𝐋𝐀𝐌𝐄 𝐃𝐈 𝐒𝐀𝐍𝐆𝐔𝐄...

Von Chiarasaccuta_writer

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SECONDO CAPITOLO DELLA SAGA Dopo le terribili perdite avvenute nella società degli Shinigami, nuovi cambiamen... Mehr

1(Parte II/II)
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1(Parte I/II)

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Von Chiarasaccuta_writer

Kotori si svegliò di scatto, con le dita strette sulle lenzuola e il corpo intorpidito a causa dello spavento.

Aveva avuto un incubo, l'ennesimo dalla morte dei genitori, in grado di farle perdere contatto con la realtà. Solo il canto degli uccelli fuori dalle finestre riuscì a riportare la calma dentro la sua anima, inquieta e sanguinante.

La giovane si tirò fuori dal futon e si diresse verso il baule al lato della stanza per tirare fuori un Kimono nero, cosparso di fiori di ciliegio sulla gonna, che infilò da sola. Non avrebbe potuto chiedere a nessuno, dopo tutto. I domestici erano stati mandati via da suo fratello e, all'interno della Buke-zukuri, ormai, vivevano da soli. E ci sarebbero rimasti ancora per molto tempo se Kotori non avesse preso la decisione di trasferirsi a Nara insieme alla famiglia Tachibana.

Non avevano più nulla da fare a Heian Kyō, non avrebbero potuto sostenersi da soli in quelle condizioni. Della loro famiglia rimanevano soltanto i cocci. Cocci che in due mesi non erano riusciti a mettere insieme.

La giovane percorse il corridoio, pronta per preparare la colazione, senza aspettarsi minimamente di vedere le figure di Nobu e Ryo seduti vicino il tavolino basso, intenti a parlare distrattamente.

«Nobu, Ryo?» li chiamò, sorridendo speranzosa. «Cosa ci fate qui? Vi aspettavo per stasera.»

«Imouto-chan!» il suo fratellastro si sollevò dal cuscino e le rivolse un inchino di saluto. Sebbene ormai tutti e tre fossero in confidenza, per via delle molteplici missioni che avevano svolto insieme, all'interno di quella casa continuavano a mantenere un certo rigore. «C'è un cambio di programma.»

Ryo si alzò a sua volta e affiancò l'amico. «Già, andremo a Isao prima di recarci a Nara. Abbiamo saputo che a breve verrà incoronato il nuovo Imperatore, e tutti gli Shinigami sono tenuti a partecipare all'evento.»

«Il Sommo Sacerdote è morto?» domandò Kotori, incredula. Non si era minimamente interessata alle questioni di Isao, la Capitale degli Shinigami, dopo tutto ciò che era successo. «Oh... in tal caso, devo avvertire Ichiro.»

«Non ce ne è bisogno, sono qui.» si annunciò il giovane Samurai, entrando nella sala con due drappi di seta fra le mani, carichi dei loro averi. «E non mi importa dove andremo, mi basta partire subito.»

«Sì, ma prima sarà meglio chiudere bene la casa.» disse Nobu, dirigendosi nel cortile. Voleva serrare i recinti di quella dimora, evitare che qualcuno potesse mettere radici fra quelle mura colme di ricordi belli e brutti. Nessuno avrebbe dovuto soppiantarli.

Ryo fece per seguirlo, ma quando vide Kotori abbassarsi decise di restare insieme a lei nella sala da pranzo. Sebbene fosse passato molto tempo dal bacio che si erano scambiati, nessuno dei due era ancora riuscito a mettere in chiaro la situazione. Non riuscirono nemmeno in quel momento, a causa della presenza fredda e rancorosa di Ichiro, che lanciava a entrambi sguardi inquisitori in attesa del ritorno del fratellastro.

«Ci sta mettendo troppo.» sbuffò a un certo punto, voltando loro le spalle per camminare fuori dalla Buke-zukuri. Quando, però, si trovò fuori dalla porta, i suoi occhi castani notarono la figura dell'ultima donna che si sarebbe mai aspettato di vedere in vita sua: Kosaki.

Era ferma davanti il porticato della casa, un Kimono giallo le fasciava il suo corpo snello e i capelli castani si disperdevano al minimo soffio di vento. Il volto pareva essere smagrito e i suoi occhi caldi erano colmi di lacrime.

Nobu scuoteva la testa davanti a lei, diceva di non poterla aiutare, ma la ragazza non sembrava voler cedere.

Ichiro, preda della rabbia, si diresse verso di lei, pronto a fronteggiarla come non era riuscito a fare durante il mese della Cultura, nel momento in cui aveva scoperto di essere stato tradito dalla sua promessa sposa.

Quando i due furono l'uno davanti all'altro, Kosaki smise di parlare e fissò gli occhi in quelli dell'uomo che aveva perso. All'interno di quelle pozze d'inchiostro, però, trovò soltanto del rancore. Un rancore addolcito dall'amore che, ancora, Ichiro non aveva smesso di provare nei suoi confronti. Un sentimento debole, che si era lasciato compromettere dall'odio con cui si era trovato a fare i conti ogni notte.

«Cosa sei venuta a fare qui?» le chiese, senza badare alla presenza di Nobu.

«Io... Io...» cominciò a balbettare la ragazza, con la voce rotta a causa del pianto. «Io so di essere la causa dei miei mali, so di aver sbagliato con te ma, per favore, perdonami....»

«No.» rispose lui, senza scomporsi. «Sentiamo, perché hai deciso di tornare solo ora? Tua madre ha deciso di sbatterti fuori di casa, o quel tale che stuprato mia sorella non è più venuto a consolarti?»

Nobu sgranò gli occhi e si voltò velocemente verso Kosaki, capendo che quella di Ichiro doveva essere stata niente meno che una mossa studiata per far crollare la giovane nella disperazione. Infatti, così avvenne. La ragazza si lasciò cadere sopra il suolo erboso di Ohara, con il respiro affannato e il corpo percorso da brividi. «Cos'ha fatto Hiroto?»

Nobu si interpose fra i due prima che il fratellastro potesse parlare, aprì il cancello e cercò di incontrare i grandi occhi castani della ragazza, per riuscire a donarle un po' di incoraggiamento. Si ricordava di lei, del giorno in cui l'aveva vista versare in un mare di disperazione al Kiyomizu-dera, quando Kotori aveva smascherato la sua relazione illecita alle spalle di Ichiro. «Il tuo amante, due mesi fa, ha violentato Kotori. Lei lo ha ucciso subito dopo che...»

Quelle parole vennero interrotte da singhiozzi sommessi, che Kosaki aveva cominciato a sfogare insieme alle lacrime.

Ichiro, però, non provò alcuna pena per lei. «Vattene via. Non voglio vederti mai più.»

«Ichiro...» mormorò lei, inchinandosi fino a sfiorare l'erba con il naso. «So che ciò che ho fatto è davvero imperdonabile, ma se potessi perdonarmi per il dolore che ti ho causato... te ne sarei grata.»

«Non posso perdonarti.» sibilò lui, senza addolcire il tono. Kosaki non sapeva quanto lo avesse fatto soffrire, e non lo avrebbe mai capito. Non sapeva quante volte si era ritrovato a soffocare le lacrime, a ripromettersi che l'avrebbe odiata, senza mai riuscirci davvero.

«Io ci ho messo solo più tempo del previsto a capire che Hiroto voleva solo sedurmi, devi credermi.» ritentò lei, mordersi un labbro talmente forte da sentire gocce di sangue colare lungo il mento.

«Non mi importa.» rispose il samurai, freddamente.

«Ma io...» Kosaki decise che si sarebbe umiliata, e non le sarebbe importato. Stava davvero soffrendo, si sentiva in colpa per ciò che aveva fatto. Persino quel ragazzo sconosciuto ai suoi occhi, Nobu, pareva averlo compreso. «Io ti amo ancora.»

Al giovane venne quasi da ridere, ma invece di dare sfogo a quella chiara presa in giro serrò le labbra e le rivolse uno sguardo di puro ribrezzo. «Io no.»

«Ichiro.» si intromise Nobu, che aveva cominciato a provare una sorta di tenerezza nei confronti di quella ragazza mortificata. «Perdonala. Ha capito il suo errore, ora concedile ciò che si merita.»

«Peccato non si meriti niente.» rispose Ichiro, avanzando di un passo in direzione di Kosaki. «Prima ti amavo, ti amavo con tutto me stesso, ma ora è troppo tardi per tornare indietro. Mi hai tradito, calpestato, umiliato e preso in giro. Cosa ti aspetti che faccia ora? Che mi getti ai tuoi piedi e ti baci, magari?» era arrabbiato, ma non lo lasciava trasparire dal suo tono, il quale continuava a essere freddo e composto. Tanto gelido da provocare la totale rassegnazione da parte di Kosaki, che abbassò lo sguardo e diede finalmente voce ai suoi singhiozzi.

Fu in quel momento che Kotori e Ryo si unirono alla discussione, attirati dalle voci che avevano udito fin in sala da pranzo. Quando la Shinigami aveva fatto il suo ingresso fuori dalla porta, e aveva notato Kosaki piangere, aveva sentito qualcosa nel suo cuore sciogliersi. Forse quella gelosia che l'aveva sempre bloccata dall'aprirsi davvero con lei, dal conoscerla e riconoscerla per quello che era sempre stata: una vittima.

Una ragazza che era disposta a compiacere gli altri fino ai limiti dell'immaginabile, pur di ricevere un po' di affetto.

Kotori lasciò indietro Ryo e si mosse velocemente verso di lei, fermandosi davanti il suo corpo come a volerle fare da scudo. Le prese una mano e l'aiutò a sollevarsi, lanciando poi uno sguardo al fratello maggiore. «Perdonala.»

«Non voglio.» ripeté lui.

«Perdonala, dannazione.» gli rispose allora Nobu, spazientito. Non riusciva a capacitarsi del comportamento del fratellastro e, come lui, nemmeno Ryo.

Kosaki decise allora di non continuare, non ce ne era alcun bisogno. «Non voglio il suo perdono se siete voi a obbligarlo, ma... Kotori?» la chiamò, stringendole la mano. «Mi dispiace, per ciò che ti ha fatto Hiroto.»

Lei scosse la testa e le rivolse un sorriso forzato. Ciò che quell'uomo le aveva causato era rimasto appiccicato alla sua pelle, come un marchio di cui non sarebbe mai riuscita a liberarsi, ma non poteva dirglielo e rischiare di intristirla. Era il suo peso, e lo avrebbe portato da sola. «Non preoccuparti, è passato ormai.»

A quel punto, Ryo si intrufolò nella conversazione, guardando Kosaki gentilmente. «Forse è meglio che tu torni a casa, adesso.»

Lei singhiozzò, di nuovo. «Non ho più una casa... Otousama è morto durante l'ultima spedizione, Okaasama si è suicidata e mia sorella è scappata di casa, con la mia dote.»

Un silenzio tombale calò nella campagna, tanto pesante che persino Ichiro si ritrovò a provare tenerezza in quella ragazza.

«Allora, non possiamo lasciarti qui.» esordì Nobu, sorridendole come a volerla incoraggiare. «Perché non vieni con noi? Non penso che Otousama avrà qualcosa da dire a riguardo, vero Ryo?»

«Potrebbe semplicemente ucciderci, nulla di cui preoccuparsi». rise il ragazzo, senza far caso all'espressione cupa che il volto di Ichiro aveva assunto.

Kosaki li guardò con gratitudine, un'espressione rasserenata era tornata ad abbellire i tratti delicati del suo viso, che celò in un inchino profondo. «Non so davvero come ringraziarvi...»

«Kosaki! Non c'è tempo per i ringraziamenti, siamo già molto in ritardo!" la riprese Kotori, costringendola a sollevarsi per trascinarla dentro casa. «Vieni, devo metterti qualcosa di decente addosso! Devi presenziare con noi a un grande evento!»

«Ovvero?!» domandò lei, incuriosita.

«L'incoronazione di un Imperatore!»

***

«Penso di non aver capito bene, Kotori.» mormorò Kosaki. «Mi stai dicendo che tu... combatti contro gli Yokai?»

La ragazza annuì, osservandola mentre si sistemava l'obi arancione sull'addome. «Sì, anche se è difficile da immaginare. La mia famiglia lo fa da generazioni. Le persone come me, come Nobu e come Ryo, vengono chiamate Shinigami. Poniamo fine alla vita dell'entità malvagie, facendo ricorso ad alcuni strumenti che i Cieli ci hanno donato, come l'Acqua Purificata, l'Aranill e i Portali.»

«Portali? Credo di starmi confondendo.» Kosaki si posò una mano sulla fronte, uscendo in giardino e camminando verso i tre ragazzi, posti ad attenderle sotto un albero di susino. «Non so nemmeno perché stiamo andando ad assistere a un'incoronazione, quando l'Imperatore di Nihon è già stato...»

«Qui non si tratta dell'Imperatore di Nihon.» le spiegò Ryo, mentre Nobu si occupava di aprire il portale. Era sempre stato parecchio in gamba nel richiamo dei varchi. Innaturalmente portato, lo aveva definito Kyoden. «Ma di quello degli Shinigami. Non avere paura, ti spiegheremo tutto in un momento più tranquillo.»

«Perché ora dobbiamo sbrigarci!» esclamò Nobu, lasciando che un cerchio luminoso si aprisse al suolo. Era grande abbastanza da lasciar passare una persona alla volta ma, a differenza degli altri portali, nessun riflesso era posto all'interno. Pareva quasi un buco vuoto.

«Sei sicuro che sia qualcosa di affidabile?» domandò Ichiro, quasi scettico.

Il fratellastro era stranito, osservava il varco con incredulità. «A dire il vero no. Non capisco nemmeno perché non ci sia il monte Fuji sulla superficie, ma non abbiamo tempo di farci domande. Andiamo.»

Detto ciò, i giovani attraversarono il portale uno dopo l'altro, ignari del luogo in cui sarebbero andati a finire.

****

Nihon: Odierno Giappone

Heian Kyō: Odierna Kyoto 

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