- IN REVISIONE - Cuore selvag...

De AliciaJk19

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Helena Burren non sa nulla del mondo al di fuori del palazzo in cui è sempre vissuta. Così, quando, dopo la m... Mais

•Prologo•
1. Lo sconosciuto dal volto perfetto
2. Colta con le mani nel sacco
3. Arroganza e batticuore
4. Desideri contrastanti
5. Il calore delle sue mani
6. Indurire il cuore
7. Troppo vicino
•Novità•
8. Cuori turbati
9. Questo bacio audace
10. Tempesta interiore
11. Incontri insoliti
12. Il profumo di una donna
13. "Non farlo"
14. Astuzia giovanile
15. Attenzioni indesiderate
16. Gelosia
17. Cuore tormentato
AVVISO
18. Dottor Ellington
19. Ragione contro cuore
20. Cattivo presagio
||Dedica||
21. Per salvare una bambina
|| Dedica ||
22. Una ragione per vivere
23. Mia per sempre
|| Nuova cover ||
24. Parole dolorose
25. Pensieri fatali
26. Le parole che ho aspettato così a lungo
27. Verso l'addio più doloroso
28. Benefattore misterioso
• SONDAGGIO •
29. Specchio, custode di segreti
30. Marchiata
31. Il sapore dell'umiliazione
32. Questo amore che odio
*piccola gioia*
33. Verso la brughiera
34. Una voce tra le tenebre
35. Il bacio del peccato
37. L'amore che non ti aspetti
38. Cuori che parlano
39. Tuo figlio
40. Dire addio
41. L'unico posto sicuro
42. Ospite inatteso
43. Fuori controllo
44. Così è deciso
45. Una voce tra le fiamme

36. Gemelli

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De AliciaJk19

Fu un acuto dolore al fianco a svegliarlo definitivamente. Con una sorta di insolito struggimento ne fu deluso, perché da sveglio non poteva sapere se quello che aveva appena sentito fosse frutto delle allucinazioni o se corrispondesse alla realtà. Udì un urlo del vento - forse solo uno di una lunga serie - che gli raggelò il corpo, ricoprendolo di pelle d'oca. Nudo, si rese conto, era nudo. Completamente. Il locale in cui si trovava era vuoto, fatta eccezione per una finestrella dai vetri scheggiati e un focolare che ospitava un fuoco morente. Le braci spedivano un confortante calore, che permeava il piccolo abitacolo ed ebbero l'effetto di riscaldarlo mediamente. Il sibilo del vento, come un ruggito nelle orecchie, gli procurò brividi lungo la schiena, nonostante tutto.

Helena, ricordò. Aveva solo sognato che lei fosse lì, che le avesse parlato, che gli avesse rivelato di star aspettando un figlio? Un figlio suo. Rafe ricordava di aver appoggiato una mano sul suo ventre. Le aveva detto di amarla. Glielo aveva detto anche lei. Si era sentito felice, completo, pronto a rivivere. Ma ora, in nome del cielo, dov'era Helena? Era stata un'allucinazione? Qualcuno lo aveva trovato, dopotutto, qualcuno lo aveva trascinato in quella piccola dimora in mezzo al nulla e lo aveva curato, aveva acceso un fuoco, lo aveva spogliato. Se non era stata lei, allora chi? Helena. Il suo nome gli riecheggiava violentemente nelle orecchie, l'eco di un'illusione infranta troppo in fretta. Lei non c'era. Forse l'aveva solo sognata, come aveva fatto tante notti nei mesi trascorsi, come probabilmente avrebbe fatto fino alla fine dei suoi giorni. Maledizione.

Il dolore si acuì, facendolo contorcere su se stesso. Accanto al fianco era stata stesa una spessa coperta di lana. La prese, poi la adagiò sulle gambe per coprire la protuberanza che esse celavano. Mentre il cuore cercava di tornare al proprio, regolare battito, Rafe non poté fare a meno di pensare alle parole che aveva immaginato uscire dalla bocca di Helena. Un figlio suo... Un figlio loro. Sarebbe stata una vera e propria utopia, ma il suo cervello rifiutava di cancellare quel tenero sorriso dalle sue labbra. Avrebbe avuto gli occhi di Helena? Il colore dei suoi capelli? La sua tenacia?
Non lo avrebbe mai saputo, perché non sarebbe mai accaduto. Qualunque figlio Helena avesse dato alla luce, sarebbe stato frutto della sua unione con Bayard. La consapevolezza truce lo assalì, facendolo rinsavire. Doveva cercare di alzarsi. Andarsene di lì. Tornare a casa. Da Agatha, Kate.
Kate!

All'improvviso ricordò il motivo per cui si era recato in cerca di Helena. Era possibile che Tom fosse già arrivato e stesse dando la caccia alla donna che amava? Doveva trovarla e raccontarle tutto. Ma lo spiacevole episodio di cui era stato vittima gli aveva fatto intendere che intrufolarsi nella proprietà di lord Mellins non era così semplice.
Con un gemito incontrollabile, Rafe tentò di sollevarsi ma non vi riuscì. Il dolore lo costrinse a crollare indietro. Di sicuro aveva qualche costola rotta. Si accorse che, in corrispondenza dei lividi, erano state applicate delle bende intrise di una sostanza appiccicose. Qualcuno doveva avergliele messe mentre era privo di conoscenza. Quanto tempo era trascorso da quando era stato portato lì? Ore? Giorni? Avrebbe dovuto scoprire chi era l'artefice del suo salvataggio e ringraziarlo a dovere, e poi, cosa più importante, avrebbe dovuto trovare il modo di rapire Helena e portarla fuori dalla maledetta casa di suo marito. Se gli uomini che lo avevano aggredito erano al servizio di lord Mellins, erano capaci di qualunque cosa e lo stesso doveva essere per Bayard Mellins. Se così fosse stato, dunque, Helena doveva vivere in un inferno. Non riusciva a tollerare l'idea che stesse soffrendo, che fosse prigioniera di un matrimonio che mai aveva voluto. Lo aveva capito troppo tardi. Ma quando si fosse ripreso - giurò in quel momento- Rafe l'avrebbe portata via da lì. Non importava che non fosse nessuno, che non contasse nulla: poteva darle un futuro migliore di quello che Bayard le avrebbe concesso.

***

«Di quante settimane siete, Mrs. Mellins?» le chiese Anita con la sua usuale espressione algida.
«Dieci, ormai.»
Helena richiuse il libro che era stata costretta a fingere di leggere quel pomeriggio. Aveva lasciato Rafe la sera precedente e l'unica cosa che desiderasse era tornare da lui, cambiare i suoi impacchi e stargli accanto. Invece, da perfetta moglie e padrona, era obbligata a rimanere in casa, adempiendo alle sue quotidiane mansioni di contessa e fingendo di sopportare la compagnia di Anita Andrews. Quella donna si era rivelata ben più misteriosa di quanto fosse stata quando si erano conosciute, ma Helena aveva rinunciato a comprenderla perché, fondamentalmente, nulla di ciò che accadeva a Mellins' House la interessava. L'unico pensiero costante che occupasse la sua mente era la salute di Rafe. Mary gli aveva applicato degli impacchi di prezzemolo che, a suo dire, avrebbero alleviato il suo fastidio e velocizzato la guarigione. A quell'ora avrebbero dovuto essere sostituiti con delle nuove bende, ma lei non poteva muoversi di lì. Avrebbe dovuto mandare Mary, a suo rischio e pericolo. Se Bayard avesse scoperto la loro tresca, avrebbe dovuto prepararsi ad essere picchiata di nuovo. E non poteva permetterlo, non per il suo bambino. Per il figlio di Rafe. Era stata una sciocca a rivelarglielo, aveva pensato non appena glielo aveva detto, ma per fortuna Rafe era piombato subito nell'incoscienza e di sicuro aveva dimenticato tutto. Era la cosa migliore, occultare la verità, almeno fino a quando non si fosse ripreso totalmente e avesse potuto elaborare al meglio la notizia.

Anita appoggiò la sua tazza di tè sul ripiano di vetro e la scrutò con occhi cupi. «Ho come l'impressione che partorirete una bambina.»
«Se anche fosse, sarebbe un problema?»
«Non siate ingenua, Helena» ribatté la donna. «Conoscete perfettamente la situazione. Lord Mellins non tollererà la nascita di una femmina in questa casa come primo erede legittimo. È un maschio che vuole.»
Helena si lasciò sfuggire una smorfia cinica. «Non posso certo prevedere se sarà un maschio o una femmina, miss Andrews.»
Anita le mostrò una fila di denti perfettamente dritti e perlacei quando scoprì le labbra in un sorriso mellifluo. «No, certo che no. Ma potete prevedere la reazione di vostro marito, se e quando dovesse nascere una femmina. Soprattutto, dovete prevedere le conseguenze per la vostra ipotetica figlia.»

Lo sguardo di Anita Andrews era talmente sprezzante che Helena lasciò cadere il libro sul divanetto e si portò istintivamente le mani a proteggere il grembo.
«Lord Mellins non torcerà un solo capello a mia figlia» sibilò, caustica. Percepì la collera montarle dentro come un mare che affronti una tempesta. «Lord Mellins non le farà del male» ripeté in un sussurro, forse per convincere più se stessa che la sua interlocutrice. Anita giunse le mani in grembo, osservandola dall'alto del suo collo esile.

«Dopo questi mesi di matrimonio avete ancora dei dubbi su quello di cui vostro marito è capace?» Scoppiò a ridere. Rise di una risata amara, crudele. «Ah, cara Mrs. Mellins, siete davvero una sciocca!»
Helena si sporse lentamente verso di lei, sopra il ripiano in vetro che la separava dalla donna.
«Un tempo lo ero, sapete?» I suoi occhi non persero nemmeno per un istante il lume incandescente dovuto alla collera. «Ingenua, voglio dire. Ero spensierata, testarda, sciocca, sì. Una bambina, praticamente. Ma poi qualcosa è cambiato. Lui mi ha cambiata. Perciò, miss Andrews, credetemi: mio marito non torcerà un solo, misero capello a mia figlia.»

Afferrò la propria tazza, in cui il tè si era ormai freddato, e se la portò alle labbra senza mai interrompere il contatto visivo con la donna arcigna che le stava di fronte. «Perché io non glielo permetterò. Mi avete sentita, Anita Andrews?»
Bevve un piccolo sorso di tè e rimise la tazza al suo posto.
Anita attese qualche istante prima di rispondere. «Vi ho sentita, Mrs. Mellins.»
«Molto bene. Allora converrete con me che non si dovrà più tornare sulla questione.»

«Di quale questione state discutendo, cara moglie?»
Il capo biondo scuro di Bayard emerse dalla porta a vetro della biblioteca, e la sua figura avanzò solenne fino ai divanetti. Helena si stampò sulle labbra un sorriso di sufficienza.
«Stavamo parlando della nascita di nostro figlio.»
Sul volto di Bayard comparve un'espressione lieta. Ma prima che avesse il tempo di parlare, Helena si alzò e si diresse alla porta.
«Mi dispiace non potermi soffermare ancora e godere della vostra compagnia, ma la gravidanza mi rende più stanca di quanto mi aspettassi. Col vostro permesso, andrei nella mia stanza a riposare un po'.»

Bayard incrociò lo sguardo di Anita che, improvvisamente, era diventata muta come una statua. Il conte chinò appena il capo in un cenno di assenso e osservò sua moglie lasciare la biblioteca. «Esattamente, Anita, di quale questione riguardo la gravidanza stavate discutendo?» domandò alla governante, sedendosi nel divanetto poco prima occupato da Helena. Anita parve riscuotersi dal suo stato d'immobilità solo quando l'uomo prese posto davanti a lei. Con un insolito, teso tono di voce, rispose: «Le ho detto che molto probabilmente sarà una femmina e che deve aspettarsi che voi non avrete pietà della vostra ipotetica figlia. Come non ne avete avuta per i gemelli.»

Gli occhi di Bayard si strinsero, acquisendo una tonalità ancora più scura. Serrando la mascella, la fissò con severità.
«Non provarci, Anita» la mise in guardia, gelido. «Non provare a far uscire da quella tua bocca malvagia una sola parola sui gemelli, con mia moglie.»
«Non lo farei mai, milord.» Anita sembrava adesso molto più vulnerabile di quanto fosse mai apparsa. «È solo che sentirla parlare in quel modo mi ha ricordato le parole della serva. Anche lei disse che non vi avrebbe permesso di toccare i suoi figli e invece... »
«La serva non aveva alcun diritto, Anita» sibilò Bayard. «Ma Helena è mia moglie, una contessa. E se mi darà una femmina, la tratterò con lo stesso rispetto che riserverei ad un mio figlio maschio.»

Anita avrebbe voluto rispondere che non gli credeva, che la crudeltà del suo padrone non conosceva limiti, che avrebbe fatto con alla figlia di Helena ciò che aveva fatto ai figli di Mary. Ma si impose di rimanere in silenzio, in un doveroso, gelido silenzio, mentre si mordeva la lingua e chiedeva poi di congedarsi. «Con permesso, milord.»

Bayard la ignorò deliberatamente, preda di ricordi che non lo avevano mai segnato come stavano facendo in quel momento. La discussione con Anita Andrews aveva riportato a galla i gemiti disperati di Mary nel giorno in cui aveva dato alla luce i loro due gemelli, la sua malsana felicità di diventare padre - padre di due figli illeggittimi - e il conseguente ritorno della razionalità. Aveva fatto la cosa giusta, anche se poi se ne era pentito. Ma i mesi erano trascorsi e Mary, almeno credeva, aveva dimenticato le atrocità, le grida di quei bambini e le lacrime che aveva versato per settimane e settimane. Non aveva più avuto una conversazione con lei da quel giorno, anche se di occasioni ne avevano avute tante. L'aveva ferita e lo sapeva, ed era stata la prima persona per cui avesse provato un vero senso di colpa. Aveva distrutto la sua vita. Lei lo odiava, com'era giusto che fosse. Mary non era mai stata una semplice serva per lui. Con il tempo, però, aveva capito che era stato solo inebetito dal suo fascino; lei lo aveva ammaliato, corrotto, marchiato. Aveva creduto fosse una strega, una specie di creatura sovrannaturale che aveva tessuto il proprio incantesimo su di lui. Così, Bayard si era sentito in dovere di rimediare a una notte in cui era stato vittima dei suoi istinti carnali, una notte in cui il suo seme aveva germogliato nel ventre di Mary.

Non avrebbe commesso il medesimo errore con Helena. Avrebbe cercato di resistere, in nome del sentimento che provava verso di lei. E per questo avrebbe lasciato in vita sua figlia, se mai ne fosse nata una, anche se gli ci sarebbe voluto tutto il proprio autocontrollo. Quello sarebbe stato l'ultimo passo per conquistare definitivamente il suo cuore. Rafe Ellington, il più grande intralcio, era stato eliminato e adesso non gli restava altro che attendere la nascita di suo figlio e sperare che Helena, in qualche modo, ricambiasse il suo amore.

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