposi perché sapevo che gli Ignis non piacevano a prescindere, erano tutti convinti che presto o tardi avrebbero combinato qualche disastro. Discriminati e considerati malvagi ancor prima di diventarli, è così che ci trattavano. E non volevo ricevere lo stesso trattamento da lei, anche se presto o tardi l'avrebbe scoperto. «Fammi indovinare. Un Imperium del fuoco?» chiese sempre con lo stesso tono furbo e curioso. La guardai stupito «Come fai a saperlo? Hai controllato i miei dati?» lei rise con quel suono cristallino «no, no. Non sono una stalker. È dal modo in cui te ne stavi in silenzio. Non è una colpa essere Imperium del fuoco, James.» disse «non mi sento in colpa. Farò vedere a tutti di che pasta sono fatto» dissi deciso «Allora perché non me lo volevi dire? Mi credi come tutti gli altri? Che giudicano ancor prima di conoscere?» chiese curiosa «non ti spaventa il fuoco?» chiesi ripensando alla volta che l'avevo sorpresa con la gamba bruciata. «No.» nei suoi occhi c'era uno sguardo determinato che non si dovrebbe trovare negli occhi di una bambina di otto anni. «Allora ti chiedo scusa per averti sottovalutata» dissi. «per questa volta ti perdono.» replicò sorridente «stanno arrivando i Medici. Io non dovrei essere qua, ci vediamo la prossima volta» mi salutò agitando la manina, poi corse via saltellando, incurante delle ferite. Pensavo che dopo averla conosciuta, mi sarebbe passata la voglia di parlarle, di avere qualcosa a che fare con lei, perché la mia curiosità era stata soddisfatta, ma per qualche misterioso motivo non vedevo l'ora di rivederla. Non mi accorsi nemmeno che era arrivata l'ora dell'Oparazione.

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