Ancora non ci potevo credere. Era troppo surreale: un sogno ad occhi aperti.
Eppure, la valigia che mi trascinavo dietro era fin troppo pesante e rumorosa per essere semplicemente parte di un sogno; il rumore dei clacson troppo assordante e il sole troppo accecante. Anche troppo accecante per essere ad inizio novembre.
Seoul. La capitale della mia madre patria.
Non pensavo che vi avrei mai fatto ritorno, in Corea. I miei genitori si erano trasferiti in Australia quando io avevo poco più di quattro anni e i miei ricordi antecedenti erano pochi e particolarmente confusi. Certamente, nel corso della mia breve vita, mi ero recata un paio di volte in Corea per andare a trovare i miei nonni, che, però, abitavano a Ulsan, a 325 chilometri di distanza dalla capitale.
Era la prima volta che andavo in Corea senza la mia famiglia, anche se il vero motivo della mia incredulità era legato al fatto che questa volta non si trattava di un viaggio turistico o di una breve visita a qualche parente.
Seul, per i seguenti 12 mesi, sarebbe stata la mia casa.