Capitolo 4 || "Affettuose parentele"
Hagrid era appena andato via.
«Siri...?» mormorò Harry cercandolo con le mani; erano tentativi tenui visto che stava provando a non attirare l'attenzione di nessuno.
Non attirò sguardi, nemmeno del suddetto che stava chiamando.
Sirius era immobile sul posto, lontano dal mondo, fissando la folla proprio in quel punto.
Vedeva con la coda dell'occhio il suo figlioccio agitare delicatamente le mani, ma non si girò. Sembrava non sentir rumori né sussurri, né urla, né null'altro.
Finalmente, finalmente, Harry riuscì a beccarlo, toccandogli quello che sembrava un gomito.
"Eccoti!".
L'adulto sobbalzò, mano alla bacchetta, abbassò lo sguardo, puntando l'oggetto, pronto a colpire.
Poi vide il ragazzo, che fissava un punto più in alto della sua testa, lo sguardo truce e vittorioso.
«Ei tesoro, più giù con quegli occhi».
«Tesoro te lo sbatto in pancia, Sirius Orion Black».
Il suddetto rise silenziosamente, poggiando una mano sulla schiena del ragazzo, invitandolo ad avanzare.
Harry, l'espressione truce dimenticata, e Sirius, sempre disilluso, ora silenzioso e vigile, si avviarono verso l'emporio "Madame Malkin"; lì dovevano comprare tre uniformi in tinta unita nere, i mantelli, il cappello e i guanti in pelle di drago. "E anche più, conoscendolo" pensò il ragazzo.
Appena entrati, il campanello pendente, pieno di sonagli argentei, che fecero un suono dolce e lungo, dopo il quale una strega tarchiata, vestita di tutto punto, una tunica rosa perlaceo, stretta in vita da una cintola nera sfavillante.
«Hogwarts, caro?» domandò la donna con un sorriso gentile. Adocchiò la civetta, ed il suo sguardo caldo perse dolcezza.
"La solita non amante degli animali" ricordò Sirius, trattenendo un risolino.
All'inizio del loro quarto anno, lui, Remus, Marlene e Lily erano andati sempre da lei, come la maggior parte degli studenti di Hogwarts, a costringere il licantropo a prendere una nuova uniforme, visto che la sua era oramai troppo stretta sulle spalle ed i fianchi.
«Avanti, Rem» aveva detto Lilian dalla voce incantatrice «ne prenderò una nuova anche io, mi sta stretta! La comprerai, fosse l'ultima cosa che faccio!».
Parlava con il solito tono autoritario, quello che avrebbe tramandato al figlio e che non ammetteva repliche.
Remus, pallido e con le occhiaie scure sul punto di scomparire, aveva annuito senza entusiasmo.
Marlene lo aveva spinto, giocosa, dentro il negozio raggiungendo appena le sue spalle alte, magre e larghe con le mani abbronzate.
Il Sirius quindicenne aveva riso, stringendo al petto la gatta siamese di Lily, che aveva sviluppato un forte affetto per lui, a quanto sembrava.
La padrona, per carattere, si era offesa a morte quando la sua gattina, a metà del terzo anno e di nemmeno quattro mesi, aveva cominciato a far più fusa a Sirius, Remus e James che a lei o le sue amiche.
«Su su, Moony! Avanti, non puoi usare le mie, o quelle di Jaime, quelle di Pete escluse a priori... quindi prendine due o tre nuove!».
Centro.
«No!» aveva sbottato Remus, arrossendo delicatamente sul viso, dandogli un'aria angelicamente innocente «Piuttosto ne prendo una!».
«L'HAI DETTO! ORA SEI COSTRETTO!» gridò Sirius, indicandolo drammatico.
Aveva fatto cadere Caroline, la gatta siamese, di qualche centimetro, prima di riafferrarla al volo.
Remus l'aveva fulminato con lo sguardo, gli occhioni ambrati astiosi, vinto.
Lily gli aveva sorriso, i capelli rossi fissi in una treccia formante uno chignon che svettava sulla cima della testa. Marlene aveva spinto con più entusiasmo l'amico davanti a Madame Malking, che gli sorrise incoraggiante, misurandogli le spalle, le braccia ed il busto.
Alla vista del gatto aveva storto il naso, ma non aveva detto nulla.
Diventò però, da quel momento, vittima delle calunnie della rossa, indignata.
«Sì, ho bisogno di-» Harry non ebbe il tempo di finire la frase che la strega lo aveva già trascinato su uno sgabello, facendogli posare - con poca delicatezza - la gabbia della sua civetta.
Essa stridette indignata e Sirius non poté che dirsi d'accordo.
"Se non fossi ricercato le affatturerei tutte le dita".
La civetta delle nevi guardò verso di lui, come se potesse vederlo, come a concordare il suo pensiero.
Sirius rabbrividì al pensiero. "Impossibile".
Accanto ad Harry, sull'altro sgabello, stava in piedi un ragazzino apparentemente della sua età con i capelli quasi bianchi, la pelle pallida, anche se non bianca come quella del corvino, e il viso appuntito.
"Oh santissimo Godric... porco Salazar, porco Salazar...".
Il mantello che portava era palesemente troppo lungo e gli ricadeva molle nel corpo come una coperta, coprendo lo sgabello sul quale era in piedi.
Uno affiancato all'altro, la differenza d'altezza era il fulcro fra i due.
Harry, di un orgoglioso 1,57, torreggiava sul ragazzino di un po'.
«Ciao, anche tu ad Hogwarts?» chiese alzando lo sguardo, leggermente stizzito per la loro marcata differenza.
«Sì» rispose Harry con semplicità. Quel tono non gli era piaciuto e il sorriso che gli aveva rivolto inizialmente si era congelato sulle sue labbra.
«Nel negozio qui a fianco, mio padre sta comprando i miei libri e mia madre sta guardando le bacchette» disse, la sua voce lenta e strascicata, marcando il tono alla menzione del padre.
"Oh no, un Lucius Malfoy junior".
«Tu hai una scopa da corsa?» continuò. Aveva una voce monotona, che stesse fingendo?
«Sì» rispose Harry, mantenendo il tono neutralmente cortese «questo Natale, per regalo». Aggiunse piano, per dare un'informazione innocua nel tentativo di far sembrare un vago interesse.
"Ora lo strangolo, sì sì, la cara, carissima Cissy sarà distrutta, povero fiore. E Bella, la cara cugina Bella, alla violenta morte del suo figlioccio potrebbe morire d'infarto ad Azkaban, pensando positivo".
«Che modello è?» il suddetto, sbirciando il viso di Harry. Valutò gli occhiali, costosi, sottili, occhiali tondi senza età, adatti a tutti. Di un semplice color argento-avorio, rimase per un attimo interdetto quando si rese conto che i materiali eran veri.
«Il mio è una-» aveva ricominciato, pronto a tessere le lodi del suo senza alcun dubbio costoso manico di scopa.
«Una Comet duecentosessenta» lo precedette Harry, senza sorprendersi quando il biondo boccheggiò confuso; probabilmente era sorpreso che quel ragazzino pallidissimo avesse il suo stesso privilegio.
"Oh oh, colpito ed affondato!".
Il ragazzo si guardò intorno.
«Dove sono i tuoi genitori?» chiese non vedendo altre persone. Un sorrisetto indecifrabile gli si dipinse in volto, come convinto che il suo vicino dovesse star per forza mentendo.
«Sono morti» rispose Harry secco, girando la testa di scatto, poi sentendo la sua civetta stridere piano per la caduta di un paio di spilli.
Più tempo passava, più quel ragazzino diventava antipatico. Il suo ghignetto era irritante e perfido, vivo nel volto appuntito, affilato in modo quasi grottesco per la sua giovane età.
«Oh, mi dispiace» rispose con un tono che esprimeva tutto il contrario. Al corvino venne l'istinto di gettarsi con le unghie sguainate, come un gatto furioso, sul suo ghigno strafottente. Sentiva lo sguardo di Sirius ardere sulla schiena. La civetta strideva ancora, più forte, per via di un rotolo di seta lilla caduto sul parquet, seguito a ruota da altri due color alga e color malva.
«Ma loro erano come noi?» chiese il biondo.
"Mossa sbagliata, piccolo bastardello viziato".
«Erano inglesi, se è quello che intendi» rispose Harry, deciso a guardare altrove.
«No, non hai capito. Sei per caso stupido? Intendo un mago e una strega!».
Alla sua risposta indignata entrambi dovettero trattenere le risate.
«Oh, è vero, sono davvero tonto! Erano una strega e un mago, sì». Quella risposta sembrò soddisfarlo abbastanza.
«Ottimo, ma ti ho ancora chiesto il tuo cognome» continuò.
Il ragazzo dai capelli corvini notò con stizza che, a tutti gli effetti, non gli aveva chiesto il nome. Non era stato il solo a notarlo, però.
"Ma è già vecchio dentro come il padre ed il nonno? Bah, non mi stupirei".
Harry, anche se controvoglia, stava per rispondere, proprio quando Madame Malkin lo raggiunse.
«Ecco a te, caro!» esclamò giovale, dandogli due pacchetti più pesanti di quello che sembravano.
Gli tese anche la lista che le aveva dato prima di esser trascinato sullo sgabello, notanto solo in quel momento che Sirius aveva aggiunto all'ordine quattro mantelli nuovi, due neri, gli altri grigio e bianco perla, tre cappotti, due in tinta unita, uno nero, uno bianco crema, l'ultimo con un motivo a scacchi raffinato, di velluto all'apparenza soffice e cinque paia di guanti, due grigi, uno porpora, lungo prima di metà gomito, uno nero, che terminava probabilmente pochi centimetri sotto il gomito e l'ultimo color bronzo.
«La ringrazio» disse Harry, utilizzando il tono più cordiale che potè, sentendosi leggermente in colpa per esser stato sul punto di risponderle freddamente. Afferrando le buste ed i soldi per pagare, si voltò verso l'altro ragazzo, che fissava con arbitrio le buste ed il proprietario.
«Arrivederci, ci rivedremo a scuola, suppongo» "Temo, Harry, temo che vi rivedrete. Povero figlioccio mio...".
«Beh, si, ci vediamo a scuola» ripeté il biondo, guardando apertamente la fronte di Harry. "Mi sembrava strano, che non se ne fosse accorto in pochi minuti" pensò il corvino, zampettando fuori dal negozio con le buste in una mano, zaino in spalla, monete sonanti, e gabbietta nell'altra.
«Ugh» sbottò in un vicolo vicino ad un locale pieno di vita, sentendo un buon profumo di paste e pane appena sfornati.
«Tu sai chi era quello?» bisbigliò Sirius all'orecchio di Harry, che scosse la testa.
«Mi sono fatto un'idea, spero di sbagliarmi» mormorò, chiudendo gli occhi.
«Quello è Draco Malfoy» diede voce ai suoi pensieri l'adulto, parlando più forte.
"Perfetto".
«Il figlio di tua cugina Narcissa?» chiese, giusto per confermare la conferma.
A ripensarci bene quel pensiero risultava un po' maniacale.
«Lui» affermò Sirius «Un perfetto Purosangue» sputò fuori con disprezzo, scuotendo la testa, facendo sbattere i suoi sciolti capelli neri sulle guance esangue.
«Ed è così brutto essere un Purosangue?».
«No, perché? Dipende dalle ideologie e dalla famiglia che ti inculca le idee, poi se le segui, peggio per te, se le calpesti per terra, meglio».
«Perché ne parli come se fosse un gravissimo, estremo, pesante insulto» affermò il ragazzo un po' confuso. L'atteggiamento di Draco non gli era piaciuto affatto, ma forse poteva essere stato solo un errore, forse non era lo spocchioso viziato che sembrava.
«Beh...».
«Oh, lasciamo stare» sospirò Harry, aprendo gli occhi «passando ad altro, perché hai aggiunto altre cose nuove alla lista?».
"Oh no, la sgridata dalla fusione di Moony e la Furia Rossa dopo l'incontro con l'incarnazione di Abraxas Malfoy no, non oggi né mai".
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Տℰℰ ℽ❆Ⴎ Տ❆❆ℕ
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